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caso shalabayeva

L'ex questore di Rimini Maurizio Improta condannato a cinque anni

In foto: L'ex questore di Rimini Maurizio Improta
L'ex questore di Rimini Maurizio Improta
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 15 ott 2020 12:05 ~ ultimo agg. 18:36
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Condannati tutti gli imputati nel processo per l’espulsione di Alma Shalabayeva e di sua figlia avvenuta nel 2013. La sentenza dei giudici del Tribunale di Perugia è arrivata ieri, dopo otte ore di camera di consiglio. Alla lettura del dispositivo erano presenti in aula tutti gli imputati tra cui l’ex capo della Squadra Mobile di Roma e attuale questore di Palermo Renato Cortese e l’ex questore di Rimini, all’epoca dei fatti capo dell’ufficio immigrazione della questura capitolina e ora al vertice della Polfer, Maurizio Improta.

I giudici hanno condannato Renato Cortese, Maurizio Improta, e i due poliziotti Francesco Stampacchia, Luca Armeni a una pena di cinque anni di reclusione e all’interdizione perpetua dei pubblici uffici. Il giudice di pace Stefania Lavore è stata condannata invece alla pena di due anni e sei mesi di reclusione. Gli altri poliziotti, Stefano Leoni e Vincenzo Tramma sono stati condannati rispettivamente a tre anni e sei mesi e a quattro anni di reclusione. Tutti gli imputati, ad eccezione del giudice di pace, sono stati condannati per sequestro di persona. Riconosciuti inoltre dai giudici anche diversi episodi di falso. Le condanne inflitte sono state superiori a quelle richieste da pubblico ministero Massimo Casucci nella requisitoria del 23 settembre.

Sette anni fa, secondo l’accusa, gli imputati sarebbero passati sopra diritti umani e procedure per caricare su un aereo e rispedire in tutta fretta al paese d’origine Alma Shalabayeva, moglie del controverso dissidente kazako, Mukhtar Ablyazov, assieme alla figlioletta di sei anni.

“Leggeremo le motivazioni e faremo appello come è giusto che sia”, ha affermato l’avvocato Ali Abukar Hayo, difensore di Maurizio Improta. “Qui si parla di un reato di sequestro di persona. Il problema per noi è il fondamento del fatto stesso. Noi riteniamo di aver dimostrato che non sussistono elementi del fatto così come ha ritenuto invece il Tribunale”, ha sottolineato il difensore dopo la lettura della sentenza.