Indietro
menu
Altro Vita della Chiesa

Il battesimo? Nessuna fretta

In foto: Viaggio nell'Albania di casa nostra (2): cattolici fra speranze e difficoltà OGNI GIOVEDI’ sera alle 18 la piccola comunità cristiana di Kuçove si ritrova per la celebrazione eucaristica. E’ orario di lavoro per cui certamente la comunità non è al completo. Per lo più sono presenti giovani e giovanissimi, qualche donna e papà.
<img src= Viaggio nell'Albania di casa nostra (2): cattolici fra speranze e difficoltà OGNI GIOVEDI’ sera alle 18 la piccola comunità cristiana di Kuçove si ritrova per la celebrazione eucaristica. E’ orario di lavoro per cui certamente la comunità non è al completo. Per lo più sono presenti giovani e giovanissimi, qualche donna e papà.">
di    
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
dom 5 ago 2001 10:23 ~ ultimo agg. 00:00
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Una Messa

in canto

La Messa non è breve, ma molto partecipata. Vissuta senza fretta con i vespri cantati; dopo ogni salmo viene fatta risonanza, dando la possibilità ad ogni presente di sottolineare un versetto leggendolo a voce alta. Intorno all’altare molti sono vestiti di bianco; oltre ai ministri sono i neobattezzati, fieri di mostrare l’abito della “vita nuova”.

Don Giuseppe predica in italiano, una ragazza traduce. Sarà una costante che incontreremo lungo tutto il viaggio. Sono pochi i missionari che si avventurano a predicare in lingua albanese, una lingua difficile, dissimile anche da quelle slave, già di per sé per noi indigeste.

La lingua albanese:

che fatica!

Sulla questione comunque è in corso un confronto. Padre Prele Gurashaj, montenegrino, amministratore apostolico di una delle zone a nord, per esempio, contesta questo atteggiamento:
“E’ vero, – ci dice – la lingua è difficile e gli albanesi vi facilitano con la loro conoscenza dell’italiano, ma credo sia un segno di attenzione e di rispetto della cultura locale, quello di imparare la loro lingua. Senza poi contare le imprecisioni nella traduzione”.
Il problema è che molti missionari sono “fidei donum” (cioé provengono dalle diocesi italiane e sono destinati alla missione per un tempo limitato). Questo non aiuta nell’affrontare un impegno certamente gravoso come la lingua. Don Giuseppe comunque conosce e parla la lingua albanese, ma nell’omelia preferisce affidarsi al traduttore.

“I catecumeni

escano”

Dopo la Parola di Dio ed il credo in ogni messa c’è il commiato ai catecumeni, a coloro che si preparano al battesimo. Lasciano la chiesa, che si svuota per metà. La partecipazione alla Liturgia eucaristica sarà loro permessa solo dopo il battesimo.

In effetti la comunità di Kuçove è davvero piccola. La continua migrazione, soprattutto dei giovani, verso le grandi città come Tirana, o addirittura in Italia, Grecia, Turchia, impoverisce continuamente una comunità in origine già minuta. Kuçove infatti è nel sud dell’Albania, sud per lo più musulmano o ortodosso. La parte cattolica più numerosa è invece nel nord, nella zona di Skutari e sulle montagne di Mirdita (traduzione letterale Buongiorno), dove in alcune zone supera anche il 50% della popolazione.

La comunità di Kuçove, dopo le ultime partenze non supera i quaranta-cinquanta battezzati; qualcosa in meno sono i catecumeni, molti i simpatizzanti. La situazione si ripete più o meno analoga nell’altra città della Missione diocesana, a Berat.


Il battesimo?

Non c’è fretta

Non sono pochi coloro che richiedono il battesimo, ma don Giuseppe non ha fretta, tanto da sembrare un po’ rigido ad un osservatore esterno:
“E’ nostro desiderio che chi si avvicina alla fede faccia un cammino ed il catecumenato è questa possibilità. Noi abbiamo tanti giovani che chiedono il battesimo, ma sono spesso incosistenti, non hanno stabilità. Del resto senza una vera tradizione, un contesto ed una famiglia cristiana che punti di riferimento possono avere? Chi vive il catecumenato è più attento alla crescita nella fede di chi è battezzato, che tende a vivere un po’ di rendita”. Insomma meglio una gallina domani che un uovo oggi.


Una scelta non sempre facile, che a volte crea malumori: “Valbona, per esempio,- mi dice don Giuseppe – che ha vent’anni, mi ha contestato anche a muso duro. Abbiamo ragionato un po’ e poi ha accettato”.


Sorrido pensando a quanti, con questi criteri, sarebbero i battezzati in Italia.

Una rigidità che trova però le sue motivazioni anche nella reazione all’atteggiamento di alcuni sacerdoti e missionari che, soprattutto nei primi anni del dopo-comunismo, hanno battezzato a destra e manca, senza un’opportuna preparazione e spesso confondendo nella testa della gente la fede con l’aiuto economico che giungeva dalla comunità cristiana. “Oggi – ci dice Il Vescovo di Skutari mons. Angelo Massafra, un arbresch (italiano di origine albanese) – Caritas e Catechesi camminano ben distinte e guai se non fosse così”.


Nord e sud

due volti di chiesa

Le differenze fra le comunità del Sud e Nord del Paese non sono poche. Il cattolicesimo del Nord infatti si qualifica per il suo tradizionalismo, che gli ha permesso, fra sofferenze indicibili di far fronte a persecuzioni e violenze di ogni genere.
Oggi però, rispetto alle comunità del Sud, che non hanno forti tradizioni e quindi sono più disponibili al nuovo e ricche di tensione missionaria, appaiono più rigide di fronte a ciò che è innovativo e conciliare. Comunità dunque con una forte testimonianza alle spalle ed un importante legame alla tradizione, ma che corrono il rischio di essere fuori della storia.

Giovanni Tonelli