La protesta pacifica è un segno di democrazia, ma servono le cure


L’EDITORIALE DELLA DOMENICA
di Carlo Alberto Pari
Per non fomentare pleonastiche prese di posizione, partiamo da una premessa. La scorsa settimana ho scritto il mio pensiero sulle proteste di piazza riguardanti ciò che accade in Palestina, come chiaramente indicato nell’articolo, quelle pacifiche, non certo la parte violenta o gli striscioni razzisti o antisemiti, minoranze di
facinorosi, che, mi auguro di cuore, vengano individuati ed adeguatamente sanzionati, come previsto dalle normative in materia. Sicuramente però, le proteste
partite dal popolo hanno risvegliato le coscienze assopite di troppe Istituzioni, che per due anni hanno vissuto un letargo divenuto estremamente imbarazzante, per alcuni, colpevole.
Le manifestazioni pacifiche che nascono dalla base, se in regola con le normative di riferimento, sono un segno di civiltà e democrazia, ma anche di grande preoccupazione. Sono una ferita, che andrebbe analizzata e curata, per evitare un peggioramento che può arrivare alla pericolosissima cancrena. L’astensionismo dal voto è un ulteriore segnale di allarme, che mette a repentaglio la stessa democrazia rappresentativa. Purtroppo, nel nostro Paese, alcuni discutibili interventi realizzati negli anni, hanno sensibilmente peggiorato diversi comparti fondamentali alla vita dei cittadini. Cito solo alcuni dei gravi ed irrimandabili problemi, sui quali è necessario riflettere ed intervenire al più presto.
La sanità pubblica, da anni è in grave crisi per mancanza di adeguati finanziamenti, Un sistema solidale ed efficiente che tutto il Mondo ci invidiava, ora galleggia
faticosamente, se non si interviene con urgenza, i danni saranno inenarrabili. Gli stipendi degli italiani sono inferiori a quelli dei Paesi più evoluti d’Europa, la
povertà è in crescita e colpisce persino chi ha un lavoro. Troppi giovani fuggono all’estero, mentre il precariato incombe e crea spesso enormi disagi
Le pensioni, mediamente scarse, da troppo tempo subiscono il blocco totale o parziale della perequazione, che per legge, dovrebbe garantire l’adeguamento al
costo della vita, fare cassa sugli anziani dopo decenni di contribuzione versata, è inqualificabile.
Le diseguaglianze sono tra le più elevate dei Paesi Occidentali, ma tantissime caste permangono persino nel pubblico impiego, dove ad esempio, con un titolo di studio similare ci possono essere differenze abissali di stipendio, mentre chi fatica fisicamente e rischia troppo spesso ciò che abbiamo di più caro, la salute e la vita, sono statisticamente coloro che hanno le remunerazioni più basse. Inoltre, la tassazione, a differenza di quanto indicato nella Costituzione, appare di discutibile progressività, basta verificare l’ultimo scaglione dell’IRPEF, assurdamente identico, per chi guadagna qualche decina di migliaia di euro o milioni. La sicurezza è presumibilmente carente di uomini e mezzi, le carceri pietosamente sovraffollate, mancano nuovi edifici e personale addetto. La Difesa del Paese, a detta degli esperti appare inadeguata, tanti comandanti, pochi mezzi e truppe.
Il debito pubblico ha superato i 3.000 miliardi, cui aggiungere il PNRR (tanti altri debiti). Un’eredità deleteria e micidiale per figli e nipoti, in paurosa e silente crescita annuale ( scriverò un articolo sul tema). Indipendentemente dal pensiero politico, è onesto evidenziare che al momento i rischi sono assopiti, grazie soprattutto alla stabilità politica ed al controllo della spesa pubblica.
L’inverno demografico è allarmante e dovrebbe essere contrastato con mezzi efficaci, non certo un modestissimo assegno mensile per i figli a carico e poco altro.
Servono cospicui investimenti, altrimenti, sarà a rischio il lavoro, la previdenza pensionistica, l’assistenza, la sanità e tanto altro. Troppi territori sono in perenne rischio idrogeologico, servono interventi immediati e terribilmente costosi.
Per questi motivi, ogni euro pubblico dovrebbe essere speso con estrema parsimonia, servono quantità di denaro enormi, ma il nostro debito pubblico è già
estremamente saturo e non possiamo certo continuare ad espanderlo. Poche le possibilità, sicuramente però, una significativa progressività fiscale unita ad un
drastico taglio della spesa pubblica (finanziamenti di discutibile interesse collettivo, enti non indispensabili, consigli e consiglieri di dubbia utilità, analisi delle consulenze e… tantissimo altro) potrebbero aiutare a tamponare le problematiche in modo consistente.
Permane il problema fondamentale: il coraggio che non si intravede all’orizzonte, perché la progressione fiscale e l’attuazione dei tagli alla spesa pubblica significano nell’immediato grandi battaglie e perdita di consensi, ma se nessuno sarà in grado di intervenire, prima o poi, dalla base arriveranno corpose proteste spontanee.
Del resto, le ferite non curate fomentano l’infezione, ed i rischi aumentano a dismisura per tutto l’organismo. L’immobilismo e le rendite di posizione non
sembrano più tollerabili o se si preferisce, accettabili.
Carlo Alberto Pari