Una "normale" serata al pronto soccorso. Il racconto del dottor Paolizzi


Riceviamo e pubblichiamo una nota del dottor Corrado Paolizzi nella quale racconta quanto visto di persone accompagnando un paziente al Pronto Soccorso riminese e lancia un appello a "chi ha il compito di organizzare o riorganizzare il nostro sistema sanitario".
"Ieri sera - racconta - sono stato in PS “accompagnando” una mia Paziente con una grave emorragia cerebrale (prima di tutto grandissimi complimenti all’équipe del 118 comprensiva di auto medicalizzata; BRAVISSIMI, onore a voi). giunto in PS… un girone dell’inferno dantesco. Tante persone in attesa in fila, tutte con almeno un accompagnatore. Tante persone vocianti (forse non mi lamenterò più della confusione in sala d’attesa del mio ambulatorio, oppure pretenderò il silenzio in maniera molto più energica). Qualcuno medicato che con altri già accuditi, verosimilmente erano giustificati per l’accesso in pronto soccorso; altri che onestamente sarebbe stato da chiedergli per quale motivo non si erano recati dal loro Medico di famiglia o da uno dei suoi colleghi della medicina di gruppo, al massimo al CAU. Questi ultimi cittadini comunque, meriterebbero uno di quei ticket senza nessunissima esenzione, ma ticket da piegare le gambe! Altro che istituire i ticket sulle medicine! Purtroppo, dalla politica non arriveranno mai provvedimenti da statisti, ma al massimo da tappabuchi. La povera infermiera del Triage, impegnata a spiegare ad un tizio, in quel frangente forse più devoto a Bacco che meritevole di Esculapio, che appena arrivato già pretendeva di entrare immediatamente, l’infermiera che gli spiegava che erano tutti impegnati in tre codici rossi appena arrivati. Mi sono tornati in mente i tempi di quando ero nettamente più giovane e lavoravo anch’io in ospedale, praticamente muovendomi come i miei colleghi attuali e come gli infermieri e come gli OSS, ossia come una pallina nel flipper. A differenza del personale attuale, questi in mano hanno sempre tantissima carta che devono conciliare con programmi e gestionali, a prova che il cancro della burocrazia ha colpito duramente anche loro. Questo mio racconto ha solamente due speranze. La prima che il mio ringraziamento per ciò che fanno tutti i giorni, giunga a tutto il personale del pronto soccorso, dal primario all’ultimo addetto alle pulizie. La seconda speranza è che chi ha il compito di organizzare o riorganizzare il nostro sistema sanitario, la nostra SANITÀ, lo faccia pensando che un giorno chiunque di noi, anche coloro che hanno il compito di gestire sotto ogni aspetto la res publica, potrebbe non essere seduto tranquillamente ad una scrivania, ma disteso a terra e poi su una barella del 118, quindi del pronto soccorso, e fin dal primo momento avere attorno qualcuno di questi eroi (non esagero) impegnato per migliorargli o salvargli la vita. Ho sempre detto e scritto che la sanità è un concerto che inizia dal portinaio dell’ospedale o dalla segreteria della ambulatorio del medico di base, attraverso tutto il territorio, giunge talvolta in ospedale, e finisce con i ministri della sanità e dell’economia; chiunque stoni in questo percorso rende il concerto non solo non gradevole, ma pericoloso."