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Arlotti (Ulivo): le case rurali, un patrimonio da salvaguardare

di Redazione   
Tempo di lettura 3 min
Gio 3 Ago 2006 08:49 ~ ultimo agg. 11 Mag 18:33
Tempo di lettura 3 min

Il patrimonio architettonico rurale di Rimini rappresenta la storia e l’identità di un territorio prevalentemente legato all’agricoltura fino a qualche decennio fa.
In particolare il territorio provinciale, ma anche quello comunale, era ricco di abitazioni rurali o “case coloniche” che hanno dato proprio vita ad una tipica abitazione detta “cesenate-riminese”.
Purtroppo, la scarsa consapevolezza dell’importanza culturale di queste strutture è stata la principale causa che ha determinato una vera e propria decimazione delle stesse.
Dobbiamo ammettere che ciò è potuto avvenire perché anche le istituzioni non sono state abbastanza attente alla “conservazione” e valorizzazione di questo importante patrimonio che rischia di scomparire definitivamente.
I recenti casi di abbattimenti dell’antica casa colonica vicina al miliario della Colonnella, demolita per far posto ad una palazzina qualsiasi, la demolizione della casa colonica all’ingresso del ciambellone (colosseo è un termine che proprio non gli si addice) eseguita per fare qualche parcheggio, oppure la recente demolizione della casa colonica vicino alla Coca Cola, o le demolizioni recentissime di una casa colonica fra la via Turchetta e via Popilia e di una complesso colonico dinanzi alle carceri sono gli ultimi episodi che voglio ricordare.
C’è quindi la necessità di invertire la rotta per salvaguardare un patrimonio altrimenti destinato alla scomparsa.
E’certamente vero che le case di oggi sono ben diverse da quelle di cinquanta anni fa ma non per questo è necessario cancellarne la memoria, basterebbe un pochino di attenzione in più e un po’ di buon senso da tutte le parti, Istituzioni comprese.
Infatti,quando non vi è la demolizione si ha la “ristrutturazione”.
Attenzione, ristrutturare non ha nulla a che vedere con restaurare, anzi è l’opposto, vuol dire creare una struttura pressochè nuova. Nel migliore dei casi è solo grazie alla sensibilità dei singoli proprietari che qualcosa dell’originaria struttura resta in piedi ma spesso le aperture vengono completamente rifatte e sconvolte, i forni demoliti i pozzi interrati le grotte chiuse ecc.. ecc..
Gli strumenti urbanistici segnalano la presenza di alcuni di questi edifici e dettano delle norme più o meno rigide, ma alla luce dei risultati credo sia del tutto ovvio che ocorra definire nuove norme per evitare che la “stellina” alla fine non basti per evitarne la demolizione.
Inoltre queste case hanno e nascono con pertinenze e dotazioni di verde importanti (dovute alle aie ed agli appezzamenti di terreno agricolo).
Se a volte succede che la casa si salva, comunque gli si costruisce attorno in maniera da avvilirne non solo la struttura ma anche il territorio. Sono questi i casi di alcune costruzioni all’inizio della Marecchiese o della bellissima casa colonica di proprietà del Comune in località Santa Giustina. E questo è uno dei casi più frequenti; in località Spadarolo e Vergiano vi sono case che potrebbero fare la stessa fine se non si interverrà tempestivamente.
Chiedo quindi al neo Assessore all’Urbanistica se non intenda:
1.procedere ad un censimento aggiornato di tutto questo patrimonio che rischia di essere gravemente compromesso e disperso;
2.di attivare un confronto con la Soprintendenza che abbia come obiettivo quello di creare sinergie fra le due Amministrazioni;
3.se non ritenga giusto cogliere la redazione del Piano Struturale inserendo una Carta Tematica dedicata a questo tipo di strutture per meglio salvaguardarle

Chiedo inoltre che la Amministrazione Comunale si attivi ed individui adeguate risorse per intervenire con tempestività sia sulla citata casa di Santa Giustina, sia sulla Casa Poggi di San Vito (entrambe di proprietà del Comune) posta al centro del parco e che potrebbe essere utilizzata come centro civico e luogo di aggregazione, non essendoci a San Vito strutture a ciò deputate.

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