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Tumore al colon: pochi allo screening ma la colonscopia non deve fare più paura

In foto: Il dottor Salzetta a Tutta salute
Il dottor Salzetta  a Tutta salute
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mar 15 dic 2020 14:21 ~ ultimo agg. 16 dic 15:20
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Dopo quello al polmone, il cancro al colon retto è la seconda causa di morte per tumore, sia negli uomini che nelle donne, anche perché molti non partecipano allo screening. In Emilia-Romagna infatti, Solo la metà delle persone invitate aderisce. Così, purtroppo si muore di tumore al colon perché la diagnosi, nella maggiorparte dei casi, arriva troppo tardi.

Ospite di Lucia Renati stasera alle 20:35 sul Icaro Tv (canale 91) nello studio di Tutta salute il Dott. Antonio Salzetta – direttore dell’unità operativa complessa dell’ospedale di Faenza e presidente AIGO Emilia Romagna, l’associazione dei gastroenterologi.

Con l’emergenza COVID, la situazione non è di certo migliorata: con gli ospedali pieni e la precedenza che viene data ai malati in terapia intensiva, la prevenzione e l’affluenza agli screening rischiano di subire un’ulteriore battuta d’arresto. È per questo che la regione ha lanciato la campagna regionale ‘La prevenzione illumina’. 

Tumore al colon-retto. Il più diffuso, ma la diagnosi arriva troppo tardi

Con 53mila casi l’anno, il tumore al colon retto è la seconda neoplasia più frequente fra quelle maligne, sia nell’uomo che nella donna. Ma solo il 47% dei cittadini esegue l’esame del sangue occulto nelle feci, un test in grado di ridurre del 20% la mortalità.
Circa l’80% dei carcinomi del colon-retto insorge a partire da lesioni precancerose. Tra i fattori di rischio, ci sono stili di vita errati, elevato consumo di carni rosse ed insaccati, farine e zuccheri raffinati, sovrappeso ed attività fisica ridotta, fumo ed eccesso di alcol. Ma in circa un terzo dei tumori del colon-retto conta anche la storia familiare e la presenza di altre patologie come malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa.
Al termine del 2019, su una popolazione di 1.272.130 abitanti è stato invitato allo screening del sangue occulto fecale il 95% e solo il 53% ha aderito. Inoltre, 1 persona su 4 nella fascia di età tra 50 e 69 anni non ha mai eseguito alcun esame di prevenzione dei tumori del colon retto.
Con l’emergenza COVID, la situazione non è di certo migliorata: con gli ospedali pieni e la precedenza ai malati in terapia intensiva, la prevenzione e l’affluenza agli screening rischiano di subire un’ulteriore battuta d’arresto. Per questo motivo in Area Vasta Romagna è stato attivato un servizio di chiamata telefonica automatica rivolta alla popolazione cui è stata inviata una lettera d’invito ad eseguire il test.
Il tumore al colon retto ha un tasso di sopravvivenza tra i più bassi: solo l’11% dei pazienti infatti, è vivo a 5 anni. Un dato inevitabile visto che il 25% delle diagnosi di questo tipo di tumore avviene in fase avanzata. Grazie all’attività di screening, in Emilia Romagna dal 2005, ogni anno è stato possibile intervenire con cure efficaci, diminuendo l’insorgenza dei tumori del colon retto del 30% e riducendo, sempre del 30% anche il tasso di mortalità.

La sopravvivenza a 5 anni in Italia è pari al 60,8% per il colon e al 58,3% per il retto, ma quando il tumore attacca sia il colon che il retto la sopravvivenza a 5 anni cala drasticamente all’11%.

Lo Screening ogni anno permette d’individuare circa 2300 persone con lesioni pretumorali. Ogni 1000 persone 45 risultano avere sangue occulto fecale, 7 una lesione pretumorale e a 1 viene diagnosticato un tumore del colon retto in fase iniziale.