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La BPER dona 11 dermatoscopi all’Ausl. Melanoma, migliora sopravvivenza

di Redazione   
Tempo di lettura 10 min
Sab 16 Nov 2013 17:34 ~ ultimo agg. 16 Mag 22:47
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Se la sperimentazione andrà bene l’Azienda acquisirà altri strumenti simili. Nel 2012 in Provincia di Rimini si sono verificati 136 casi di melanoma, tutti asportati. Oggi la percentuale dei pazienti ancora in vita 5 anni dopo la diagnosi del melanoma è salita all’80 %.

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Il resoconto dell’incontro di oggi alla sede dell’Ordine dei Medici di Rimini:

Si profila una piccola-grande rivoluzione nell’approccio alle malattie della pelle, in particolare del melanoma. Con un ruolo molto importante assunto dal medico di famiglia che avrà sempre più competenze per svolgere una funzione di filtro tra i casi non a rischio e quelli che, invece, hanno davvero bisogno di una consulenza dermatologica. Per far questo, alla formazione per loro svolta, già dall’anno scorso, da parte dei colleghi della Dermatologia dell’Ospedale di Rimini, sotto l’attenta guida del direttore, dottor Stefano Catrani, si aggiunge ora una nuova opportunità. Infatti la Banca Popolare dell’Emilia Romagna ha donato 11 dermatoscopi all’A.USL, e l’Azienda li affiderà ad altrettanti medici di famiglia, tra quelli che hanno aderito, appunto, alla formazione, con facoltà di farli utilizzare anche a loro colleghi di medicina di gruppo. Se la sperimentazione andrà bene un ulteriore quantitativo di strumenti sarà acquisito dall’Azienda. Questa mattina, presso la sede dell’Ordine dei Medici di Rimini, si è svolta una ulteriore riunione di formazione dei medici di famiglia e, insieme a loro, ai vertici aziendali e a rappresentanti della Banca, ha avuto luogo anche una piccola cerimonia legata alla donazione (si allegano le relative fotografie). Vi hanno preso parte il vicedirettore di Area Romagnola della Banca Popolare dell’Emilia Romagna dottor Luca Domeniconi, il vicepresidente del Cda dell’Istituto di Credito ragionier Giosuè Boldrini, il Direttore Amministrativo dell’A.USL dottoressa Paola Lombardini, il dottor Catrani, la dottoressa Lorena Angelini (direttore del Dipartimento di Cure Primarie, che rappresenta l’anello di congiunzione tra le strutture ospedaliere e territoriali) e a fare gli onori di casa il Presidente dell’Ordine dottor Maurizio Grossi, che al termine ha donato ai rappresentanti della banca una scultura dell’artista di Montefiore Umberto Corsucci.

Nel merito: le campagne per la prevenzione e diagnosi precoce rappresentano, ad oggi, lo strumento più efficace nella lotta ai tumori cutanei, in particolare al più insidioso tra questi: il melanoma. La maggior parte delle risorse dermatologiche vengono attualmente impiegate per la diagnosi, il trattamento e il follow-up oncologico. In quest’ottica la figura del medico di famiglia rappresenta un fondamentale avamposto sanitario, con un ruolo strategico nella gestione del melanoma. L’Unità Operativa “Dermatologia” diretta dal Catrani ha dunque dato vita a un progetto formativo, negli anni 2012 e 2013, finalizzato alla sensibilizzazione di questa figura sanitaria nei confronti delle lesioni pigmentate della cute. Il progetto si è articolato in una prima fase di tipo informativo, con la produzione e diffusione di materiale educativo e l’organizzazione d’incontri per medici di famiglia e popolazione generale. Successivamente sono stati identificati alcuni medici con funzione di animatori della formazione, i quali, una volta completato il percorso formativo sulle tecniche per il riconoscimento delle lesioni melanocitarie, possono, a loro volta, organizzare analoghi interventi di formazione nei confronti dei sanitari del proprio gruppo di riferimento.

