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la rete di protezione

Nel 2018 quasi 400 donne ai centri antiviolenza riminesi

In foto: repertorio
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di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
ven 22 nov 2019 14:42 ~ ultimo agg. 14:49
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I dati estratti dal Sistema informativo regionale sui centri antiviolenza evidenziano una crescita del fenomeno dal 2017 al 2018. Sono stabili i dati sulle donne che si rivolgono ai Centri dell’Emilia-Romagna, 4.871 nel 2018, mentre raddoppiano i casi tra gli accessi al pronto soccorso. E continuano a essere numerose le donne che chiedono aiuto ai centri antiviolenza, con 396 vittime che, nel corso del 2018, si sono rivolte a quelli del territorio riminese, Rompi il Silenzio e ChiAmaChiAma. Di queste, 106 sono state indirizzate ai servizi territoriali, 30 sono state accolte in emergenza o in pronta accoglienza, 32 nelle case rifugio, mentre 85 hanno iniziato un percorso senza però portarlo a termine.

Complessivamente sono 192 le donne che hanno elaborato e avviato un percorso di uscita dalla violenza, a cui si aggiungono quelle che lo avevano iniziato già prima del 2018 per un totale, dunque, di 228 donne seguite presso i Centri della provincia di Rimini nel 2018.

La tipologia di violenza più diffusa è quella di carattere psicologico (174 donne – 90%), cui segue la violenza fisica (119 donne – 62%),  economica (91 donne – 47%) e infine sessuale (27 donne – 14%).

Tra gli autori, al primo posto ci sono i partner (70%), al secondo gli ex (13%) e infine familiari, amici e conoscenti; una sola donna ha dichiarato di aver subito violenza da uno sconosciuto.

I due centri antiviolenza della provincia di Rimini gestivano tre Case Rifugio nel 2017 per un totale di 15 posti letto; le Case sono diventate quattro nel 2018, grazie al finanziamento di una nuova Casa con fondi regionali. La rilevazione sul flusso di ospiti nel 2017 mostra che sono stai offerti 586 pernottamenti a donne e 660 ai loro figli. In totale, sono state ospitate 24 donne (2 presenti a inizio anno e 22 entrate nel corso dell’anno) e 27 figli. A fine anno erano presenti in ospitalità 8 donne e 9 figli. Mediamente ciascun posto letto è stato occupato per 83 notti.

La rete regionale di accoglienza, che oggi conta 21 centri antiviolenza, 40 case rifugio, 56 sportelli e 15 centri di aiuto per uomini maltrattanti.


“In questi anni, come Regione Emilia-Romagna, abbiamo lavorato e investito tanto per accrescere e ampliare sempre di più la nostra rete di prevenzione, protezione e ascolto delle donne purtroppo vittime di violenza, in modo tale da fornire loro un ambiente protetto, vicino a casa e con un personale specializzato – dichiara l’assessora regionale alle pari opportunità dell’Emilia-Romagna Emma Petitti – Un impegno particolare, in questa legislatura, è stato rivolto alla promozione di una cultura contro la violenza di genere, anche con attività nelle scuole, e alla formazione degli operatori socio-sanitari affinchè supportino al meglio chi ne abbia necessità. I dati confermano la fiducia sempre maggiore delle donne nel ricorrere alle strutture regionali e anche degli uomini, che vedono crescere i centri a loro dedicati, 15 in totale, di cui 3 nel riminese. La Regione ha molto investito anche in prevenzione, formando circa 2000 operatori, con azioni di sensibilizzazione che hanno raggiunto circa 10mila persone. Il tema delle pari opportunità è stato fin da subito una priorità della nostra azione politica, che ha visto un investimento complessivo di 11 milioni di euro e che ci permette di avere oggi un tessuto sensibile e attivo. La violenza non è un fatto privato, ma una sfida da vincere insieme”.

“Negli ultimi anni è cresciuto il numero delle donne vittime di violenza che hanno trovato il coraggio di uscire allo scoperto, di parlare e di chiedere aiuto – commenta il vicesindaco del Comune di Rimini Gloria Lisi – E questo è possibile grazie all’opera di sensibilizzazione messa in campo da enti e associazioni, ma soprattutto dalla professionalità e dall’attenzione delle operatrici e degli operatori dei centri antiviolenza del territorio, nodi fondamentali di una rete di sostegno che va sostenuta e alimentata. Il contrasto alla violenza di genere passa necessariamente da un’azione condivisa, che coinvolga isituzioni, associazioni, forze dell’ordine e non da ultimo le scuole: è indispensabile investire sulla formazione e sull’educazione, per diffondere una nuova cultura del rispetto di genere e della libertà individuale. Ecco perché la violenza di genere deve essere un tema costantemente al centro dell’agenda politica, sul quale non si può e non si deve arretrare”.