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Rimini Vita della Chiesa

"L'altro è un dono", il messaggio del vescovo per la Quaresima

In foto: Il vescovo Lambiasi
Il vescovo Lambiasi
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 1 mar 2017 21:03 ~ ultimo agg. 2 mar 18:44
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In occasione dell’inizio della Quaresima il vescovo Monsignor Francesco Lambiasi ha scritto una lettera a tutta la comunità cristiana riminese. Al centro della riflessione tre emergenze che interrogano.

Il titolo del Messaggio è: “L’altro è un dono”. Partendo dalla Lettera scritta da Papa Francesco ai cristiani di tutto il mondo, il Vescovo invita la comunità diocesana riminese ad assicurare una “coerente, efficace ricaduta al messaggio quaresimale del Vescovo di Roma”, anche nella vita personale o familiare, e nella società civile in si vive e si opera.

Il Vescovo individua a questo proposito tre verbi, quasi come compiti da “fare a casa” durante la Quaresima 2017. E prova a declinarli pensando a tre campi concreti di applicazione: Nomadi, Disoccupati, Migranti.


Il testo del messaggio del vescovo:

L’altro è un dono

Messaggio del Vescovo per la Quaresima 2017

            “Non importa quanto si dà,

ma quanto amore si mette nel dare”

(Madre Teresa di Calcutta)

“Ci ha scritto papa Francesco”! Immagino, in tutti noi, una comprensibile eccitazione, nel ricevere uno scoop del genere. Eppure è proprio così: papa Francesco ci ha davvero scritto una lettera, in occasione di questa Quaresima 2017. Certo, l’ha inviata a tutti i cattolici del mondo, ma non per questo noi cristiani riminesi possiamo chiamarci fuori e sfilarci dalla mailing-list dei tantissimi destinatari. La lettera del Papa ci recapita un messaggio provocante: l’altro è un dono. L’altro è il povero Lazzaro che sta alla porta di un ricco, un egoista tirchio e festaiolo.

Questo buontempone, in verità, non osteggia Dio e non schiaccia il povero, né lo snobba con arcigna schifiltosità: semplicemente non lo vede. Per lui Lazzaro proprio non esiste. Ma è precisamente questo il rischio ‘mortale’ che corriamo: il vivere da egoisti ci rende indaffarati con il nostro io e indifferenti al nostro prossimo. Per scorgere Dio e il povero, occorrono gli occhi di un cuore buono, che si lasci ferire dal bisogno altrui. La richiesta di attenzione ai poveri, anzi di una preferenza a loro favore, nella scelta della condivisione, suona impopolare, divide, disturba.

Eppure i cristiani sanno che con questa scelta e non con un’altra ci giochiamo il nostro eterno destino. “Avevo fame e mi avete dato da mangiare, ero disoccupato e mi avete aiutato, ero straniero e mi avete accolto…”. Questo è il miracolo che siamo chiamati a fare, ed è un miracolo facile, perché è… impossibile. Ma la fede rende possibile e facile anche l’impossibile! Sì, il primo miracolo è accorgersi che l’altro, il povero esiste davvero. Il mite Francesco di Roma martella duro: il povero “non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita”. Il povero non è una minaccia: è un grido di aiuto. Non è un impiccio: è uno stimolo. Non è un pericolo: è una possibilità di bene. E’ una spina, certo, ma anche una spinta a costruire insieme una città degna di essere definita umana.

Ora tocca a noi assicurare una coerente, efficace ricaduta al messaggio quaresimale del Vescovo di Roma nella nostra comunità cristiana, nella nostra vita personale o familiare, nella società civile in cui viviamo e operiamo. Passo allora a snocciolare alcuni verbi, quasi come compiti da “fare a casa” o come veri esercizi spirituali, da praticare durante la Quaresima. Proverei a declinarli pensando a tre campi di applicazione: Nomadi, Disoccupati, Migranti.

Discernere. Guardare i poveri con gli occhi di Cristo fa la differenza. Don Oreste insegna. Da mesi stiamo assistendo ad accese manifestazioni di protesta in relazione allo smantellamento del “Campo-Nomadi” di via Islanda, a Rimini. Ci domandiamo: è umano e cristiano un atteggiamento oggettivamente discriminatorio, basato su pregiudizi secolari, su paure paralizzanti, su sospetti e velenose diffidenze? Diciamo basta a muri, recinti e steccati. Sì a ponti, legami e a buone relazioni.

Condividere. Una piaga che affligge la nostra società è la disoccupazione giovanile e la perdita del lavoro. Un piccolo segno di umana vicinanza e di cristiana prossimità a queste sorelle e fratelli è rappresentato dal Fondo per il lavoro. Per questo inizieremo il cammino quaresimale in Cattedrale a Rimini con un digiuno “salta-cena” per contribuire ad una colletta a favore di tanti nostri fratelli e sorelle disoccupati.

Integrare. Non basta aiutare sia pur generosamente i poveri: occorre costruire relazioni nuove. Improntate a comprensione reciproca, a stima sincera, a decisa volontà di concreta collaborazione. No all’elemosina, sì alla condivisione! Allora chiediamoci: per i Migranti, come possiamo rispondere all’appello del Papa: “una famiglia per ogni parrocchia”?

Carissimi Fratelli e Sorelle,

nella incubazione di questi quaranta giorni coltiviamo un grande sogno di riconciliazione e di fraterna, concreta prossimità. Con i poveri, con la famiglia, con i vicini, con i colleghi, con Dio nostro Padre e nostra Madre, con la nostra personale umanità. Ma che sia una riconciliazione totale, integrale, gioiosa. Umanissima e dolcissima. Non come certi sciroppi che hanno sempre un retrogusto d’amaro.

Buon lavoro. E che Maria, fortissima e tenerissima Madre dei poveri, ci dia una mano. Anzi tutt’e due.

Vostro + Francesco Lambiasi

Rimini, 1 marzo 2017, Mercoledì delle Ceneri