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oggi la commissione consiliare

Ricerca sull'anfiteatro romano: scavi approfonditi incompatibili con CEIS

In foto: l'anfiteatro romano
l'anfiteatro romano
di Redazione   
Tempo di lettura 11 min
Mer 8 Ott 2025 17:17 ~ ultimo agg. 18:02
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L’anfiteatro di Rimini e di conseguenza il Ceis tornano al centro del dibattito politico con la ricerca d’archivio e bibliografica redatta dagli archeologi Martina Faedi e Christian Tassinari, frutto dell’incarico che era stato loro affidato nove mesi fa dall’amministrazione comunale. Il contenuto e le conclusioni del lavoro sono state al centro oggi pomeriggio della quarta commissione consiliare. Prossimo step sarà la presentazione della ricerca alla Sovrintendenza alla Belle Arti, per decidere come procedere.

In una ricerca di 55 pagine i due archeologi hanno messo nero su bianco la storia dell’Anfiteatro romano di Rimini e le proposte di scavi e ricerche geofisiche che servirebbero per approfondire le indagini. Un lavoro certosino fatto su documenti bibliografici da cui emerge come nei secoli l’importante sito, di cui ancora la datazione è incerta ma ipotizzabile nella prima metà del II secolo D.C, abbia subito significativi danni. Già nei primi decenni dopo la costruzione è ipotizzabile un dissesto strutturale di origine sismica, ma anche un devastante incendio che portarono a dismettere la struttura nelle sue originarie funzioni. Fu trasformata in un magazzino di stoccaggio per mattoni e fu soggetta ad un spolio quasi totale. In tempi più recenti a compromettere quello che restava i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Del valore storico di quel luogo si accorse Luigi Tonini che nel 1843 condusse la prima campagna di scavi archeologici, altri scavi, poi, ci furono nel secolo scorso. Ancora oggi i due ricercatori suggeriscono nuovi sondaggi. La ricerca potrebbe essere portata avanti con georadar e carotaggi, ma anche con trincee esplorative, che dovrebbero arrivare almeno a 4 metri di profondità. Cantiere che, sostengono, sarebbe incompatibile con la prosecuzione in sicurezza e tranquillità dell’attività didattica del Ceis che insiste su una buona parte dell’area interessata.  A rendere complesse le verifiche anche la presenza di sottoservizi, radici e possibili crateri derivanti dai bombardamenti bellici. C’è un’unica zona ai margini del perimetro della scuola dove scavi di piccole dimensioni darebbero minori problemi. La conclusione degli archeologi è che la storia del sito sia considerata nel suo complesso, con una valorizzazione integrata che tenga conto anche di quello che c’è oggi. Ed è su questa possibile integrazione su cui si è acceso il dibattito politico. Se per la maggioranza la ricerca conferma il valore, oltremodo significativo dell’asilo italo svizzero, per le minoranze è fondamentale fare ricerche archeologiche approfondite e per questo spostare, come sostengono da tempo, il Ceis in altro luogo

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Dall'intervento dell'assessore Michele Lari:

La relazione si chiude, da un lato, proponendo un percorso metodologico (una volta riconosciute anche le difficoltà e l’impossibilità di procedere con scavi integrali) e proponendo due interventi:
1. Indagini geofisiche non invasive, come il georadar, nell’area non edificata, per mappare eventuali evidenze archeologiche sepolte.
2. Saggi archeologici puntuali e graduali, da realizzare in tempi diversi e in punti selezionati, per acquisire informazioni senza alterare la stabilità del contesto.
Un metodo, questo, che risponde a un principio che potremmo definire di responsabilità conoscitiva: prima di intervenire, è necessario comprendere a fondo ciò che si intende valorizzare.
Le proposte operative mettono in evidenza la necessità di un approccio multidisciplinare, capace di unire rigore scientifico, sensibilità urbana e traiettorie urbanistiche, culturali ed educative.
Dall’altra parte, io credo che la novità più significativa del lavoro di Faedi e Tassinari stia nell’affermazione di un approccio stratificato e integrato.
Per la prima volta, non si contrappongono più le esigenze della tutela archeologica alle funzioni sociali e scolastiche del CEIS.

