Dau su ordinanza prostituzione: si vuole fermare un treno con una mano


Un’ordinanza destinata a soccombere ai ricorsi. Claudio Dau, della direzione nazionale del Movimento nazionale per la sovranità, commenta la nuova ordinanza antiprostituzione che il Comune di Rimini, sulla scia di Firenze, farà entrare in vigore dall’11 dicembre.
“L’ordinanza antiprostituzione del Comune di Rimini prevede l’arresto fino a 3 mesi ovvero l’ammenda fino a €. 206, perchè il Comune ha deciso di applicare l’art. 650 del codice penale ai clienti.
L’ordinanza tiene anche conto del nuovo pacchetto sicurezza, quell’obbrobrio giuridico voluto da Minniti che tutela i luoghi, non le persone e che concepisce la sicurezza come tutela del decoro, e non della dignità umana.
E’ applicabile l’art. 650 c.p. a queste ordinanze? No, lo sanno tutti. Sulle fattispecie penali esiste la riserva di legge dello Stato. Ma se Nardella lo ha fatto lo dobbiamo fare anche a Rimini, mica vorrai essere da meno!
La questione dell’applicabilità dell’art. 650 c.p. alle ordinanze sindacali è questione dibattuta da tempo. La Corte Costituzionale continua a bocciare certe iniziative, ma i Sindaci non rinunciano alla giornalata, devono far vedere che non è colpa loro se la prostituzione dilaga, ma che è colpa degli avvocati, della magistratura, della polizia, dei vigili urbani.
Nello specifico: “il Sindaco non ha competenza penale, cioè non può inventarsi reati, magari decidendo quali zone sono da tutelare e quali no, perseguendo i cittadini a seconda che il comportamento venga tenuto su Viale Regina Margherita piuttosto che su Via Orsoleto, tutelando alcune zone piuttosto che altre.
Come finirà? Archiviazioni a nastro, a meno che la Procura non ritenga di emettere decreti penali di condanna, che verranno regolarmente impugnati.
Voler contrastare il fenomeno della prostituzione con le ordinanze sindacali contro i “clienti” delle prostitute, vuol dire cercare di fermare un treno con una mano.
La sanzione penale dell’art. 650 cp prevede, appunto, la mancata osservanza di un provvedimento dell’Autorità legalmente dato per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene. E riesce difficile comprendere a quali delle suddette “ragioni” sia riconducibile quella delineata nell’ordinanza riminese, come in quella fiorentina. Ma come si fa a pensare che il fenomeno, con tutto quello che c’è dietro, possa essere contrastato con una contravvenzione di polizia?