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l'interrogatorio in tribunale

L'assassino di Cristina: "Come l'ho uccisa? Ho un vuoto. Temevo portasse via nostro figlio"

In foto: L'arresto di Simone Benedetto Vultaggio (foto Migliorini)
L'arresto di Simone Benedetto Vultaggio (foto Migliorini)
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 28 giu 2022 15:51 ~ ultimo agg. 29 giu 14:38
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Ricorda tutto alla perfezione fino al momento del massacro. Da lì in avanti ha come “un blackout”. Al gip del tribunale di Rimini, Raffaella Ceccarelli, ha spiegato di avere un vuoto, di non riuscire a ricordare come e quante volte abbia infierito sul corpo di Cristina Peroni, compagna e madre del loro bambino di cinque mesi.

Simone Benedetto Vultaggio questa mattina ha lasciato il carcere dei Casetti intorno alle 9.15 per raggiungere il tribunale di Rimini, dove è stato sottoposto all’interrogatorio di garanzia alla presenza del suo difensore, l’avvocato Alessandro Buzzoni, del sostituto procuratore Luca Bertuzzi, e del giudice per le indagini preliminari. Per circa un’ora e mezza ha risposto alle domande di gip e magistrato. Ha ripercorso gli inizi della sua storia con Cristina, conosciuta sui social nel 2020 in pieno lockdown, poi la convivenza a Rimini nel trilocale di via Rastelli, e la nascita del figlio. In mezzo svariati litigi, ma “mai le ho messo le mani addosso”, ha precisato con fermezza il 47enne riminese, accusato di omicidio volontario aggravato.

Un rapporto burrascoso il loro, che negli ultimi tempi pareva essersi incrinato irrimediabilmente. Vultaggio ha spiegato al gip che temeva che la compagna se ne andasse definitivamente con il piccolo. Dopo alcuni mesi trascorsi a Roma dalla famiglia di lei insieme al neonato, lui l’aveva convinta a tornare: “Cristina mi diceva che tra noi non era più come una volta, io però l’amavo ancora e volevo riconquistarla per farla restare”. Parole vuote, soprattutto perché pronunciate da colui che sabato scorso ha afferrato un coltello da filetto, con una lama di 13 centimetri, e si è accanito sul corpo della compagna. Trenta, più o meno, i colpi che le avrebbe inferto in varie parti del corpo, ai quali vanno a sommarsi quelli alla testa con un mattarello in legno. Ma Vultaggio di quella mattanza non ricorda nulla, come ha continuato a ripetere durante l’interrogatorio: “Cos’è successo dopo? Sono uscito dalla porta di casa con in braccio nostro figlio ed ero tutto insanguinato”.

Nella sua mente, invece, sono rimasti ben impressi i momenti precedenti. Stando al suo racconto, quella mattina avrebbe chiesto alla compagna di prendere in braccio il figlioletto. Lei, però, lo avrebbe ignorato: “Continuava a fissare il cellulare e nemmeno mi guardava. Il bimbo piangeva ma lei sembrava non interessarsene”. A un certo punto Cristina avrebbe strattonato il neonato per una gamba e lo avrebbe rimesso nella culla. Un atteggiamento che ha infastidito Vultaggio e che potrebbe aver provocato il suo istinto omicida.

Non è da escludere che l’avvocato Buzzoni possa chiedere nelle prossime settimane che il suo assistito venga sottoposto a perizia psichiatrica. Da circa un mese Vultaggio si era rivolto a una psichiatra del Centro Salute Mentale di Rimini perché faticava a dormire: “Nell’ultimo periodo soffriva di insonnia e aveva delle crisi d’ansia – spiega il suo legale – per le quali il medico gli aveva prescritto del Tavor”. Anche ieri notte in cella l’assassino di Cristina non ha chiuso occhio. “E’ preoccupato per il figlio – dice l’avvocato Buzzoni – vuole sapere come sta, chiede di poterlo vedere”. Difficilmente accadrà a breve.