La ricerca afferma esplicitamente che: “La valorizzazione dell’anfiteatro non può essere scissa dal riconoscimento del suo ruolo nella percezione urbana e nella memoria collettiva della città.”
Questa citazione racchiude, se vogliamo, quella che è la filosofia del lavoro: il valore del sito non si misura solo nella quantità di strutture archeologiche conservate, ma anche nella sua capacità di essere vissuto e reinterpretato nel tempo.
Il CEIS, in questa prospettiva, diventa parte della narrazione culturale dell’anfiteatro, e non un corpo estraneo.
Per la prima volta, viene affermato un concetto importante, quello di ‘stratificazione’ in cui non vengono messe in contrapposizione le esigenze storico/archeologiche con quelle delle strutture scolastiche insistenti su un pezzo dell’area. ‘(…) la ricerca ha evidenziato con forza la necessità di un nuovo progetto di valorizzazione integrata, che tenga conto non solo dell’importanza archeologica dell’anfiteatro, ma anche del suo ruolo nella percezione urbana e nella memoria collettiva della città... Il quadro emerso suggerisce la necessità di un approccio multidisciplinare alla tutela e valorizzazione del sito, che integri la dimensione archeologica, quella urbanistica e quella archivistica’.
Io credo che finalmente, dopo questo studio, si possa affermare che non si tratta più di scegliere tra anfiteatro e CEIS, ma di comprendere come l’uno e l’altro possano coesistere e arricchirsi a vicenda.
Come Amministrazione ci impegneremo a promuovere la massima trasparenza, avvieremo un intervento di pulitura e didattica nell’area musealizzata dell’anfiteatro e manterremo costante il dialogo con la Soprintendenza, titolare delle competenze in materia di scavi e tutela, con cui analizzeremo ogni aspetto per individuare i migliori percorsi di valorizzazione dell’area, seguendo anche le indicazioni dei due archeologi.
La valorizzazione dell’anfiteatro diventa anche un’occasione per ripensare la sua percezione nel paesaggio urbano, restituendo alla città un luogo di connessione tra centro storico, quartieri e memoria collettiva.
La ricerca Faedi–Tassinari segna un passaggio culturale importante per la città di Rimini: non solo ricompone la memoria dell’anfiteatro, ma riconosce la pluralità di significati che lo abitano.
L’anfiteatro non è più solo una rovina antica da recuperare, ma un luogo vissuto e reinterpretato nel tempo — un simbolo di come il patrimonio possa convivere con la vita civile. Il CEIS viene rappresentato come un’esperienza educativa e comunitaria che ha anche aiutato a preservare il senso del luogo e non è più visto in maniera contrapposta e oppositiva.
Si può parlare, finalmente, di coesistenza tra sito archeologico e struttura educativa offrendo un’occasione unica: iniziare a pensare all’anfiteatro e al CEIS insieme,
interpretandoli come un ideale e reale laboratorio di convivenza tra storia e città, tra memoria e innovazione, tra passato e futuro.

I commenti a margine della commissione

Serena Soldati: Consigliera comunale Lista Jamil Rimini Rinata, Presidente della IV Commissione del consiglio comunale

La relazione tecnica degli archeologi Cristian Tassinari a Martina Faedi presentata oggi in Commissione Consiliare offre un quadro chiaro e approfondito della situazione dell’area dell’anfiteatro romano di Rimini. Un documento approfondito, che ripercorre tutta la storia dell'area, i primi scavi di metà '800, quelli degli anni 20 e degli anni 30, i danni dei bombardamenti della seconda guerra mondiale e le grandi fosse lasciate da ordigni bellici, l'abbandono e gli acquitrini, e fino ai più recenti scavi degli anni 80, gli interventi di ristrutturazione, la valorizzazione degli anni 90 fino ad oggi.
Nella relazione si delineano i prossimi passi di studio e si tiene conto dell'immagine complessa ma realistica di una porzione di città in cui si intrecciano storia, memoria e vita quotidiana dei riminesi. Come previsto, il percorso proseguirà in collaborazione con la Soprintendenza, secondo le procedure e nella piena trasparenza. Il primo passo proposto é l’utilizzo del radar geognostico, uno strumento non invasivo che permetterà di verificare la presenza di strutture nel sottosuolo. Alla luce dei risultati, si valuteranno eventuali scavi di dimensioni contenute, compatibili con la vita quotidiana dei residenti e le attività scolastiche ed educative.

Dalla relazione degli archeologi emergono due elementi importanti: da un lato, la consapevolezza delle incertezze che ancora restano su alcune parti della storia dell’anfiteatro; dall’altro, il grande rispetto per la realtà urbanistica e sociale attuale del territorio e per chi lo vive ogni giorno, prestando grande attenzione a cercare soluzioni compatibili con la serenità dei cittadini che vivono in quell'area.

