Consumo di suolo, triste primato per la Regione e la provincia di Rimini
L'Emilia-Romagna è la regione italiana col maggior consumo di suolo annuale. A sancirlo è il nuovo rapporto Snpa dell'Ispra, riferito ai dati del 2024. La Regione registra un consumo di circa 1.000 ettari e di questi, l'86% è di tipo reversibile e quindi recuperabile in futuro. Seguono Lombardia (834 ettari), Puglia (818 ettari), Sicilia (799 ettari) e Lazio (785 ettari). La crescita percentuale maggiore dell'ultimo anno è avvenuta in Sardegna (+0,83%), Abruzzo (+0,59%), Lazio (+0,56%) e Puglia (+0,52%), mentre l'Emilia-Romagna si ferma al +0,50%.
I Comuni con la maggiore crescita annuale di aree artificiali sono Ravenna (84 ettari), Venezia (62 ettari), Sassari (60 ettari) e Roma (57 ettari). In 15 regioni risulta ormai consumato più del 5% di territorio, con massimi in Lombardia (12,22%), Veneto (11,86%) e Campania (10,61%). L'Emilia-Romagna è all'8,99%. Il suolo consumato pro capite in regione è di 453 metri quadrati, sopra la media nazionale (366). A livello provinciale, Rimini è il territorio con la percentuale più alta di consumo di suolo (12,6%), seguito da Reggio Emilia e Modena (11%) e da Ravenna (10,5%). La provincia di Piacenza è invece quella che ha il maggior consumo di suolo per abitante (700 metri quadrati nel 2024). L'Emilia-Romagna è anche la regione con il maggiore aumento di superficie per la logistica (+107 ettari).
A fronte di questi numeri, la Regione prova comunque a guardare il bicchiere mezzo pieno. Secondo il rapporto Ispra infatti, è anche "la prima per recupero di suolo", grazie ai 143 ettari rinaturalizzati nel 2024. Per viale Aldo Moro conta inoltre l'86% di nuove trasformazioni di tipo reversibile, cioè "legato a cantieri, opere lineari e impianti fotovoltaici temporanei". Sono dati che "ci devono spingere a fare sempre meglio- commenta l'assessora regionale all'Ambiente, Irene Priolo- la sfida non è solo ridurre il nuovo consumo, ma aumentare il ripristino e la rigenerazione delle aree già urbanizzate. È la direzione che l'Emilia-Romagna ha scelto da tempo e nella quale intendiamo proseguire con ancora più forza". Ad oggi, ricorda la Regione, sono 190 gli interventi di rigenerazione urbana finanziati in 173 Comuni, per un totale di 123,5 milioni di euro di contributi regionali che hanno attivato 243,5 milioni di investimenti complessivi. Con l'ultimo bando del 2024 sono stati assegnati 26,3 milioni di euro per 28 nuovi progetti, mentre nel luglio scorso la Regione ha pubblicato un avviso dedicato alla rinaturalizzazione dei suoli degradati o in via di degrado, con l'investimento di 11,8 milioni di euro. "Il nostro obiettivo- afferma Priolo- resta quello della legge urbanistica regionale del 2017 che punta al consumo di suolo a saldo zero. È un cambio di paradigma che sta iniziando a produrre risultati concreti, anche se la conclusione del periodo transitorio ha portato ad un'accelerazione di pratiche ferme da anni".
La fine del periodo transitorio della legge ha poi portato a un taglio definitivo di 21.100 ettari di consumo di suolo sui 26.666 previsti nei Piani regolatori generali e nei Piani strutturali comunali. Di questi oltre la metà, pari a 12.380 ettari, riguardano aree potenzialmente interessate da alluvioni di media e alta pericolosità, mentre altri 1.132 ettari di previsioni insediative sono stati stralciati in zone soggette a rischio di dissesto idrogeologico.
Una parte significativa delle trasformazioni rilevate da ISPRA riguarda aree agricole temporaneamente occupate da impianti fotovoltaici a terra o infrastrutture energetiche, un fenomeno che, secondo viale Aldo Moro, richiede anche un intervento nazionale.
“La transizione energetica è una priorità, ma va governata- conclude Priolo-. Serve subito la legge nazionale sulle aree idonee per le rinnovabili, per evitare che l’assenza di regole scarichi sui territori tensioni e conflitti. È necessario tutelare il suolo agricolo e paesaggistico, valorizzando al contempo le superfici già compromesse – cave dismesse, aree produttive, corridoi infrastrutturali – che possono diventare spazi di innovazione e sostenibilità”.












