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indagato il legame col mistero

Museo Fellini. A Palazzo Valloni la stanza della magia

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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 20 lug 2020 13:10
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Sta lentamente prendendo forma il Museo Internazionale Federico Fellini. A Palazzo Valloni, tra le sale del secondo piano ce ne sarà una dedicata al mago, all’alchimista Fellini, al Mandrake del cinema mondiale, dove sarà messo in luce il rapporto del regista con il mistero . Un tema in queste settimane di rinnovato interesse grazie all’uscita di testi, volumi e documentari proprio incentrati sul legame tra Fellini e la magia.

Fellini era attratto da maghi, indovini e a metà anni sessanta ne incontrò diversi durante un viaggio di preparazione a Giulietta degli Spiriti. Di quel viaggio restano alcuni Misteri d’Italia pubblicati sul Corriere della sera da Dino Buzzati, che lo accompagnò in quel giro.

Tra gli incontri più sconvolgenti quello con Pasqualina Pezzola, la contadina veggente di Civitanova, con zio Nardu, il vecchio pastore sardo che si dice si trasformasse in cavallo e soprattutto con Gustavo Rol, il collezionista torinese capace di smaterializzare gli oggetti. Rol e Buzzati figure decisive anche nella gestazione e nell’abbandono del “Viaggio di G. Mastorna”, il film mai fatto più famoso della storia del cinema: il primo, che lo dissuase a persistere nel progetto; il secondo, dal cui racconto Lo strano viaggio di Domenico Molo, tutto prese avvio.

Nell’attrazione per il mistero e c’era molto anche dell’incontro con Ernst Bernhard, lo psicoanalista berlinese, che Fellini frequentò da 1960 al 1965 e che fondò in Italia la scuola junghiana. Delle visioni allucinate di cui fu protagonista il piccolo Federico durante le estati trascorse nel casolare di campagna a Gambettola si racconta ne La Voce della luna: i rintocchi di una campana o i muggiti di una mucca che si trasformano in dischi d’argento o in nastri rossi; i quattro angoli del letto, ribattezzati con i nomi dei quattro cinema di Rimini (Savoia, Sultano, Dopolavoro e Fulgor) che fissati a lungo diventano rutilanti alberi di Natale.

Questa fascinazione per il magico si esprime anche nella fiducia che Fellini accorda al potere dei nomi: Asa Nisi Masa o lo stesso Amarcord, suoni quasi cabalistici, capaci, prima ancora di indicare mondi, di crearli dal nulla. Il “Cagliostro dello spettacolo” così Tullio Kezich, il più brillante biografo di Fellini, chiamava l’amico, per sottolineare l’importanza imprescindibile di questa componente nel cinema e nell’opera del riminese, una presenza ricorrente anche nel Libro dei sogni.