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Testimonianze e preghiera

Oltre mille persone alla veglia per la pace organizzata dalla Diocesi

In foto: la partenza della fiaccolata dall’Arco d’Augusto
la partenza della fiaccolata dall’Arco d’Augusto
di Redazione   
Tempo di lettura 13 min
Sab 2 Apr 2022 11:30 ~ ultimo agg. 6 Giu 05:11
Tempo di lettura 13 min

Tanti riminesi, circa un migliaio, hanno partecipato venerdì sera alla veglia per la pace in Ucraina organizzata dalla Diocesi di Rimini.

Un gesto semplice, ma carico di umanità e fratellanza, che ha preso avvio intorno alle 20.30 all’Arco d’Augusto con il saluto del direttore della Caritas Mario Galasso. “Siamo colpiti dal vento della disperazione – ha detto –, dalla follia che accade a due passi da casa nostra. Una domanda attanaglia i nostri cuori: “Dov’è tuo fratello?”. È un interrogativo esistenziale per la vita di ogni cristiano e da questa domanda ne scaturiscono altre: “Perché succede questo?”, “Cosa posso fare?”, “Cosa possiamo fare?”. Se proviamo ad alzare lo sguardo vediamo come la guerra colpisce anche milioni di fratelli geograficamente più lontani da noi“. Il direttore della Caritas ha parlato anche di accoglienza. “Questo periodo ha mosso gli animi di molti – ha ricordato – ma è anche il momento opportuno per pensare e realizzare un nuovo sistema di accoglienza diffusa. Facciamolo a cominciare dalle tante famiglie che hanno aperto le porte delle loro case, a tutti quelli che di giorno in giorno, di periodo in periodo, hanno e avranno bisogno di accoglienza e aiuto. L’accoglienza oggi apre le porte agli ucraini, domani a qualche famiglia sfrattata o a qualcuno in fuga dalla desertificazione. L’accoglienza è di tutti e per tutti. Altrimenti non è. L’accoglienza ha il profumo e il sapore della comunità, della fraternità“.

Spazio poi alle testimonianze. In primis quella della famiglia Mancuso, impegnata proprio nell’accoglienza: “dopo oltre 30 anni di matrimonio ci siamo chiesti se il tanto bene che avevamo ricevuto lo potevamo condividere e così…lasciando la porta del cuore aperta, due anni fa è nato l’incontro tra le nostre storie e le nostre vite con Regina e Destiny. Non abbiamo fatto nulla di straordinario, semplicemente abbiamo messo in comune i nostri cinque pani e due pesci che avevamo ricevuto, e così il buon Dio ci ha dato la gioia di condividerli e moltiplicare“. “Abbiamo capito – hanno aggiunto i Mancuso – che la casa non è un luogo da pulire ma un luogo da vivere; ma prima ancora, il primo luogo dove aprirci all’accoglienza è il nostro cuore, poi ciascuno troverà la sua strada“.

Dopo la famiglia Mancuso, è stata Olga, arrivata dall’Ucraina con il figlio, a raccontare la sua storia. “Ho anche io lasciato il mio paese, mio marito, mia figlia, fratello e nipoti. Mio marito è andato a combattere nell’esercito ucraino; mia figlia è in servizio di polizia. Sono molto preoccupata per la situazione in Ucraina i miei pensieri e il mio cuore sono con loro“.

Terminati gli interventi, è partita la fiaccolata per Corso d’Augusto, piazza Tre Martiri, via IV Novembre fino alla Basilica Cattedrale dove si è svolta una celebrazione semplice di preghiera presieduta dal Vescovo Francesco e accompagnata dai canti del Coro ecumenico internazionale San Nicola. Suggestiva la “preghiera per la pace” di Monsignor Lambiasi rivolto al Crocifisso di Giotto, unico illuminato in una cattedrale completamente al buio: “non ti può comprendere – ha detto il Vescovo rivolto al Crocifisso – chi semina la discordia, non ti può accogliere chi tesse losche trame di disumana violenza. Noi ne siamo certi: chi piega il ginocchio davanti a te non piega la schiena davanti ai potenti del mondo.” “Tu, che non confondi mai i carnefici con le vittime – ha proseguito –, metti in cuore ai diretti responsabili di tanto devastante terrore un amaro tormento, una lancinante ma salutare inquietudine fino a quando non avranno deciso di far cessare il fuoco delle armi e non avranno imboccato la strada della riconciliazione e della pace.

