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Cesena Newsrimini

‘La Palla al piede’ con Luca De Filippo in scena al Bonci di Cesena

di Redazione   
Tempo di lettura 3 min
Mar 25 Feb 2003 16:59 ~ ultimo agg. 7 Mag 08:31
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Per informazioni e prenotazioni: la biglietteria del Teatro 0547/355959.

La presentazione dello spettacolo a cura della compagnia:

LA PALLA AL PIEDE
Di Georges Feydeau

Un geniale creatore di “bombe ad orologeria”, di congegni assolutamente perfetti, ideati per l’effetto comico, in cui niente è lasciato al caso: questo è alla prima lettura Georges Feydeau.
La sua è una comicità assolutamente trascinante, ottenuta senza volgarità, senza forzature, con meccanismi razionali di alta precisione, pur all’interno di situazioni, di passaggi vagamente surreali.
Ma c’è qualcosa di più.
Scrive infatti di Feydeau Jean-Louis Barrault: “Dopo le farse di Moliére le cose migliori le ha scritte lui: la sua profonda umanità non perde mai di vista la verità, anche nei momenti in cui si lascia andare alla più pazza immaginazione. (….) la risata zampilla rapida e leggera, mai volgare perché l’autore è sempre cosciente e guarda il mondo con lo sguardo innocente del bambino. Le ridicolaggini vengono dalla vita e non dai personaggi che sono per la maggior parte toccanti.”

“La palla al piede” è una sorta di “commedia degli equivoci” che ruota attorno ad un amante libertino e spiantato che si vuol finalmente sistemare con una “ragazza di buona famiglia”, ma non riesce a troncare la relazione con una cantante, che anzi viene scritturata per rallegrare la sua festa di fidanzamento.
Intorno a loro un gruppo di personaggi teatralmente “straordinari”: un generale sudamericano innamorato della soubrette, sua sorella ed il suo ex marito, la madre della promessa sposa, un librettista di canzoni, un ospite “scomodo”, e (da locandina) “domestici, uomini e donne, uno sposalizio, due agenti….”.

LE RAGIONI DI UNO SPETTACOLO
di Luca De Filippo

Il mio incontro con questo genere teatrale, che furoreggiò in Francia verso la fine dell’Ottocento, prima o poi doveva avvenire. Se ci si pensa bene, era del tutto naturale.
La pochade e il vaudeville, infatti, fanno parte delle mie radici teatrali. Eduardo Scarpetta, mio nonno, ne fece le fondamenta del suo teatro, traendone delle riduzioni, ambientate a Napoli, talmente memorabili e personali che persino la SIAE le riconobbe come opere originali. Non ambisco a tanto, ma certo, al di là dei risultati, la curiosità di visitare quel monso mi sembra più che comprensibile ed anche, in un certo senso, inevitabile.
Questa è la ragione per cui, con l’aiuto di Carolina Rosi, che conosce il francese molto meglio di me, ho curato pure la traduzione e l’adattamento di questo spettacolo. Era l’unico modo che avevo per approfondire seriamente l’argomento.
Feydeau è un autore magnifico. Quello che colpisce è la sua capacità, per non dire necessità, di costruire sulla carta uno spettacolo, immaginandolo e descrivendolo, attraverso le didascalie, fin nei minimi particolari, in modo quasi maniacale. Ne deriva una struttura severa che, pur con meccanismo comico, racconta la drammaticità di una classe sociale chiusa in se stessa, la quale, in modo claustrofobico, lentamente si autofagocita. I rapporti interpersonali sono di una crudeltà e di una violenza insolite. I personaggi non sono altro che fantocci, privi d’anima, ridotti ad ingranaggio di un meccanismo mancante d’utilità e fine a se stesso. Queste porte, che si aprono e si chiudono, che nascondono e rivelano e che non conducono se non al punto di partenza, sono parte di un labirinto inestricabile. Un formicaio impazzito visto dall’alto. E’ la visione di un mondo che sta morendo. Alle soglie della prima guerra mondiale. Desidero solo aggiungere che mi sono permesso qualche piccola libertà nell’adattamento. Per puro piacere personale. Spero vorrete perdonarmelo.

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