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"Legalità, ci piace"

Abusivismo e rischio usura. Un'analisi di Confcommercio fotografa i pericoli

In foto: Gianni Indino
Gianni Indino
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 20 apr 2022 14:56
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Una fotografia sui fenomeni di illegalità che minano le imprese. E’ quella che emerge dalla nona edizione di “Legalità, ci piace” della Confcommercio nazionale. Dai dati si evince che contraffazione, abusivismo, pirateria, estorsioni, usura, infiltrazioni della criminalità organizzata, furti, rapine, taccheggio, corruzione sono in crescita e alterano la concorrenza, comportano la perdita di fiducia degli operatori e la diminuzione degli investimenti, impattando pesantemente sul sistema economico-sociale perché capaci di fare chiudere le imprese oneste e perdere posti di lavoro, di non tutelare i consumatori e di ridurre la sicurezza pubblica.

Ad essere più esposte al rischio usura, spiega la Confcommercio, sono le imprese che non hanno ricevuto pieno soddisfacimento della propria richiesta di credito. In questo quadro strumenti strutturali già esistenti, quali i Confidi, possono essere utili a prevenire il fenomeno del ricorso all’usura nell’ambito dei sistemi imprenditoriali locali.

L’Ufficio Studi Confcommercio stima che l’illegalità costi alle imprese del commercio e dei pubblici esercizi quasi 31 miliardi di euro e mette a rischio circa 200mila posti di lavoro. La perdita annua in termini di fatturato e di valore aggiunto è pari al 6,3%. In dettaglio, l’abusivismo commerciale costa 8,7 miliardi di euro, l’abusivismo nella ristorazione pesa per 4,8 miliardi, la contraffazione per 4,1 miliardi, il taccheggio per 4,3 miliardi. Gli altri costi della criminalità (ferimenti, assicurazioni, spese difensive) ammontano a 6 miliardi e i costi per la cyber criminalità a 2,8 miliardi. Nell’indagine di Confcommercio su usura e fenomeni illegali, emerge che circa il 12% delle imprese del terziario percepisce un peggioramento dei livelli di sicurezza rispetto al 2021, con l’usura come fenomeno criminale percepito in maggiore aumento dagli imprenditori (27%), con un trend più marcato nelle grandi città e al sud (30%) e con il 21% degli imprenditori che dichiara in crescita anche il racket.

Nell’area del Nord Est, le imprese del terziario che percepiscono un peggioramento dei livelli di sicurezza nel 2021 sono il 10,1%, un valore inferiore alla media nazionale; un punto percentuale in meno rispetto ai livelli nazionali per la percezione della crescita dell’usura (26%) e del racket (20%). Il 14% delle imprese del Nord Est ritiene invece che nell’ultimo biennio la qualità della vita sia peggiorata (valore inferiore alla media nazionale pari al 19,9%). Quanto al degrado urbano, se nei Comuni sotto i 10mila abitanti dell’area del Nord Est il 15,5% degli imprenditori ritiene degradati i centri urbani (un dato inferiore a quello nazionale pari al 27,9%), rispetto ai Comuni con più di 10mila abitanti, il 41,8% delle imprese considera invece degradate le periferie (il dato nazionale è pari al 47,1%) e solo l’8% giudica degradati i centri storici (il dato nazionale è pari al 21,6%).

Questi dati ci fanno capire come sia importante tenere sempre un faro acceso su fenomeni criminali più complicati da individuare, ma di cui c’è percezione su tutto il territorio nazionale, quali racket, usura e criminalità organizzata – commenta il presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino -. Sicurezza, qualità e decoro inoltre sono elementi capaci di influire sulla qualità della vita dei territori e proprio per questo i fenomeni criminosi hanno un forte impatto sulla vita delle persone e sulle attività d’impresa. Questa analisi annuale risulta dunque un’importante fotografia su cui porsi interrogativi per arrivare a soluzioni concrete: un percorso che non può prescindere dalla collaborazione e dalla cooperazione tra tutti gli attori in campo, dagli imprenditori alle associazioni, alle istituzioni pubbliche”.