L’intervento di Mario Galasso, direttore Caritas Diocesana

Grazie a tutti per essere qui questa sera.
È un momento di preghiera fortemente voluto e desiderato in questo periodo di incertezza.
Siamo colpiti dal vento della disperazione, dalla follia che accade a due passi da casa nostra. Una domanda attanaglia i nostri cuori: “Dov’è tuo fratello?”. È un interrogativo esistenziale per la vita di ogni cristiano e da questa domanda ne scaturiscono altre: “Perché succede questo?”, “Cosa posso fare?”, “Cosa possiamo fare?”.
Se proviamo ad alzare lo sguardo vediamo come la guerra colpisce anche milioni di fratelli geograficamente più lontani da noi. Accade ogni giorno in Siria, Libia, Sud Sudan, Afghanistan, Etiopia, Burundi, Yemen, Palestina, Israele, Nigeria.
Oggi, a nove anni dalla elezione di Papa Francesco, comprendiamo pienamente quanto giusta sia la definizione di «Terza guerra mondiale a pezzi» coniata dal Pontefice. Una guerra progressiva, sempre più estesa, apparentemente inarrestabile.
Ma la risposta a quelle domande prende forma nella realtà che tutti noi viviamo. Mio fratello, i nostri fratelli soffrono, sono costretti ad emigrare, a mettere la loro vita in uno zaino e lasciare la famiglia per colpa di guerra e conflitti. Così donne, uomini, bambini, diventano il fratello che incontriamo tutti i giorni nelle nostre strade, nei nostri servizi, negli ambulatori della Caritas. Anche nella porta accanto alla nostra casa.
Gesù in una immagine dice “siamo il sale della terra”, il condimento in grado di offrire sapore al mondo. Mi piace pensare che Gesù abbia scelto il sale perché ci pensava capaci di conservare e custodire il mondo, custodirlo nella Pace.
In questi giorni è difficile collocare noi e i sentimenti che proviamo. A volte, arrivano a sopraffarci. Trovarsi insieme in questa occasione significa essere meno soli, isolati, preoccupati. Insieme si trova e si costruisce la speranza. Insieme siamo artigiani di relazioni, di fraternità e di Pace. Insieme significa rispondere “Sorella, fratello, siamo qui per te. Siamo qui per la pace”.
La guerra in Ucraina e l’arrivo nelle nostre città di tantissime persone in fuga – sono donne, mamme, bambini – sembrano essere l’unica priorità di queste giornate, questa atrocità sembra aver cancellato tutto il resto.
Proprio per questo, in questa sera di preghiera, vogliamo ricordarci come:
• Il Covid non è finito anzi i numeri sono in rialzo
• Con la fine dell’emergenza covid sono ripresi gli sfratti
• Gli arrivi dalla rotta africana o dalla rotta balcanica stanno continuando
• Le bollette, i beni di consumo e le materie prime in aumento hanno messo in crisi tante famiglie delle nostre città
Dobbiamo pregare per chi ha ruoli amministrativi e di guida affinché, nella complessità del governare, sappiano trovare la strada del saper governare le complessità avendo come bussola il bene comune e la Pace.
Questo periodo ha mosso gli animi di molti ma è anche il momento opportuno per pensare e realizzare un nuovo sistema di accoglienza diffusa. Facciamolo a cominciare dalle tante famiglie che hanno aperto le porte delle loro case, a tutti quelli che di giorno in giorno, di periodo in periodo, hanno e avranno bisogno di accoglienza e aiuto.
L’accoglienza oggi apre le porte agli ucraini, domani a qualche famiglia sfrattata o a qualcuno in fuga dalla desertificazione. L’accoglienza è di tutti e per tutti. Altrimenti non è. L’accoglienza ha il profumo e il sapore della comunità, della fraternità.
Tanti frutti solidali fioriscono nelle nostre comunità, sono preziose occasioni di animazione e costruzione della pace. Gesti concreti, veri, di sostegno e vicinanza da prendere come esempio per il futuro.
Proprio lì, in quei luoghi, troverete sempre noi della Caritas. Ci troverete in collaborazione con le autorità territoriali e locali, dei volontari, a curare l’accoglienza di chi fugge dalla guerra o dalla povertà ma anche a curare i bisogni della nostra comunità e, per farlo, tesseremo trame di fraternità insieme a ciascuno di voi.
Un cammino comune fatto di ascolto, discernimento, accompagnamento, con un’attenzione particolare ai più vulnerabili.
All’Angelus del 13 marzo il Pontefice ha affermato: «Non ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri». Ha lanciato l’appello universale: «In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!».
L’appello del Papa è alle coscienze di tutti, davanti a un conflitto che non risparmia nessuno, neanche i bambini. Bisogna fermare la guerra, perché l’escalation potrebbe condurre l’umanità in un vicolo cieco, dal quale sarà difficile uscire. Più crudele sarà la guerra, più il fiume di lacrime e sangue sarà in piena, più sarà tortuoso, lungo, difficile, il cammino di una possibile riconciliazione.
Fermatevi!
Eccoci qui allora a rispondere “all’insensatezza della violenza” con “le armi di Dio”: con la preghiera.
Pregare per la pace è il nostro modo per essere solidali e uniti.
Quando c’è una guerra tutti noi abbiamo l’impressione di essere impotenti, ci domandiamo cosa fare. Proprio per questo, ora e qui, è importantissimo affidarsi a Dio. Perché Dio vuole la Pace, in nessun caso la guerra. Una preghiera pubblica come la nostra è un appello alla coscienza di tutti coloro hanno il potere sulla guerra e sulla pace, un invito a purificare le loro coscienze, perché non abbiano pensieri di guerra, ma di pace.
La preghiera per la pace è un segno di solidarietà con tutti coloro che soffrono, che vivono dentro la tragedia più grande e sono costretti a lasciare le loro famiglie, le loro case, per sopravvivere.
La preghiera è un segno per queste persone, gli fa capire loro di non essere soli. C’è chi pensa a loro e prega per loro.
“Sorella, fratello, siamo qui per te. Sono e siamo qui per la pace”.

