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il caso

Istigazione all'odio, il bancario denunciato dalla Lisi "salvato" dalla prescrizione

In foto: un agente della Postale
un agente della Postale
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 5 mag 2022 19:22 ~ ultimo agg. 6 mag 16:30
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Era a processo con l’accusa di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa”, ma è stato ‘salvato’ dalla prescrizione. Può tirare un sospiro di sollievo il bancario riminese di 45 anni, difeso dall’avvocato Monica Rossi, finito nei guai dopo aver postato su Facebook (era il 2017) un commento offensivo nei confronti dell’ex vice sindaca di Rimini Gloria Lisi, bersagliata dagli odiatori seriali del web per le sue posizioni anti razziste.

All’epoca a Rimini infuriava la polemica politica sulle microaree da destinare ai nomadi di via Islanda, tema dibattuto anche sui social, con favorevoli e contrari. Spulciando i profili di quanti avevano espresso commenti diffamatori, la Lisi si era imbattuta nella bacheca del bancario, che tre anni prima (nel 2014) aveva pubblicato sempre su Facebook un ‘meme’ inqualificabile, composto da due foto affiancate. La prima ritraeva dei nomadi come ladri, mentre nella seconda immagine c’era Hitler in persona che invitava i potenziali seguaci a risolvere il ‘problema’ passando dal distributore di benzina: alle sue spalle spuntava un campo nomadi in fiamme.

L’ex vice sindaca si rivolse alla polizia segnalando il ‘meme’ discriminatorio e l’utente che lo aveva pubblicato. Gli agenti della Postale non ci misero molto a identificare il bancario riminese, che ha sempre negato di avere mai avuto frequentazioni politiche, né amicizie o collegamenti con l’estrema destra, tantomeno di avere istigato qualcuno a commettere reati. L’immagine discriminatoria era stata rimossa dopo il sequestro temporaneo del profilo da parte della Digos. Questa mattina (giovedì), dopo oltre due ore di camera di consiglio, i giudici del Collegio hanno ritenuto il non doversi procedere per avvenuta prescrizione del reato (che prevede una pena fino a quattro anni di reclusione). Respinta, quindi, la tesi avanzata dal legale di Gloria Lisi, che presupponeva la continuazione del reato, essendo stato il ‘meme’ razzista caricato sì nel 2014, ma rimasto visibile fino al 2017.

Contrario all’intervenuta prescrizione anche il pm Giulia Bradanini. “Trattandosi di una questione non di merito – afferma l’avvocato Ghinelli attendiamo di conoscere le motivazione della sentenza. Solo dopo valuteremo la possibilità di presentare appello”.