In questo modo sarà possibile razionalizzare l’uso delle risorse e ridurre ulteriormente i tempi d’attesa presso le strutture dermatologiche, grazie al ruolo centrale di filtro che il medico di famiglia svolgerà. E’ stato infatti segnalato, in articoli scientifici, il frequente riscontro presso gli ambulatori dermatologici di soggetti che, in realtà, non presentano ne’ lesioni pigmentate sospette, ne’ fattori di rischio per il melanoma, ma che hanno richiesto la visita solo per trovare rassicurazioni. Pur non ignorando le difficoltà incontrate dal medico di famiglia nella gestione di tali pazienti, sia sul versante tecnico (diagnosi differenziale fra una lesione pigmentata benigna e una lesione sospetta) che su quello umano (fornire rassicurazione a pazienti, che pretendono indagini strumentali spesso inutili), bisogna sottolineare che le conseguenze di questi accessi incongrui (un maggiore dispendio di risorse e più lunghi tempi d’attesa) potrebbero penalizzare i soggetti che realmente hanno urgenza di essere visitati dal dermatologo.

La visita dermatologica per la diagnosi precoce del melanoma deve essere limitata a quei soggetti che rientrano nei pazienti a rischio (familiarità per melanoma, fototipo più chiaro, storia di scottature solari in gioventù, numero di nevi superiore a 50, nevi melanocitici atipici) o che presentano lesioni pigmentate potenzialmente sospette che per una minima parte derivano da osservazioni occasionali del medico, del partner o altro, e per la maggior parte vengono identificate attraverso l’autoesame della superficie cutanea condotto sulla base di criteri diagnostici di facile applicazione.
I medici di famiglia coinvolti in questa strategia sono chiamati a svolgere due funzioni:
1 )verificare la consistenza del sospetto clinico nella lesione identificata dal paziente, selezionando così i casi che necessitano realmente di un controllo dermatologico (ruolo di “filtro” fra popolazione e centri specialistici per la diagnosi precoce);
2 )ricercare eventuali lesioni pigmentate sospette sulla cute dei propri paziente durante una visita medica eseguita per altri motivi (a esempio una auscultazione del torace). Risulta evidente pertanto come la informazione della popolazione e la formazione degli operatori sanitari (medici di famiglia, farmacisti ma anche dermatologi) sia fondamentale al fine del successo di tale strategia di prevenzione secondaria.

Un momento fondamentale nella selezione delle lesioni da inviare in consulenza specialistica è infatti la definizione della natura delle neoformazioni pigmentate: melanociarie e non melanocitarie. Dopo tale formazione il medico di famiglia, grazie all’utilizzo del dermatoscopio, potrà riconoscere criteri specifici di alcune comuni lesioni non melanocitarie benigne (cheratosi seborroica, dermatofibroma, angiomi spider e rubini) o definire la natura melanocitaria di una lesione pigmentata (riconoscendo il pattern reticolare e globulare dei nevi). L’attuale tendenza alla medicina di gruppo e – o di rete, e l’attivazione, alcuni anni fa, dei Nuclei di Cure Primarie appare un’occasione ulteriore per sviluppare questo progetto: ogni nucleo potrà individuare un membro più esperto o appassionato alla dermatoscopia, che potrà partecipare ad aggiornamenti e corsi in dermatoscopia. Oggi i sistemi informatici, che si avvalgono delle reti telematiche, permettono un ricco, dinamico, immediato e prezioso scambio d’informazioni non solo tra dermatologi, ma anche tra dermatologi e medici di base, tra dermatologi, istologi e altri specialisti. Medici di famiglia che operano in zone rurali lontano da grandi centri specializzati, potranno presto avvalersi delle vie telematiche per inviare immagini di lesioni cutanee sospette agli specialisti per un parere diagnostico in questi casi, la possibilità di acquisire ed inviare immagini dermoscopiche aumenta notevolmente l’accuratezza diagnostica e la confidenza dello specialista. Aspetti questi sottolineati sia dal dottor Catrani sia dalla dottoressa Angelini, che hanno auspicato la buona riiuscita di questa collaborazione, anche nell’ottica di estenderla ad altre branche mediche. D’altra parte la distrettualizzazione e terittorializzazione delle cure è anche prevista nei documenti sanitari regionali.

La dottoressa Lombardini, nel ringraziare sinceramente la Banca Popolare dell’Emilia Romagna per questa donazione, ha ricordato che circa un anno fa la banca stessa si è resa autrice di un’altra liberalità nei confronti dell’Azienda (e della sanità riminese) donando un importante apparecchio per la Cardiologia.

