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Impianto offshore

Eolico. Il nuovo intervento di Basta Plastica in Mare

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 13 lug 2020 19:02
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Il Comitato Basta Plastica in Mare torna ad intervenire in maniera critica sul progetto dell’eolico off shore davanti alla costa riminese.
L’ecologia si spende per la salute dei beni ambientali – si legge in una nota –: Aria Terra, Acqua. Per questo l’energia rinnovabile non può essere obsoleta né in-sostenibile, mentre il progetto offshore eolico in Romagna lo è. E’ una speculazione del bene comune che conviene solamente ai propositori (e a chi lo sostiene)”. “Sull’interesse di ecologisti della nostra associazione per ridurre le emissioni di Co2 e incrementare le energie rinnovabili – prosegue – non c’è neppure da provarsi a metterlo in dubbio. Invece sul grande ritardo su solare, moto ondoso, biogas da rifiuti organici e anche eolico – dove biocompatibile nella provincia di Rimini – è vero, siamo in grande ritardo. Dire che è per la mancanza di visione e progettualità di chi evidentemente ha amministrato fin qui, è forse strumentale?” Nel mirino finisce il presidente della provincia. “Nei giorni scorsi l’associazione Basta Plastica in MARE si è ripetutamente chiesta come mai il Presidente Santi, abbia definito così, cioè strumentale, l’opposizione formale e molto ben argomentata dal punto di vista tecnico, legale, economico e naturalistico redatta da esperti per un’associazione del territorio che egli amministra e il cui statuto ha nella tutela del mare la propria missione. Stiamo parlando del megaprogetto eolico offshore antistante poche miglia la costa da Rimini a Cattolica, e delle concessioni richieste dalla società di scopo Energia Wind 2020 che ci risultano essere le uniche considerazioni contro ufficialmente presentate dall’associazionismo e la società civile del Riminese alla Capitaneria di Porto di Rimini e per conoscenza a Provincia, Comune, Regione E-R e Ministero della Terra e del Mare. Ne siamo rimasti stupiti per le tante ragioni che noi insieme ad altri, dai pescatori al nostro Sindaco, abbiamo già tutti comunicato: naturalistiche, sociologiche, tecniche, economiche, etc. etc.
A convalidare queste argomentazioni – prosegue la nota –, soprattutto sulla speculazione della società di scopo e il progetto inadeguato nonché superato che nulla ha a che fare con “purché non nel mio giardino” ci pare utile portare un esempio molto meno traumatico e invasivo presentato per il Mare Mediterraneo (non il nostro piccolo Adriatico) del quale attualmente, e comunque, si discute. Parliamo del Canale di Sicilia, a una distanza di oltre 35 chilometri da Marsala e altrettanti dalle Egadi, in direzione della Tunisia, dove una società danese con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partners, specializzato in grandi progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo, investe 741 milioni di euro.
E non si tratta di un progetto già vecchio perché nato nel 2006 come “il nostro” sostenuto da ex-verdi della politica, ma presentato poco prima dello scoppio della pandemia al Ministero dell’Ambiente e al Ministero delle Infrastrutture, da avviarsi nel 2023. 7Seas Med è composto da 25 pale galleggianti da 10 megawatt ciascuna e sarà in-visibile dalla costa siciliana, poiché il fondale di circa 300 metri di profondità rende impossibile installarvi delle normali turbine offshore fisse che non potrebbero superare una profondità di 50-60 metri. Ecco comprensibile, il motivo per il quale, dati i nostri bassi fondali e le fragili motivazione addotte dai sostenitori – piacciono alle motonavi di turisti – da noi sarebbe facile ed economicamente conveniente, installarli vicino alla costa e fissi. Sì conveniente, ma per chi?” conclude l’associazione.