Massacra la moglie e le frattura le braccia col mattarello, condannato a 8 anni
Lei voleva lasciarlo, non ce la faceva più a sopportare le continue vessazioni fisiche e psicologiche da parte di quel marito manesco, spesso ubriaco e fuori controllo. Voleva proteggere i suoi bambini. Lui, un albanese di 42 anni (vengono omessi i dettagli che possano rendere anche indirettamente identificabile la parte offesa e i minori coinvolti della vicenda), non avrebbe sopportato l’idea di perderla e così sfogò tutta la sua brutalità sulla moglie.
Era il 21 ottobre del 2019 e all’interno del loro appartamento a Rimini successe il finimondo. L’uomo afferrò un mattarello in legno, lungo un metro con un diametro di sei centimetri, e si accanì contro la moglie, colpendola più volte all’altezza della testa. La donna, si rannicchiò in un angolo e mise le braccia a protezione del capo, come a formare una sorta di scudo. La violenza del coniuge fu tale da spezzarle entrambi gli arti superiori. Quaranta giorni di prognosi, recitava il referto medico. La polizia, poche ore dopo, rintracciò il 42enne e lo arrestò.
Questa mattina, davanti al gup Vinicio Cantarini, l’imputato è stato condannato con giudizio abbreviato a otto anno e dieci mesi di reclusione con l’accusa di tentato omicidio. Per il pubblico ministero, Davide Ercolani, che aveva chiesto 14 anni, l’uomo voleva uccidere. Stando alle conclusioni del medico legale Pier Paolo Balli, senza le braccia della donna quel colpo avrebbe potuto avere un esito letale. Gli avvocati del 42enne, Umberto De Gregorio e Massimiliano Orrù, avevano puntano alla derubricazione del reato in lesioni gravi e respinto l’ulteriore accusa di maltrattamenti in famiglia: “Fu un episodio occasionale di un uomo che perse la testa”. La difesa, inoltre, ha sempre sostenuto che il marito, quella sera, voleva semplicemente distruggere il cellulare della donna per costringerla a smettere di parlare con un amico: “Nessuna intenzione di ucciderla”.
Il giudice, però, questa mattina ha confermato l’impianto accusatorio e il conseguente capo d’imputazione: tentato omicidio. L’albanese, che resta in carcere, dovrà anche risarcire i danni morali nei confronti delle parti civili, 60mila euro alla compagna – assistita dall’avvocato Fiorenzo Alessi – e 3mila alla Gens Nova Onlus, associazione che si occupa della tutela delle donne vittime di violenza, rappresentata dall’avvocato Elena Fabbri.