Il CEIS, presente in quella zona da quasi ottant’anni, viene riconosciuto come parte integrante della storia riminese, con un valore educativo, sociale e culturale da rispettare. Non si tratta di contrapporre il passato al presente, ma di cercare una coabitazione possibile tra le diverse stratificazioni della storia.
L’anfiteatro e il CEIS possono coesistere  come due parti fondanti della cultura e dell'identità riminese: l’una radicata nella storia antica, l’altra nella costruzione educativa e sociale del nostro presente.

Dispiace che la minoranza, nei suoi interventi, si sia concentrata più "sul metodo" come spesso fa che non sui contenuti della relazione.
L’obiettivo non è scavare a ogni costo, ma conoscere, capire e valorizzare un’area che rappresenta, in tutte le sue epoche, un patrimonio della città.

Accogliamo con fiducia i prossimi passaggi di questo percorso con la soprintendenza che sarà seguito e accompagnato anche dai lavori del Consiglio comunale, nel segno della collaborazione istituzionale e della trasparenza.

Matteo Petrucci, capogruppo del PD e Annamaria Barilari, Consigliera PD

Dopo decenni segnati da una discussione spesso strumentale inerente all’anfiteatro romano, negli ultimi giorni è stato effettuato un decisivo passo in avanti nelle ricerche storiche ed archeologiche utile per chiarire ancora meglio alcune situazioni fino ad oggi poco indagate. Merito dello studio condotto dagli archeologi Martina Faedi e Cristian Tassinari che, incaricati dal Comune di effettuare ricerche nell’area dell’anfiteatro, hanno consegnato all’amministrazione un corposo documento presentato in Quarta Commissione Consiliare. Una ricerca preziosa che per la prima volta consegna ai riminesi un quadro complessivo e coerente degli interventi di scavo in grado di interessare il monumento in questione dall’800 all’età contemporanea. Insomma non gli studi parziali che sono arrivati fino ai giorni nostri. Un dato di fatto va evidenziato: l’anfiteatro romano è stato probabilmente segnato da un terremoto e da un gravissimo incendio legato all’incursione alemanna. Senza contare che dalla cessazione delle attività al suo interno è sempre stato vittima di incurie, barbarie, vandalismi e ruberie. Un monumento le cui rovine nel corso dei secoli sono servite come riserva di mattoni e materiale edile per i cittadini delle varie epoche, che hanno spogliato con frequenza i resti romani. Per non parlare del ventennio fascista durante il quale l’area, nel 1941, è stata assegnata come orto ai militari operativi a Rimini ed i bombardamenti del 1943 hanno completato l’opera. Tutti elementi che, ad una lettura dello studio, portano a dubitare della presenza e dello stato di conservazione di eventuali reperti significativi. Quanto basterebbe per porre fine alle demagogie della destra riminese. Ebbene lo studio di Faedi e Tassinari introduce per la prima volta nel dibattito due elementi. In primis la necessità di considerare in ottica di valorizzazione tutti i cambiamenti avvenuti sull’area nel corso di duemila anni. Poi palesa le serie incompatibilità esistenti tra ulteriori scavi archeologici, da effettuarsi in pieno centro storico a Rimini, e la quotidianità dei cittadini che verrebbe seriamente compromessa. Basti pensare semplicemente a tutti i servizi presenti nel sottosuolo (acquedotto, fognature, linee elettriche e dati) ed alla viabilità che sarebbe congestionata da camion trasportanti terra di riporto. Ma il problema della destra di Rimini, sappiamo bene essere un altro: il CEIS. Nello studio si evince che qualsiasi attività di scavo archeologico risulta incompatibile con le esigenze di sicurezza, tranquillità e continuità delle attività didattiche perché ovviamente rumore ed alterazione dello spazio non sono complementari alla funzione formativa dell’asilo svizzero. In sintesi uno studio che conferma la bontà dell’operato delle recenti amministrazioni comunali. La svolta ora deve arrivare dall’opposizione. Gettino la maschera, svelino i loro intenti, non utilizzino più l’anfiteatro come stampella per quella che è la loro eterna battaglia politica contro il CEIS. Se non si riconoscono in quella storia di speranza e ricostruzione che oggi si manifesta con standard educativi di qualità assoluta, allora lo dicano a chiare lettere. Lo urlino alla città se non è di loro gradimento il messaggio di vita che Margherita Zoebeli ha lanciato a partire dal 1945, fondamentale per sanare le ferite della seconda guerra mondiale. Perché la distruzione che vediamo adesso nel mondo, Rimini l’ha vissuta in un tempo neanche troppo distante. L’anfiteatro per la destra non è mai stato il vero oggetto d’interesse, ma la leva per sollevare l’asilo svizzero da dove si trova.

 

 

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