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Casa Madiba. Il Comune denuncia l’occupazione: ‘a Bologna altro percorso’

di Redazione   
Tempo di lettura 2 min
Mer 18 Dic 2013 17:08 ~ ultimo agg. 17 Mag 00:19
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Poi sono partiti per la manifestazione di Bologna contro l’ipotesi di riapertura del CIE di via Mattei.
L’occupazione promossa dal Laboratorio Paz è cominciata undici giorni fa. Oggi nello stabile vivono quattro ragazzi di Senegal, Togo, Niger e Costa d’Avorio. Si servono di un generatore e, raccontano, hanno usato le loro abilità manuali per interventi di riqualificazione: ci sono dei lampadari fatti coi coperchi della vernice. Terminato il programma di accoglienza per i profughi attivato dopo la guerra in Libia, hanno cercato altre sistemazioni scontrandosi però in Italia con il caporalato o all’estero con problemi di permessi di soggiorno. Chiedono una sistemazione che dia più respiro della prima accoglienza.
A Casa Madiba il Paz ha promosso anche iniziative di autofinanzamento e confronto su antirazzismo ed emergenza casa nell’ambito di un progetto per destinare a uso sociale lo stabile.
Ma intanto c’è una denuncia presentata dal Comune perché un’occupazione non è comunque una situazione tollerabile, spiega il vicesindaco Gloria Lisi che aveva avuto nei giorni precedenti un incontro col Paz.
Sono sbagliati i presupposti, specifica la Lisi. “A Rimini ci sono 1.400 famiglie che aspettano una casa, cosa succederebbe se tutti decidessero di occupare? E ci sono tante associazioni che hanno presentato progetti per chiedere spazi. Il Paz in due anni e mezzo non lo ha mai fatto”. Per i quattro ragazzi africani il Comune aveva subito una risposta e non in strutture di prima accoglienza, ma di medio periodo nei nuovi posti messi a disposizione di recente dal Comune con l’impegno a cercare una situazione più duratura.
Tra le rivendicazioni del Paz non mancano temi condivisibili ma è mancato il confronto, ribadisce l’assessore. Confronto che invece c’è stato a Bologna dove il Comune ha assegnato ai profughi un’ex scuola, esperienza citata dal consigliere comunale Pazzaglia a sostegno di Casa Madiba.
Là il progetto per l’integrazione dei profughi presentato da un gruppo di associazioni che si sono consociate è stato condiviso con l’Amministrazione Comunale, spiega la Lisi, e ci sarà un monitoraggio periodico.
Restano, di fondo, i limiti dell’esperienza dell’Emergenza Nord Africa. Una volta terminata, il Comune di Rimini aveva aperto a tutti l’accesso al Fondo Europeo per i Rifugiati ma la norma nazionale ha deciso che non potessero accedere i profughi per motivi umanitari.

(Newsrimini.it)

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