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la sentenza

Uccise la moglie a martellate, condannato a 23 anni. Esclusa la premeditazione

In foto: Vera Mudra e Giovanni Laguardia
Vera Mudra e Giovanni Laguardia
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 7 mar 2022 19:04 ~ ultimo agg. 8 mar 13:33
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Ventitrè anni di reclusione. A tanto ammonta la condanna inflitta dai giudici della corte d’Assise a Giovanni Laguardia, il 71enne idraulico in pensione che il 25 ottobre del 2020 uccise a Rimini la moglie nel sonno, la 61enne ucraina Vera Mudra, con 18 martellate. La Corte ha escluso la premeditazione e riconosciuto all’imputato, difeso dagli avvocati Andrea Mandolesi e Linda Andreani, le attenuanti generiche. Soddisfatta l’accusa, rappresentata dal pm Luigi Sgambati, che aveva chiesto una condanna a 24 anni di carcere.

Questa mattina in aula Laguardia ha voluto per la prima volta rilasciare spontanee dichiarazioni. Rivolgendosi ai giudici ha chiesto scusa per quello che ha fatto, assumendosi la completa responsabilità. Ha raccontato che i rapporti con la moglie, soprattutto da quando era andato in pensione, erano diventati sempre più tesi. I litigi erano all’ordine del giorno, provocati, secondo Laguardia, dalle continue richieste di denaro da parte di Vera, che voleva soldi da spedire in Ucraina per aiutare i suoi figli. La donna avrebbe preteso che il marito continuasse a lavorare, mentre il 71enne originario di Matera, una volta ottenuta la meritata pensione, non aveva alcuna intenzione di ricominciare. Vera, oltretutto, era convinta che Giovanni l’avesse tradita (circostanza, questa, sempre negata da Laguardia) e aveva minacciato di chiedere la separazione. “Avevo paura mi portasse via tutto”, è stata l’ammissione dell’ex idraulico, che quella notte impugnò un martello e, mentre la moglie dormiva in camera da letto, si accanì su di lei con 18 colpi.

Quella notte fu lui stesso a chiamare la polizia, intervenuta in viale Pola, a Marina Centro, con due Volanti: “Ho perso la testa, ho ucciso mia moglie. Venitemi a prendere”, furono le poche frasi pronunciate al telefono. I suoi legali, al termine del processo, non hanno escluso il ricorso in Appello: “Riteniamo che l’indagine peritale sul suo stato mentale non sia stata accurata, ecco perché ci riserviamo la possibilità di ricorrere”.