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Il commento dell'assessore

Educazione familiare, poche richieste a Rimini

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
sab 10 ott 2020 16:14 ~ ultimo agg. 16:16
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Sono poco più dello 0,12% le famiglie che hanno chiesto per l’anno scolastico in corso la possibilità di poter usufruire dell’educazione familiare, definita anche istruzione parentale.  30 persone su un totale di più di 25 mila iscritti nelle scuole riminesi. L’assessore alla Scuola del Comune di Rimini parla di una scelta da rispettare perché legittima e riconosciuta dallo stesso Ministero, per quanto poco diffusa in Italia, che però in alcuni casi lascia il dubbio che abbia alle spalle non motivazioni pedagogiche ma la volontà di aggirare i vaccini. Ribadendo che “la scuola rimane un luogo sicuro e la classe un’esperienza positiva per la ripartenza dei nostri figli”.


L’intervento dell’assessore Morolli:

Cos’è l’educazione famigliare?

l’istruzione parentale o famigliare è quella impartita direttamente a casa dai genitori o con il supporto di un tutor. Si tratta di gruppi di pochi bambini, 5 o 6, che si riuniscono in una casa e lì seguono un programma di istruzione che non segue necessariamente quello ministeriale. Homeschooling infatti non significa aprire scuole a casa, quelle si chiamano “scuole parentali”, ma organizzare un tipo di istruzione che coinvolge i genitori in prima persona e chiunque abbia voglia di trasmettere competenze.
Un diritto garantito dallo Stato, una pratica perfettamente legale. Basta inviare una comunicazione scritta alla direzione didattica di competenza ogni anno per l’anno successivo segnalando i nomi dei bambini che non si presenteranno a scuola. Il genitore deve allegare inoltre l’autocertificazione attestante le capacità tecniche e le possibilità economiche della famiglia.
Lo Stato può fare controlli se ha forti dubbi sull’assolvimento dell’obbligo scolastico , o se la famiglia sfugge ad ogni contatto. Il rischio più temuto è ovviamente quello della dispersione scolastica che sta cominciando a ricrescere in tutta Italia, anche a causa delle chiusure delle scuole durante il periodo del lockdown.

Poco diffusa in Italia

L’istruzione famigliare è diffusa nei paesi anglosassoni, basti pensare che negli Usa sono più di due milioni i bambini istruiti a casa. In Italia invece è sempre stato un fenomeno marginale, anche se le paure dovute alla pandemia di Covid ha dato nuova spinta al fenomeno. A Rimini, più di altri territori, ha storicamente avuto rappresentanza, anche perché si tratta di uno dei punti cari al movimento no vax, visto come alternativa, o via di fuga, per aggirare gli obblighi vaccinali scolastici. Un fenomeno che, nonostante la connotazione ideologica data da questi ultimi, e numeri alla mano, si dimostra ininfluente o con un impatto molto basso. Questo nonostante i recenti appelli dei vari “popoli” no mask e no gel che hanno più volte paventato un ritiro di massa dalle scuole che, nei numeri, viene però smentito.

Motivi diversi, alcuni destano perplessità

Non esistono storie uguali dietro le diverse scelte e non conosco quelle di queste famiglie. Si tratta di percorsi che vanno rispettati, essendo pienamente legittimi. In certi casi permangono però alcuni dubbi al riguardo, soprattutto quando a prevalere è l’aggiramento di un obbligo, di una norma sanitaria di tutela collettiva, come quella dei vaccini, piuttosto che scelte pedagogiche.
Quello che è innegabile è che la scuola rappresenti il più importante luogo di socializzazione, la più grande palestra emotiva e didattica a nostra disposizione, e non può essere sostituita da nulla di diverso.

Non voglio sottovalutare i dubbi e le paure sul Covid che, a livello nazionale, hanno spinto alcune famiglie a rinunciare alla scuola per l’educazione in casa. Anzi è proprio a loro che mando un appello perché, nonostante questo sia l’anno scolastico più difficile, la scuola rimane un luogo sicuro e la classe un’esperienza positiva per la ripartenza dei nostri figli. Lo abbiamo visto poche settimane fa, nel primo giorno di scuola, con bimbi che riprendevano i loro posti commossi per aver finalmente rivisto la maestra e i compagni di classe.
Numeri di domande così bassi nel riminese, in un momento pieno di incognite come l’attuale, ci indicano che la strada intrapresa con le direzioni didattiche e l’Ufficio scolastico regionale è quella buona. Il contrasto  alla dispersione scolastica è infatti uno degli impegni che come territorio ci siamo dati, investendo in maniera importante per ridurre il digital divide e dare alle famiglie tutti gli strumenti necessari per sostenere i propri figli. Non si tratta di educazione parentale, ma di inclusione sociale attraverso la scuola ed una didattica quanto più possibile accessibile per tutti, nessuno escluso.
La scuola, non dimentichiamolo, rimane infatti uno dei luoghi principali di socializzazione dei bambini e dei nostri ragazzi.