124 milioni per il contrasto alla povertà. Il dibattito in Regione


In Emilia-Romagna più di una famiglia su quattro dichiara di non riuscire a risparmiare, mentre il 14,4% sostiene di non riuscire a far fronte a spese impreviste a causa delle proprie difficoltà economiche, l'8,8%, invece, non riesce ad arrivare a fine mese. Le famiglie che vivono in condizioni di povertà relativa sono stimate in circa 132.000, il 6,4% di quelle residenti in regione (nel 2019 erano il 3,2%). Le persone in situazione di marginalità estrema, invece, sono 8.400. Numeri di un disagio materiale che emergono anche in una regione come l'Emilia-Romagna, dove il reddito medio mensile per famiglia è di circa 3.600 euro al mese (tra i più alti d'Italia) e il tasso di occupazione si attesta al 70,3% (contro il 62% di media nazionale). Da questi dati, riferiti al 2024, parte il piano regionale per il contrasto alla povertà 2025-2027 che vedrà la Regione impiegare nel triennio oltre 124 milioni di euro, per metà provenienti dal fondo nazionale povertà.
"Abbiamo voluto dare un titolo al piano, ‘Insieme, con cura: contro la povertà, per la dignità’: ‘insieme’ perché il cambiamento è uno sforzo collettivo, ‘con cura’ perché dietro ogni bisogno c’è una persona con la sua storia, ‘per la dignità’ perché questo è il valore più grande da difendere. Un titolo che non è una formula retorica, la lotta alla povertà non può ridursi a un approccio assistenziale, deve invece promuovere dignità, autonomia e pieno riconoscimento dei diritti fondamentali di ogni persona”, spiega l'assessora al contrasto alle povertà Elena Mazzoni per la quale “il nuovo piano raccoglie e integra le esperienze precedenti aggiungendo risorse e obiettivi specifici per il prossimo triennio. Si parte da una riflessione sul fenomeno della povertà che va affrontato nella sua multidimensionalità: comprendere non solo l’entità numerica del disagio economico ma anche la natura e l’evoluzione delle sue cause profonde. In particolare, è necessario affinare la capacità delle istituzioni di intercettare tempestivamente le ‘nuove povertà’”, ovvero quelle forme di vulnerabilità generate da trasformazioni recenti e complesse del contesto sociale, economico e culturale. Vogliamo costruire risposte concrete, capaci di intercettare queste trasformazioni e di integrare interventi di natura economica, sociale e relazionale. Accanto alle misure tradizionali, la Regione Emilia-Romagna considera la digitalizzazione dei servizi sociali una priorità strategica”.
“Una regione progredita come la nostra – evidenzia il presidente Gian Carlo Muzzarelli – non può rassegnarsi all’aumento della povertà, bisogna intervenire”. Specifica: “Le povertà vanno aggredite, dobbiamo aiutare le persone fragili, che non vanno isolate. Investire nel sostegno ai più deboli vuole dire un ritorno economico per l’intera comunità, a partire dalla sanità”. Muzzarelli conclude sul tema associazioni: “Importante il ruolo delle associazioni che lavorano sul tema della povertà”.
La maggioranza di centrosinistra che sostiene la giunta de Pascale ha espresso un giudizio positivo sul piano anche rispetto al tema delle risorse, mentre la minoranza di centrodestra chiede più coraggio e l'attivazione di politiche innovative.
“Rispetto al 2023 i dati sulla povertà in Italia sono migliorati, negli ultimi due anni si registrano buoni risultati sull’economia nazionale”, interviene Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia). Prosegue: “In Emilia-Romagna però aumenta il numero delle famiglie in povertà, il territorio non è uniforme, servono quindi risposte diverse, più di 8mila persone sono in una situazione di povertà estrema, in gran parte stranieri, serve quindi riflettere anche sui percorsi di accoglienza”. Sui finanziamenti previsti nel piano: “Servono più risorse, c’è una riproposizione delle azioni del passato, serve innovare”.
Sempre da Fratelli d’Italia interviene Nicola Marcello: “Difficile comprendere a quanto corrispondono le risorse stanziate dalla Regione Emilia-Romagna, anche sui fondi collegati al PNRR serve comprendere se i tempi nell’attuazione dei diversi progetti saranno rispettati, gli interventi non devono essere semplici spot, l’obiettivo deve rimanere quello di ridurre il numero di poveri in regione”.
“La povertà aumenta dappertutto, un dato che non ci può lasciare tranquille, tra i più fragili molti sono minori, nessun ragazzo deve essere lasciato indietro”, rimarca Maria Costi (Partito democratico). Prosegue sugli strumenti messi in campo: “Positive le politiche integrate con i servizi, importante il ruolo del terzo settore, necessario poi digitalizzare i dati per intervenire in modo più efficacie”.
Per Fabrizio Castellari (Pd), sul tema povertà, “è centrale il ruolo delle associazioni del volontariato, del terzo settore e della cooperazione sociale”. Prosegue sul piano: “Importante le sinergie con le politiche sanitarie, oltre che ovviamente sociali, c’è l’idea forte di una società inclusiva, di una comunità che si prende cura e si fa carico dei più deboli”.
Per Lorenzo Casadei (M5stelle), il piano va nella giusta direzione. “E’ un piano che analizza la situazione di povertà in modo complesso e in ogni suo aspetto – spiega -, ed è l’approccio giusto per individuare soluzioni. Bene anche la messa a punto dell’algoritmo Amartya, per gli operatori sociali pubblici e privati” (per compiere valutazioni mirate delle politiche di contrasto alla povertà, ndr). Infine, per Casadei, “sono importanti anche gli interventi per il contrasto al sovraindebitamento, che consistono anche nell’aiutare le persone a gestire meglio le risorse”.
Secondo Priamo Bocchi (FdI) “non si ravvisano nel piano elementi particolarmente innovativi che sarebbero serviti per rispondere al fenomeno delle nuove povertà – afferma -. A partire da quella piattaforma integrata di condivisione dei dati, che possa mettere in raccordo le realtà del volontariato e la cui mancanza, oggi, impedisce di avere un quadro completo delle varie situazioni”.
Tra le priorità nell’impiego delle risorse del piano figurano le prestazioni erogate a favore dei cittadini beneficiari di misure di sostegno al reddito, come l’assegno di inclusione: il “segretariato sociale”, organizzato attraverso i Comuni e le loro Unioni, ha un compito di consulenza e orientamento, mentre la rete degli assistenti sociali si occupa della definizione di percorsi di inserimento lavorativo, di sostegno socio-educativo, di mediazione culturale. Altre priorità riguardano il rafforzamento delle reti territoriali e delle equipe multidisciplinari, il pronto intervento sociale chiamato a fornire risposte tempestive a bisogni emergenziali e non differibili, le unità mobili di strada per agganciare, conoscere e accompagnare ai servizi persone adulte in grave situazione di marginalità, l’accompagnamento all’iscrizione anagrafica dei senza fissa dimora e soluzioni abitative temporanee. Significativi anche i progetti di recupero e redistribuzione alimentare, attraverso gli empori solidali, gli enti del terzo settore e le organizzazioni di volontariato.