Dalla Fipe una campagna contro la concorrenza sleale


La Federazione dei Pubblici Esercizi – FIPE ha lanciato a livello nazionale “Per non mangiarsi il futuro”, un’iniziativa di contrasto a quelle che l’associazione ritiene le più diffuse e dannose forme di abusivismo: circoli privati, cene in campagna, finti agriturismi, home restaurant, solo per citarne alcuni. Il manifesto è stato trasmesso ai vice premier Salvini e Di Maio e al Ministro delle Politiche agricole e del Turismo, Centinaio.
Per sostenere tale appello, la Federazione ha organizzato una raccolta firme attraverso il form on line al link: https://forms.gle/7bKTBVQyCdttszxQ7
Tra i primi firmatari anche 80 chef stellati: Sandler, Cracco, Giordano e tanti altri. Commenta Gaetano Callà, presidente di FIPE – Confcommercio della provincia di Rimini: “Nel settore della ristorazione stiamo assistendo ad una totale deregulation, con iniziative e forme di somministrazione di alimenti e bevande in cui non vengono rispettate le più elementari regole, dalle norme igienico-sanitarie e di sicurezza, fino a quelle fiscali, a quelle relative alla somministrazione. Ci riferiamo a sagre non autentiche, artigiani che somministrano, ristoranti mascherati da circoli privati, feste di partito, ristorazione in mezzo ai campi. Perché se non ti chiami “pubblico esercizio”, non importano i servizi igienici, la presenza di spazi per il personale, gli ambienti di lavorazione corretti, la maggiorazione sulla Tari e il rispetto delle normative di pubblica sicurezza.
Una “disparità, che vede dall’altra parte, dalla parte delle regole, ristoratori che devono sottostare ad una moltitudine di adempimenti, molti dei quali atti proprio alla tutela dei consumatori, e che offrono un contributo all’economia del Paese e alla qualità che fa della ristorazione italiana un’eccellenza mondiale”.
“Non è una lotta corporativa: non siamo assolutamente contro alle nuove forme e possibilità che apre il nostro mestiere anzi, ne siamo tra i principali promotori. Innovazione è vita, è evoluzione, è tendenza, ma quando il settore è lo stesso, devono essere uguali anche le regole a cui sottostare.
Continuando così, il rischio è un impoverimento del Food in Italy: la disparità di condizioni non genera soltanto concorrenza sleale, ma nel momento in cui le attività di ristorazione chiudono, (magari per reinventarsi in esercizi più semplici dove tagliare i costi) si avranno nel prossimo futuro effetti immaginabili sulla qualità del prodotto, sui rischi alimentari dei consumatori, sull’occupazione del settore e sull’attrattività delle nostre città. Per questo chiediamo a tutti di sostenere l’iniziativa sottoscrivendo la petizione”.
La piattaforma Home Restaurant nei giorni scorsi ha già replicato tramite l’Ansa alla campagna in questione specificando di essere regolata dal parere dello stesso Ministero: “Fipe in questi anni ha adottato una linea dura contro un settore in crescita e innovativo come quello degli Home Restaurant perfettamente regolato dal parere del Ministero dell’interno del 1 febbraio 2019”. Secondo il ministero, infatti, ricordano gli Home Restaurant, “se l’attività è diretta a particolari soggetti ed è svolta occasionalmente, non sarà assoggettata alla disciplina di somministrazione di alimenti e bevande. In caso contrario e quindi se rivolta a un pubblico indistinto, sebbene esercitata occasionalmente, sarà classificata come somministrazione di alimenti e bevande.
La Fipe, precisano, “non può denigrare un settore in forte crescita che si discosta di molto dall’offerta proposta dalla normale ristorazione, quanto invece dovrebbe vederla come un’attività di promozione e valorizzazione del territorio. È paradossale come in questo paese qualsiasi innovazione venga vista come un male”. E aggiungono, “a differenza di altre aziende del settore siamo in regola e spingiamo in nostri clienti ad esserlo con le norme vigenti. Mi sembra ovvio che gli Home Restaurant, in palese contrasto con quello della normale ristorazione, non può avere le stesse regole di quest’ultima, ma deve essere posto su un piano diverso in quanto offre un’esperienza calorosa, dove il cliente anche se deve essere definito ospite, si deve sentire a casa e volendo provare le prelibatezze del luogo”.