Il ragionier Boldrini ha sottolineato come, infatti, la sanità, così come la scuola, sia uno dei settori in cui la Banca Popolare dell’Emlia Romagna effettui maggiori donazioni “nonostante il periodo in corso non sia certo semplice”. Mentre il dottor Domeniconi ha colto l’occasione per ricordare che “Banca Popolare dell’Emilia Romagna è un istituto di credito che opera in più regioni, dà lavoro ad oltre 450 persone e vanta circa 5 miliardi di mezzi amministrati. Di questi, 2miliardi e 50 milioni sono i capitali raccolit, 2 miliardi e 200 milioni i capitali impiegati. Significa che la nostra banca non lesina nell’effettuare prestiti per incentivare le attività economiche. E’ dunque in stretto contatto e supporta il territorio. E la donazione di oggi è a sua volta da intendersi in questo senso”.

Il melanoma cutaneo è raro prima della pubertà e colpisce prevalentemente soggetti di età compresa tra i 30 ed i 60 anni, di classe sociale medio-alta. L’incidenza documentata per questo tumore è in crescita costante in tutto il mondo, probabilmente raddoppiata negli ultimi 10 anni. Il melanoma appare decine di volte più frequente nei soggetti caucasici rispetto alle altre etnie: i tassi di incidenza più elevati si riscontrano infatti nelle aree molto soleggiate e abitate da popolazioni di ceppo nordeuropeo. L’aumento dei tassi di incidenza dei melanomi sottili rispetto a quelli più spessi, soprattutto negli ultimi 10-15 anni, porta a ritenere che i progressi diagnostici siano in parte alla base degli aumenti di incidenza riscontrati. Questo aspetto risulta particolarmente evidente in quelle aree geografiche in cui sono state condotte delle campagne di prevenzione secondaria.

La prognosi del melanoma è infatti correlata allo spessore della lesione cutanea al momento della diagnosi istologica, misurato in millimetri, secondo le indicazioni di Breslow. Individuare il melanoma quanto più precocemente possibile rappresenta, quindi, la principale arma per tentare di ridurne la mortalità. Grazie a campagne di educazione sanitaria e allo screening delle popolazioni a rischio, se nel 1960 solo la metà dei malati di melanoma era ancora in vita 5 anni dopo la prima diagnosi, oggi lo è circa l’80 per cento di essi. La terapia del melanoma è chirurgica, mirata all’asportazione radicale allargata del tumore primitivo, nelle forme recidivanti o metastatiche vengono applicati protocolli internazionali, in parte sperimentali.

La valutazione dermoscopica si basa sull’osservazione, lo studio e l’interpretazione delle strutture e delle caratteristiche morfologiche delle lesioni pigmentate cutanee. Dopo aver effettuato una valutazione clinica a occhio nudo, il medico applica olio minerale, alcool o acqua sulla lesione cutanea, quindi la esamina con il dermatoscopio. Studi di valutazione sull’accuratezza diagnostica del solo esame clinico hanno mostrato che il dermatologo è in grado di individuare il melanoma nel 65-80 per cento dei casi. Una recente revisione sistematica della letteratura ha dimostrato che la dermoscopia è in grado di incrementare la sensibilità diagnostica del melanoma anche del 35 per cento rispetto alla sola osservazione clinica. È stato inoltre riportato che tale miglioramento diagnostico può essere ottenuto solo se l’osservatore ha un buon livello di esperienza nell’utilizzo della metodica.

Nell’anno 2012 si sono verificati 136 casi di melanoma in provincia, quasi equamente distribuiti tra uomi e donne (molto leggera la prevalenza maschile), che hanno portato l’incidenza a 41 per centomila abitanti. Di questi pazienti, il 29 per cento ha età compresa tra i 15 e i 50 anni; il 32 per cento tra 50 e 65 anni, il restante 49 per cento dei pazienti ha età superiore ai 65 anni. Tutti e 136 i melanomi sono stati asportati, e nel 68 per cento dei casi (92 pazienti) la lesione aveva uno spessore inferiore al millimetro. Dal 2007 ad oggi l’aumento dei melanomi asportati è pari al 116 per cento (i casi erano 63 nel 2007), e l’incidenza è a sua volta aumentata del 95 per cento (passando dal 21,1 al 41 per centomila). Le parti del corpo in cui più frequentemente i melanomi si formano è il tronco (41 per cento), gli arti inferiori (24), gli arti superiori (23), il volto (8) e collo (4 per cento). La sopravvivenza al melanoma è aumentata, negli ultimi decenni, in maniera significativa: oggi l’80 per cento dei soggetti con melanoma è ancora in vita 5 anni dopo la diagnosi.

(a cura dell’Ausl di Rimini)

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