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Agricoltura Ambiente

Dalla Maremma grossetana storie di prevenzione dalla predazione

di Francesca Magnoni   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 4 apr 2018 13:31 ~ ultimo agg. 13:39
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La settima  puntata di New Farmers ci porta nella Maremma Grossetana per parlare di predatori e greggi, un tema che tocca anche le zone montane della nostra provincia. Il lupo e altri predatori, i cosiddetti ibridi specialmente pericolosi, stanno ripopolando i territori europei come l’Italia, contribuendo a ristabilire gli equilibri naturali. Un cambiamento questo che coinvolge flora, fauna e allevamenti, dove i pastori si trovano a dover gestire una difficile convivenza tra i predatori e il proprio bestiame.

L’aumento di densità di predatori ha mobilitato anche l’opinione pubblica, spaccata tra favorevoli e contrari, ma la gestione, anche se non semplice e costosa, è possibile.

Per questo, conosciamo Serafino Nurchi che, nella sua azienda zootecnica, ha adottato delle buone pratiche proprio in questo senso. Serafino, 53 anni, è di origini sarde e il papà Paolo era arrivato in Maremma nel 1952 allevando ovini da latte. Lui dal 1991 ha deciso di portare avanti l’azienda di famiglia insieme alla moglie Silvia e in 60 ettari di terreno a Murci, nel Comune di Scansano, coltiva cereali per l’alimentazione del proprio gregge di 300 capi.

La sua è un’azienda particolare, perché ha deciso di aderire ad un bando della propria regione per usufruire di misure di prevenzione, oltre che ad progetto europeo che segue buone prassi per la difesa dalla predazione: in sostanza si tratta di speciali reti metalliche elettrificate e di cani da guardiania, ovvero pastori maremmani abruzzesi a tutela del gregge.

Da New Farmers: un viaggio tra i nuovi agricoltori conosciamo Serafino Nurchi che adotta nella sua azienda zootecnica buone pratiche di prevenzione dalla predazione

 

Guarda la puntata completa cliccando qui

 

IL LUPO E GLI “IBRIDI”

La caccia al lupo è stata bandita in Italia nel 1971, dopo decenni di lotta. Oggi sul lupo manca un censimento ufficiale e un monitoraggio coordinato su scala nazionale. Una stima – risalente al 2012 – che nel 2014 l’Italia ha inviato alla Commissione Europea, indicava un totale di 1170 esemplari tra le Alpi e gli Appennini, mentre altre stime arrivano a contarne 2.600. Una cifra esigua, ma in grado comunque di creare problemi agli allevatori, anche perché si aggiunge a quella di altri animali, ancora più dannosi del lupo. A minacciare gli allevamenti, infatti, sono anche gli “ibridi”. Secondo gli esperti, è stato proprio il randagismo a generare i problemi maggiori, con la presenza di un numero crescente di cani nelle campagne. E mentre i lupi agiscono da predatori, colpendo per esempio i capi malati, gli ibridi nel gregge distruggono tutto quel che hanno a portata di mano, procurando danni maggiori.

 

LA DIFESA DALLA PREDAZIONE

La provincia di Grosseto, insieme a un’area del Portogallo, è una delle zone dove è stato applicato il progetto europeo “LIFE MedWolf” – Le migliori pratiche di conservazione del Lupo nelle aree mediterranee (LIFE11 NAT/IT/069). L’obiettivo è ridurre il conflitto tra la presenza del lupo e le attività antropiche. Questo, insieme all’intervento di Regione e provincia di Grosseto, ha consentito, agli allevatori della zona che hanno deciso di partecipare al progetto, di dotarsi di reti metalliche interrate e elettriche e di cani maremmani per contrastare gli attacchi. Il maremmano abruzzese è una razza, originaria del Medio Oriente, usata fin dall’antichità per proteggere i greggi da lupi e orsi. Grazie al colore del suo mantello, i pastori potevano individuarlo anche al crepuscolo, quando gli attacchi sono più frequenti, senza confonderlo coi predatori. In genere vengono posizionati nei punti più alti del pascolo e compiono una vera e propria azione di ricognizione, verificando, dagli odori, la presenza di predatori.

 

IL PECORINO DOP A LATTE CRUDO

Dopo secoli di pascolo stagionale per la scarsa presenza di insediamenti stabili – e quindi attività di caseificazioni – la Maremma è diventata il principale luogo di produzione del pecorino in Toscana. Gli stili di lavorazione sono diversi, ma quella veramente tradizionale è la produzione del formaggio a latte crudo, ovvero a partire dalla temperatura a cui si trova appena munto (36-38°C). Poiché non prevede trattamenti e condizionamenti, sul prodotto che si ottiene influisce il tipo di pascolo su cui le greggi sono state allevate.

Come riconoscere il formaggio fatto con latte crudo?

  • Colore della pasta: piuttosto candido
  • La crosta: sottile. Il formaggio a latte crudo impiega molto tempo per formarla
  • Occhiatura: evidente. I buchini nella pasta sono più marcati perchè il siero è drenato in maniera lenta

IL LATTE ANTICOLESTEROLO

Il benessere animale è fondamentale per ottenere un prodotto di qualità e il pascolo può avere un ruolo importante nella produzione del latte. Come ha dimostrato l’esperienza di un’allevatrice della Maremma di origini sarde, Angela Saba che conosciamo nella puntata. Il primo ingrediente del latte prodotto dalla sua azienda è il tipo di pascolo riservato al gregge: totalmente naturale, senza l’impiego di fertilizzanti chimici. Dal connubio tra questo aspetto e una particolare razione a base di semi di lino, ricco di Omega 3, che integra gli acidi grassi polinsaturi naturalmente presenti in questo latte, si ottiene un formaggio capace di combattere il colesterolo: come ha dimostrato una sperimentazione portata avanti dall’Ospedale Brotzu di Cagliari su persone affette da colesterolemia  elevata.