Crac Cmv, Nicolini punta il dito contro le banche: "Mi hanno affossato"


Ha parlato per oltre trequarti d'ora ripercorrendo per filo e per segno la storia della Cmv, dagli anni d'oro (almeno fino al 2008) quando la società edile poteva contare 400 dipendenti, tra interni ed esterni, e un'ottantina di cantieri avviati in tutta la provincia, fino alla crisi che ha portato l'azienda allo stato di insolvenza (era il 2011, secondo la difesa). Sauro Nicolini, amministratore di fatto del Gruppo, non ci sta a passare per l'imprenditore disonesto che sottrae soldi dalle società che detiene per poi farli confluire nelle proprie tasche e, davanti al gup di Rimini, Raffaele Deflorio, ha ribadito ancora una volta di aver cercato di salvare le sue aziende in modo serio.
Semmai ha puntato il dito contro le banche, che di fatto avrebbero avuto tra le proprie mani il Gruppo dal 2009 al 2013.
Secondo la ricostruzione del 68enne imprenditore edile di Villa Verucchio, assistito dagli avvocati Carlo Alberto Zaina e Marco Zanotti, gli istituti di credito avrebbero inciso molto negativamente sullo stato di sopravvenuta crisi della Cmv, bloccando lo svolgimento di attività lavorative che presupponevano invece la continuità dell'erogazione dei finanziamenti. Al momento dell'insolvenza, infatti, il patrimonio immobiliare di Cmv e delle controllate - stando alla difesa - era un patrimonio che aveva un valore di almeno 50 milioni di euro, quindi da valorizzare.
"Non ci sono mai state bancarotte fraudolente", ha cercato di dimostrare dati alla mano, Nicolini, nel corso delle dichiarazioni spontanee rilasciate in aula. E sul presunto trasferimento di soldi a San Marino, l'imputato, già assolto in passato altre cinque volte per presunti reati fiscali, ha replicato che "quel denaro, derivante da una società che all'epoca non faceva parte della galassia Cmv, è poi rientrato in Italia 'scudato'". Per la procura di Rimini, però, il 68enne avrebbe distratto somme di denaro, non dichiarate al Fisco, derivanti dalla vendita di immobili del gruppo Cmv, per non meno di 6 milioni di euro, poi trasferiti sul Titano con la compiacenza di altri quattro imputati. La prossima udienza del processo, con rito abbreviato, è stata fissata il 20 novembre per la discussione. Possibile, però, che la sentenza slitti al 12 gennaio 2026.