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dal successo alla chiusura

Vintag: tutto in una notte

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
ven 16 apr 2021 11:28 ~ ultimo agg. 11:45
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Certo che avevamo il backup”.

Comincia così la telefonata fiume di Raffaello Bolognesi, AD di Vintag che dopo l’articolo sui fatti della sua startup e di Ovh, ci ha contattato per precisare la sua versione.

Vintag, ricordiamo, è, o meglio, era, una promettente azienda bolognese di compravendita di oggetti vintage che nel giro di pochi anni aveva raccolto attorno a sé decine di migliaia di utenti appassionati del genere, e nell’ultimo periodo anche offerte da grandi colossi del settore.

francesca tonelli fondatrice

Francesca Tonelli fondatrice di Vintag

“Sì, capisco che quella del backup era una battuta, per carità, e ci sta anche – continua Raffaello – ma quello che mi scoccia e che ci tengo a sottolineare è che in questa storia hanno perso il lavoro 12 persone, per non parlare della scomparsa del sogno di una vita di Francesca, mia moglie, fondatrice di Vintag”.

In quell’articolo si parlava di protezione dei dati, soprattutto dell’importanza dei dati nell’economia di oggi, e anche della storia di Vintag.

Partiamo dal fondo, dal momento in cui l’azienda, per colpa della perdita improvvisa di tutti i suoi dati, vede di colpo svanire il suo valore.

Per la precisione 120mila utenti, questo il tesoro della Vintag, sfumato in una notte.

Vintag: la nascita, il successo e la notte in cui tutto finì

Cos’è successo se lo chiede ancora oggi Raffaello.

“Ai primi di gennaio, nella notte, si blocca l’App. Noi avevamo i nostri sistemi di monitoraggio. Contattiamo il Data Center per capire cosa è accaduto. Tra l’altro problemi del genere erano già capitati qualche volta. Sono down momentanei che venivano sistemati in 30, 40 minuti al massimo e nessun utente si era mai accorto di nulla grazie all’infrastruttura creata che prevedeva la continuità del servizio.

app di vintag“Questa volta, invece, le cose vanno per le lunghe. Noi attiviamo il nostro team tecnico, che a sua volta contatta il Data center, che risponde assicurando che stavano sistemando, era tutto a posto, non c’era da preoccuparsi. Insomma, le solite frasi di rito. Che però, questa volta, non trovano conferma nei fatti. Dopo circa 12 giorni, ci contattano per informarci che tutti i dati, compresi quelli del backup, erano andati perduti. Tutto!”.

Una sventura? Un errore? Difficile al momento dirlo, perché la Vintag non è riuscita a poter visionare i dati, né a recuperare quelli del backup, che, appunto, per qualche ragione sono andati persi insieme a tutti gli altri.

“A quel punto – continua Raffaello – non potevamo che adire per le vie legali. E non tanto, o meglio, non solo per una questione economica, ma soprattutto per le persone che per cinque anni hanno lavorato e creduto in un progetto e che di colpo si sono trovati senza niente”.

Il cosa è successo da questo punto di vista passa quasi in secondo piano, e anche il come. Che sia stato una disattenzione o un cataclisma, fatto sta che il data center non è riuscito in quello che, fondamentalmente, è il proprio lavoro: tenere al sicuro i dati, sia quelli in uso al momento, sia quelli salvati altrove da recuperare in caso di incidenti. Vintag diventa di colpo una scatola vuota.

Tieni conto che poco prima del crash avevamo 122mila utenti, di cui 10mila stranieri, anche dalla Nuova Zelanda e Papua Nuova Guinea, dove addirittura una volta abbiamo fatto una compravendita! E non ti dico per la spedizione!

“Come avrai capito per noi Vintag non era solo lavoro. Era il progetto di una vita che coinvolgeva oltre me e mia moglie altri 12 collaboratori. Un progetto che, nonostante il nostro lavoro, il perfetto funzionamento di tutto il sistema con 150mila oggetti in vendita, fondava il suo valore sugli utenti. Oggi le startup funzionano così. Eravamo tra l’altro in un momento di raccolta fondi, avevamo attirato l’interesse da parte di investitori stranieri. Ma purtroppo nel momento in cui abbiamo perso il nostro vero capitale, ovvero i dati degli utenti, di colpo non siamo stati più appetibili. Il valore dei dati, in questa fase, ma non solo, è di molto superiore a quello della merce e degli scambi commerciali. Qualsiasi esperto del settore te lo può dire. Il valore di una startup sta nei suoi asset intangibili, e i dati sono la parte più rilevante, quella che rende appetibile la startup stessa e ne aumenta il valore indipendentemente dai fatturati.

“A quel punto dice bene Francesco Iori di AgileDPO nell’articolo che hai pubblicato, la perdita dei dati equivale alla perdita dell’anima aziendale, e «è meglio ricominciare da zero che usare un eccesso di risorse per rianimare una situazione compromessa» . Per cui, come amministratore delegato mi sono confrontato con i soci e gli investitori e abbiamo deciso di fermarci. Non avevamo le risorse e anche trovandole non avevamo la garanzia di tornare a regime”.

Si ferma Vintag, ma non si ferma la causa che la vede parte offesa nei confronti del Data Center a cui è imputato il crash. Azienda, sottolinea Bolognesi, scelta per la sua affidabilità, per i piani e servizi offerti e con cui c’erano ottimi rapporti professionali. Dopo una prima fase, infatti, Vintag era passata da server di appoggio più economici, come succede per quasi tutte queste realtà nella prima fase, a service più attenti e professionali. Ma questo non è bastato. Rimane il dubbio di capire cosa sia successo e se poteva essere fatto o predisposto qualcosa in più, in un mondo, quello dei dati, sempre più pervasivo e nel contempo labile, fragile.

“Spesso avere un backup e un disaster recovery non è sufficiente, come dimostra il nostro caso. Certo è che avevamo scelto il servizio con attenzione, valutando tutti i rischi come si fa in questo caso. Quando abbiamo fatto il cambio dei server, abbiamo deciso di avere un ulteriore team tecnico, oltre il nostro: un team tecnico messo a disposizione dal nostro fornitore dedicato a noi. Il famoso backup era quotidiano, con manutenzione 24 ore al giorno, con sistemi di monitoraggio per tutelare ed evitare la perdita dei dati. In tutte le analisi fatte all’inizio ci era stato detto che eravamo più che sicuri! Cosa sia successo poi, noi non lo sappiamo, ma sicuramente ha dell’incredibile.

vintag: maria elena casadei, francesca tonelli, raffaello bolognesi“Ci tengo a ribadire che per noi il danno più doloroso è stato morale, oltre che economico. Pensa solo che Vintag nasce dopo un momento difficile della mia vita personale, una malattia, come sogno di riscatto insieme alla mia compagna. E per noi questo valore ‘umano’, ‘sociale’ era importante. Ti faccio solo un esempio: l’anno scorso, durante i primi mesi del lockdown, abbiamo aperto a utenti e categorie di vendita che non erano contemplate all’inizio, proprio per dare alle persone una possibilità di guadagno in un momento difficile.

Per me, ribadisco, non è semplicemente accaduto che un’azienda andrà liquidazione, che io e tanti soci abbiamo perso molti soldi o uno stipendio, ma che mia moglie, io, i collaboratori e tante altre persone hanno perduto un progetto in cui credevano e che le ha accompagnate per un bel tratto della loro vita”. Ecco per questo qualcuno dovrà pagare.