L’intervento della famiglia Mancuso

Ciascuno di noi ha bisogno di tre cose
Un po’ di pane, un po’ di affetto e di sentirsi a casa da qualche parte…
Questa frase ci è divenuta cara da tempo e ci siamo chiesti come renderla concreta nella nostra vita.
L’accoglienza non si racconta, si vive. Noi che oggi siamo qui, dobbiamo dire grazie a chi ci ha accolto alla vita : i nostri genitori che ci hanno accolto con amore ma anche chi ha dato loro un riparo o un pezzo di pane durante la guerra, custodendo le loro vite e quelle dei loro cari.
Diceva Don Oreste “ le cose belle prima si fanno e poi si pensano “
Dopo oltre 30 anni di matrimonio ci siamo chiesti se il tanto bene che avevamo ricevuto lo potevamo condividere e così…lasciando la porta del cuore aperta , due anni fa è nato l’incontro tra le nostre storie e le nostre vite con Regina e Destiny.
Non abbiamo fatto nulla di straordinario, semplicemente abbiamo messo in comune i nostri cinque pani e due pesci che avevamo ricevuto, e così il buon Dio ci ha dato la gioia di condividerli e moltiplicare .
L’accoglienza è fatta prima di tutto di gesti semplici e quotidiani.
L’abbiamo imparato da Destiny che ha quasi 5 anni. È lui che ogni giorno ce la insegna.
Quando lui ci chiede “chi viene a mangiare a casa nostra oggi “? ci insegna tanto e ci ricorda che il pane è per tutti e va spezzato e condiviso.
Abbiamo capito che la casa non è un luogo da pulire ma un luogo da vivere; ma prima ancora, il primo luogo dove aprirci all’accoglienza è il nostro cuore, poi ciascuno troverà la sua strada.
Siamo certi che così in questi giorni è stato per tante persone e tante famiglie; ma è stato così anche nei giorni passati e lo sarà nei giorni a venire, quando altri fratelli e sorelle arrivati a noi dal mare o per altre strade, lasciandosi alle spalle altre guerre spesso dimenticate, guerre fatte dalle armi, dalla povertà, dalla persecuzione, hanno trovato un abbraccio ad accoglierli.
Abbiamo sperimentato in questi giorni, accanto l’angoscia per quanto sta capitando in Ucraina, il balsamo della tenerezza, guardandolo con commozione passeggiare lungo la banchina del porto Destiny con Yulia che lo teneva per mano ; Destiny nato a Rimini e figlio di genitori nigeriani e lei arrivata da Kiev solo da qualche giorno, camminavano insieme, guardando il mare.
Yulia non conosceva una parola di italiano, eppure tra loro si capivano: uno sguardo, un sorriso, una carezza, un abbraccio. Ecco questo è per noi è provare ad essere accoglienti.
Era il linguaggio di Gesù, la sua “lingua dei segni “.
E’ la stessa lingua che stanno parlando le tante famiglie che hanno aperto le loro porte di casa ed il loro cuore in questi giorni, ai fratelli e sorelle e bambini che in questi giorni hanno lasciato la loro terra, la loro casa , gli affetti più cari.
