L’Avis si rinnova: cosa cambia dopo il 67° convegno nazionale


da associazione diventa una rete di associazioni
sull’intero territorio nazionale.
L’Avis conta 3.169 strutture in tutta Italia, più 24 in
Svizzera. Il nuovo statuto, frutto di un lavoro durato tre anni
e coerente con le attuali normative, delinea un assetto
dell’Avis fortemente legato alla rappresentanza del territorio,
da organizzazione piramidale ad associazione delle associazioni.
Una decisione che, secondo i promotori del cambiamento, si traduce in un allargamento di democrazia e
partecipazione per ogni singolo socio. Degli attuali 326 delegati alla prossima assemblea,
l’Avis ne avrà potenzialmente oltre 3 mila. ”L’approvazione
del nuovo statuto – ha commentato il presidente Andrea Tieghi –
testimonia il buon lavoro del Consiglio Nazionale in carica da
un anno. Ricordo che lo scorso anno la proposta di nuovo statuto
fu bocciato dall’Assemblea nazionale”.
Nell’ultima giornata dei lavori dell’Assemblea nazionale,
l’associazione ha posto l’attenzione su alcune tematiche
fortemente sentite. Prima fra tutte il raggiungimento
dell’autosufficienza del sangue e le consuete emergenze estive.
”L’Avis – ha sottolineato ancora il presidente Tieghi – si sta
attrezzando per la possibile emergenza dell’estate. Campagne di
sensibilizzazione sono già partite in alcune regioni come la
Toscana, il Veneto e la Lombardia. Una mobilitazione che
culminerà l’8 giugno prossimo alla prima Giornata nazionale del
donatore periodico, organizzata insieme alle altre associazioni
del settore e alle istituzioni”. ”Ma il nostro obiettivo – ha
aggiunto – è che la parola emergenza estiva sparisca. Lavoriamo
perché si avvii definitivamente una cultura della
programmazione della donazione nel corso dei 12 mesi dell’anno
attraverso il coinvolgimento sistematico del donatore periodico.
Questo é possibile perché sappiamo che le richieste sono
costanti nel corso dell’anno. Dobbiamo superare l’emotività
legata all’estate e alle esigenze contingenti. L’obiettivo è la
programmazione della raccolta del sangue”.
Tieghi ha poi posto l’attenzione sul possibile rischio della
privatizzazione della raccolta del sangue. ”L’intera catena del
sangue – ha spiegato – deve rimanere pubblica perché il sangue
non é un prodotto da sottoporre al mercato, non si può
acquistare né vendere. Se venissero autorizzate in Italia a
questo lavoro le multinazionali correremmo un forte rischio, sia
in termini di principio che di sicurezza; ad esempio, nella
vicina Austria il sangue si compra”.
L’Avis ha inoltre
chiesto alle istituzioni l’adeguamento del rimborso riconosciuto
dallo Stato per l’attività di associazionismo (quota ferma al
1996) e soprattutto la garanzia che questo sia uniforme su tutto
il territorio nazionale.