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I ragazzi di via Lagomaggio: amici da 50 anni

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
gio 11 dic 2014 15:45 ~ ultimo agg. 12 dic 14:27
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“E poi ci troveremo come le star a bere del whisky al Roxy Bar”. Per i ragazzi degli anni sessanta di Via Lagomaggio è andata quasi come ha raccontato Vasco nella sua famosa canzone. Certo sembravano davvero delle star quando si sono rivisti dopo cinquant’anni, ma con una differenza sostanziale. Si perché quegli ex giovani non si sono incontrati al Roxy Bar, ma in una parrocchia. Proprio lì, in quella chiesa di Ragina Pacis, dove tutto è nato.

Era già da qualche mese che si sentiva una strana atmosfera, il fermento di un entusiasmo che non si contiene e si propaga in maniera contagiosa. Se davvero, dopo cinquant’anni, un gruppo di exgiovani parrocchiani, sentono il desiderio forte di vedersi, incontrarsi, organizzare una serata e stare insieme, vuol dire che durante quel pezzo di vita trascorso insieme è accaduto qualcosa di veramente importante, qualcosa di autentico, di vero. Un segnale di vita talmente forte che non riesce proprio a passare in sordina nella vita di una comunità a volte troppo distratta dal tram tram quotidiano.

 

La notizia del raduno è volata di bocca in bocca e si è divulgata velocemente. l ragazzi di via Lagomaggio si sono radunati lo scorso 30 novembre nella sala Marvelli della parrocchia Regina Pacis. E’ stato un evento speciale considerato anche il numero di persone, quasi 200, che si sono riviste dopo 50 anni, alcuni di loro sono venuti anche da lontano: Firenze, Trentino e perfino la Sicilia. Non si è trattato solo di una semplice rimpatriata di vecchi amici, ma qualcosa di più, qualcosa di unico: la manifestazione di un legame che è nato da un’appartenenza ben precisa, è divampato nella vita degli anni più belli ed è stato custodito intatto, inalterato nei pensieri, negli sguardi, nei visi. Un calore che si percepisce a pelle. La stessa che adesso forse ha qualche ruga in più.

Era il settembre del ‘63 quando un giovane prete venne a fare il cappellano a Regina Pacis per aiutare il parroco Don Fernando nella pastorale giovanile. Don Raimondo, non ancora trentenne, catturò quell’entusiasmo dei ragazzi e quel desiderio di stare insieme. Nacque così un’amicizia stimolante ed una reciproca stima che in quel periodo rappresentava una vera novità. Quei giovani iniziarono a partecipare alla vita di una comunità che acquistò una vitalità intensa: incontri, discussioni sui temi della chiesa, confronto sulle questioni sociali, attività sportive, ricreative, gruppi teatrali, gruppi musicali. Erano tante le occasioni che in un clima del tutto particolare formavano le tappe di un cammino di formazione vicino alla chiesa. “Sembrava un prete come tanti – sostiene Claudio Saponi, uno degli organizzatori del raduno – chi poteva immaginare che avrebbe lasciato un segno così forte dentro ciascuno di noi?”. L’educazione alla libertà, l’ascolto, il sentirsi accolti e non giudicati, la libertà di esprimersi e confrontarsi, erano stati probabilmente questi i temi principali di un percorso pastorale che i due preti avevano scelto e che Don Raimondo, che seguiva il “Circolo Giovanile Parrocchiale”, aveva attuato con grande efficacia. Temi che anche oggi avrebbero una grande attualità, ma che in quel determinato momento storico culturale erano perfetti per il cambiamento che stava avvenendo.

 

foto squadra calcio rp luglio 67Sulle note delle canzoni dei Nomadi infatti, quei giovani, che vedevano “la gente della propria età andare via lungo le strade che non portano mai a niente”, gridavano “Dio è morto” inneggiavano una ribellione contro il sistema che si stava propagando in tutte le città d’Italia. Lo spirito di partecipazione alla vita della società stava cambiando per sempre. Occorreva, anche nella chiesa, un atteggiamento di ascolto, di educazione alla libertà per demolire vecchi schemi e meccanismi obsoleti. Tutti i cristiani, vivono prima o poi, in qualche maniera, un momento di disobbidienza, ma ciò che stava avvenendo in quegli anni era qualcosa di diverso. La contestazione giovanile stava trasformando inesorabilmente tutti i comparti della società: lavoro, scuola, famiglia, cultura, una rivolta senz’armi che stava avanzando e che sarebbe poi esplosa nel ‘68. Un cambiamento che in qualche maniera la stessa chiesa aveva avviato con il Concilio Vaticano II. Le straordinarie encicliche :“Pacem in Terris” di Papa Giovanni XXIII e “Populorum Progressio” di Paolo VI avevano già iniziato a scardinare alcuni comportamenti della vita di fede.

Tutto questo quei ragazzi lo avevano percepito e lo sapevano bene anche Don Fernando e Don Raimondo.

Il raduno è stato incredibile. Quei ragazzi si sono ritrovati con gli stessi sguardi di allora, si sono rivisti com’erano nella mostra di fotografie dell’epoca, nelle tante proiezioni di vecchi filmini. Hanno cenato insieme e ascoltato le loro canzoni dal vivo, come se non fosse passato neanche un giorno. Un vera acclamazione da stadio c’è stata quando in sala è entrato Don Fernando accompagnato da Don Raimondo e Don Lauro (attuale parroco di Regina Pacis) : il momento della serata più bello ed emozionante, il segno di una chiesa che nonostante gli anni e le opinioni a volte differenti, rimane unita, sempre, nel nome di Qualcuno che è più grande. Diversi, in sala, erano i volti commossi quando sono stati ricordati gli amici di allora che non ci sono più.

 

E c’è da chiedersi, di che cos’è è fatto infondo quel legame che tiene uniti ancora quei ragazzi, se non di quell’appartenenza vera che nasce nel rispetto di chi non vuole imporre le sue idee ma ti fa sentire libero e accolto per quello che sei. Quel sentirsi amati davvero che crea l’unica condizione per il vero cambiamento.

Quei ragazzi poi si sono dati appuntamento nella loro Chiesa di Regina Pacis per il 6 dicembre alle 18, alla messa concelebrata da Don Fernado, Don Raimondo e Don Lauro. Proprio lì dove tutto è nato e dove, chi sà, tutto può continuare.

 

Emiliano Violante