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lavoro che dà dignità

Luca, Andrea, Sabrina e Gennj, le storie della Formica

In foto: Cooperativa sociale la formica Rimini
Cooperativa sociale la formica Rimini
di Redazione   
Tempo di lettura 8 min
Sab 2 Ago 2025 09:30 ~ ultimo agg. 1 Ago 18:42
Tempo di lettura 8 min

Il lavoro è un aspetto importante della vita. Non è solo sostentamento, ma è la pietra angolare su cui costruiamo e diamo valore alla nostra esistenza. E' una necessità che riguarda tutti, anche le persone svantaggiate, per cui la strada per arrivare a un'occupazione è spesso lunga e faticosa, soprattutto quando bisogna imparare a gestire la propria vita partendo dagli inciampi del passato.

Per tante persone del nostro territorio La Formica è stata l'occasione per ricominciare e dare una svolta. Oggi raccontiamo la storia di quattro di loro.

Storia di Luca e di un lavoro che dà dignità, relazioni e senso di appartenenza

Luca lavora nella cooperativa La Formica dal 2020. In città lo conoscono in tanti: è una figura presente, affidabile, che conosce bene il territorio e le persone. Per i colleghi è un punto fermo, uno su cui si può sempre contare. Ma per lui La Formica è molto più di un impiego: è un luogo dove ha ritrovato stabilità, legami e fiducia nei momenti più complessi della vita.
Dopo la perdita del padre a 26 anni, e della madre circa sei anni fa, Luca ha dovuto rimettere insieme la sua quotidianità. Anche da un punto di vista abitativo: oggi vive alla Caritas, dove ha trovato una stanza. In cambio, collabora alla portineria durante il giorno e prepara la cena per i ragazzi accolti, molti dei quali sono profughi. Una presenza costante, fatta di gesti semplici e cura.

Le sue giornate iniziano presto, con il turno alla cooperativa, e proseguono in Caritas. È una vita intensa, a tratti faticosa, ma Luca la affronta con un forte senso di responsabilità. Il lavoro in Formica gli ha offerto non solo la possibilità di rimettersi in piedi, ma soprattutto di sentirsi parte di una comunità, utile a sé stesso e agli altri.
“Se non passassimo noi per una settimana,” racconta con naturalezza, “Rimini sarebbe irriconoscibile: piena di immondizia e sporca.” Dietro queste parole c’è una consapevolezza profonda: quella di avere un ruolo concreto nella cura della città, di contribuire al suo decoro e alla sua vivibilità. Un lavoro silenzioso, ma essenziale.
Oggi Luca lo sa bene: non è il lavoro, da solo, a renderci liberi. È il bene che cerchiamo ogni giorno, e che portiamo con noi. Le cose che ci trasformano davvero non sono solo le ore spese a faticare, ma le persone che incontriamo, i legami che costruiamo. Avere un luogo dove lavorare è importante, certo. Ma avere un luogo dove costruire relazioni, dove sentirsi accolti e riconosciuti, lo è ancora di più.

“A 60 anni nessuno mi prendeva. La Formica mi ha dato una possibilità vera”

Andrea arriva dalla Toscana, dove per anni ha gestito un’impresa funebre. Era il suo mondo, quello dei servizi cimiteriali: un lavoro silenzioso, fatto di rispetto e presenza nei momenti più delicati della vita delle persone. 
Poi, la malattia. La moglie si ammala a soli 44 anni e in sei mesi se ne va. Andrea le resta accanto fino alla fine. Un dolore che cambia tutto.
Nel 2017 si trasferisce a Bologna per provare a ricominciare. Poi, nel 2023, arriva a Rimini. Ha quasi 60 anni e un bagaglio di esperienza importante. Eppure, resta senza lavoro per oltre otto mesi. “Alla mia età nessuno mi prendeva più,” racconta con semplicità. “Mi dicevano sempre che ero troppo vecchio. Io volevo solo lavorare, riprendere fiato, ricostruirmi.”

Un giorno invia il curriculum alla cooperativa La Formica. Il giorno dopo ha già un contratto in mano. “Non mi hanno chiesto l’età. Hanno guardato chi ero, cosa sapevo fare. Mi hanno messo nelle condizioni di fare il lavoro che ho sempre fatto. Mi sono sentito visto, accolto, non giudicato.”
Oggi Andrea lavora nei servizi cimiteriali per conto della cooperativa. Ha costruito rapporti veri con i colleghi, si è guadagnato la fiducia di chi lavora con lui ogni giorno. È una persona mite, che entra nelle situazioni con rispetto ed empatia. Sa ascoltare, osservare, adattarsi. È gentile, attento, professionale. I colleghi lo notano, lo apprezzano. Con il suo modo di fare contribuisce a creare un clima armonico, fatto di fiducia e collaborazione. E questo, in un ambiente di lavoro come quello cimiteriale, fa una grande differenza. 
“Qui ho ritrovato dignità. Non solo un impiego, ma la possibilità di rimettere insieme i pezzi.”
Tra poco potrà andare in pensione. Non con amarezza, ma con gratitudine. 