La preghiera per la pace speciale per l’Ucraina, ci fa sentire uniti e vicini a tutti coloro che hanno vissuto e vivono ogni giorno lo stesso dolore e spesso, giunti ai confini dell’Europa, trovano le porte chiuse per la nostra indifferenza.
I bambini e gli innamorati ci salveranno ci hanno raccontato ; ed è vero.
Chiediamo al Signore di tornare a casa questa sera ancora più innamorati della vita, della pace, e del futuro.
Ai bambini ed a noi che vogliamo continuare ad essere innamorati della vita e della pace, consegniamo questa preghiera affidando a Dio il nostro impegno ad essere costruttori di fraternità ogni giorno.
Dio tu sai che l’amore tiene conto di ogni dettaglio, e si prende cura di ogni frammento ,
offre luoghi di pace e prepara dimore per tutti coloro che mendicano un senso alla propria vita e sono alla ricerca dell’infinito.
Rendici profeti di gesti semplici.
Rendici profeti di gentilezza , rendici profeti di delicatezza perché il nostro cuore sia sempre una porta aperta a chi bussa e vuole entrare.

L’intervento di Olga

Buona sera a tutti voi!
Sono Olga Kramha, sono una rifugiata dall’Ucraina con mio figlio.
Sono venuta stasera per pregare con Voi, per pregare per l’Ucraina.
Per più di un mese noi abbiamo una guerra in Ucraina, la situazione è molto difficile, ci sono morti e feriti. La maggior parte delle persone esce di casa, lascia le famiglie, lavoro e tante cose importanti per la vita…
Ho anche io lasciato il mio paese, mio marito, mia figlia, fratello e nipoti.
Mio marito è andato a combattere nell’esercito ucraino; mia figlia è in servizio di polizia.
Sono molto preoccupata per la situazione in Ucraina i miei pensieri e il mio cuore sono con loro.
La mattina del ventiquattro febbraio passerà alla storia come un giorno in cui la Russia ha scelto la guerra, come il giorno in cui un paese ha attaccato un altro senza motivo.
La verità è che questa guerra è stata la scelta di una persona, del presidente della Russia Putin. E’ stata una sua scelta.
Milioni di persone in fila la tua vita in uno zaino e fuggi dal paese.
L’invasione da parte della Russia ha portato a una guerra terribile.
L’aggressione in corso non si ferma, i russi stanno bombardando edifici residenziali, sacra sepoltura, bombardamenti di asili nido, dell’ospedale.
La Russia ha causato la carestia, ha lasciato persone senza casa.
Voglio che gli italiani lo sappiano che gli ucraini vogliono vivere in pace, siamo una nazione che non attacca nessuno, vogliamo vivere in pace… abbiamo guadagnato libertà e sovranità per vivere comodamente, per sviluppare, esplorare e diventare felici ed essere cittadini del mondo. Vogliamo la pace e difenderemo la nostra patria.
Voglio ringraziare tutti gli italiani, governo, comune, chiese che aiutano, che supportano l’ospitalità per i nostri profughi ucraini.
Voglio ringraziare i sacerdoti e le suore italiani che ogni giorno pregano per gli ucraini, e per la pace nel mondo.
Grazie di tutto!

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