Il funerale di Pietro Arpesella: la riflessione del Card. Ersilio Tonini


Una morte che ha colpito e fatto discutere Rimini, che va a chiudere una vita trascorsa da protagonista, da “pioniere del turismo in Riviera, custode appassionato ed affettuoso di un simbolo della città, della sua memoria e della sua storia balneare”, come fu definito nella motivazione che gli attribuiva il primo Sigismondo d’oro assegnato dal Comune di Rimini nel ’94. Una vita segnata anche dalla tragedia, come la morte del figlio Marco, a sua volta suicida nel 1987.
Non ci permettiamo di giudicare la persona che ha scelto di togliersi la vita; nessuno può farlo, e nulla possiamo sapere davvero di ciò che ha vissuto il suo cuore e la sua anima. Ci ha fatto riflettere invece il gesto, l’uscita di scena -con un condizionale d’obbligo sulla motivazione, lo ribadiamo- , allorché si ritienga che la vita non abbia più i requisiti che la rendano degna di essere vissuta.
Arpesella ne parlò pochi anni fa in un libro-intervista, “Diario di bordo” pubblicato da Capitani, dichiarando di non rassegnarsi all’idea di attendere il declino inevitabile. Abbiamo coinvolto allora per una riflessione il Cardinale Ersilio Tonini, giunto alla soglia dei novant’anni. “Il primo pensiero è che questo è mio fratello, e lo dico con grande tenerezza per la disperazione e la solitudine che sono certo lui ha vissuto prima di scegliere”, ci ha detto il cardinale Tonini.
“Ho vissuto tante esperienze di questo genere da parroco, ed è sempre impossibile ridurre e capire razionalmente. Nessuno a mio parere, continua S.E. mons. Tonini, lo fa per trasgredire a una regola, ma perché non riesce più a cogliere la vita come dono. Ecco, questo è centrale: io credo che il vero coraggio sia quello di affrontare, giorno per giorno nella quotidianità, ogni fase della vita come un dono di straordinaria ricchezza e complessità che Dio ha pensato per noi”.
Ascoltiamo il Cardinale Ersilio Tonini.