Sabrina “Per me qui è a casa”

C’è una storia che racconta molto di ciò che significa lavorare in una cooperativa sociale. Una storia fatta di fatica, conquiste quotidiane, fragilità e forza. È la storia di Sabrina, una donna con disabilità che da anni lavora all’interno della Cooperativa Sociale Formica di Rimini. Non è una storia “speciale” nel senso patetico del termine, ma è una storia vera. E come tutte le storie vere, ha dentro luce e ombra, inciampi e traguardi.
Sabrina è entrata in cooperativa molti anni fa, con un inserimento che all’inizio non è stato semplice. I suoi primi passi li ha mossi nel magazzino del riuso, accompagnata da una tutor con cui aveva costruito un legame di fiducia profondo. Quando quel contesto si è chiuso, ha dovuto reinventarsi, ricominciando da capo nel settore delle pulizie, dove oggi è una presenza costante e riconosciuta. Il suo percorso, costellato da cambiamenti e momenti di fragilità, è anche la prova concreta di quanto il lavoro possa essere una leva fondamentale di autonomia e dignità.

Negli anni, Sabrina ha affrontato sfide personali e familiari importanti: l’invecchiamento dei genitori, la perdita del padre, un trasloco, problemi di salute. Ma non ha mai smesso di venire in cooperativa, portando con sé una voglia contagiosa di essere parte di qualcosa, di “fare bene”, come lei stessa ripete spesso.
Chi la incontra nei corridoi della sede o la osserva nel suo lavoro, percepisce la cura e la serietà con cui vive ogni giornata. Sabrina ha bisogno di affetto e di riconoscimento, ma offre in cambio una presenza autentica, fatta di piccoli gesti quotidiani, domande sincere e un sorriso che spesso dice più di tante parole.
Sabrina ci ricorda che non esistono percorsi “deboli”, ma solo percorsi umani. E che ogni città dovrebbe poter contare su luoghi dove il lavoro non è solo produzione, ma occasione di crescita, appartenenza e dignità per tutti. 

Gennj, ricominciare e crescere

Ci sono storie che raccontano, in modo semplice e diretto, quanto il lavoro possa essere uno strumento reale di ricostruzione. Non solo economica, ma personale, relazionale, profonda. La storia di Gennj è una di queste.
Gennj ha sempre lavorato nel settore ambientale, ma è nel 2013 che entra nella Cooperativa Sociale Formica di Rimini, dove trova un nuovo inizio. La sua storia, però, inizia prima. Qualche anno prima del suo ingresso in cooperativa, un grave incidente mortale sul lavoro le cambia la vita, con conseguenze importanti sul piano emotivo e professionale. Per diverso tempo non riesce a riprendere il lavoro come prima, e resta lontana dalla spazzatrice che aveva guidato per anni.
In Formica ricomincia con gradualità. Per dieci anni si occupa con costanza e affidabilità dello spazzamento stradale, della pulizia dei parchi e dello svuotamento dei cestini. Lavora anche di notte, e col tempo torna anche alla guida della spazzatrice. Un ritorno che non ha nulla di spettacolare, ma molto di concreto: un gesto quotidiano, che segna un passaggio importante. Una tappa della sua ripartenza.

Nel 2022 arriva un’altra prova difficile: la diagnosi di un tumore all’intestino. Segue un intervento, poi la chemioterapia. Anche questa volta, Gennj affronta il percorso con determinazione. Intorno a lei, la cooperativa le resta vicina: con telefonate, visite, piccoli gesti di presenza quotidiana. Lei stessa racconta di essersi sentita “voluta bene”. Un sostegno che ha fatto la differenza.
Quando rientra al lavoro, non solo riprende le sue mansioni, ma cresce. Diventa responsabile del settore operativo. Un ruolo che rappresenta per lei un riconoscimento importante, ma soprattutto un segno di fiducia. Un modo per dire: “ti vediamo, sappiamo quanto vali”. Gennj è grata a Formica per questo percorso: si è sentita riconosciuta, accolta, accompagnata nella sua crescita non solo professionale, ma anche umana.

È una donna sola, con una figlia. Ha perso la madre pochi anni fa, per la stessa malattia che ha dovuto affrontare lei. Porta sulle spalle molte responsabilità, ma continua ad affrontarle con forza. È determinata, ma non ha paura di mostrare anche la sua fragilità. Condivide le sue fatiche, le elabora, le attraversa. Ed è proprio in questo equilibrio tra forza e vulnerabilità che trova ogni giorno la sua solidità.
In cooperativa ha costruito legami veri. Le relazioni, per lei, sono il valore più importante. Si trova bene con le persone con cui lavora, sente di far parte di qualcosa. E questo, dice, è ciò che conta di più.
La storia di Gennj ci ricorda che il lavoro, quando è pensato come spazio di crescita e di relazione, può essere uno degli strumenti più forti per rimettere insieme i pezzi dopo una caduta. E che, anche nei momenti più duri, il sentirsi accolti può fare la differenza.

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