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Isokinetic: la pubalgia nel calcio e le evidenze scientifiche riabilitative


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In foto: Un momento della visita del dottor Jacopo Gamberini
Un momento della visita del dottor Jacopo Gamberini
di Icaro Sport   
Tempo di lettura 5 min
Ven 12 Dic 2025 13:32 ~ ultimo agg. 13:57
Tempo di lettura 5 min

La “pubalgia” è un termine generico usato per descrivere il dolore nella regione pubica/inguinale degli atleti.

Ha oltre 60 cause differenti tra patologie internistiche, urologiche e di altra natura. Tra le sue varianti cliniche quella a indirizzo adduttorio, spesso chiamata in letteratura adductor-related groin pain o “sindrome retto-adduttoria”, è tra le più frequenti negli atleti, in particolare nei calciatori. Si caratterizza per dolore localizzato alla giunzione pubica/inguinale che peggiora allo sforzo e nei movimenti sport specifici di scatto e cambio di direzione.

Eziologia e meccanismi

Nei calciatori la sindrome retto-adduttoria è generalmente da sovraccarico (overuse) o da microlesioni ripetute degli adduttori (in particolare, adduzione dell’anca), oppure in seguito a lesioni muscolari acute delle strutture a contatto con la sinfisi pubica. Fattori predisponenti includono riduzione nella mobilità delle anche, disequilibri del bacino, sbilanciamenti di forza adduttori/abduttori, alterata funzione dei flessori/estensori dell’anca, contratture e ridotta elasticità dei muscoli flessori e glutei, scarsa stabilità del core e carichi di allenamento eccessivi.

Diagnosi

La diagnosi è essenzialmente clinica. Durante la visita medica, lo specialista – dopo aver ascoltato bene il paziente – raccoglie l’anamnesi ed effettua test clinici specifici per indirizzare precisamente la diagnosi sul problema specifico. L’imaging (ecografia, risonanza magnetica) aiuta a escludere altre cause (ernia inguinale, lesioni tendinee franche, osteite pubica) e può mostrare edema osseo, lesioni del disco articolare o tendinopatia degli adduttori.

Riabilitazione 

La letteratura sugli approcci riabilitativi per la pubalgia adductor-related è cresciuta e oggi dà indicazioni concrete: terapia manuale, terapie manipolative chiropratiche su colonna e bacino, e soprattutto esercizio terapeutico mirato (in particolare, potenziamento eccentrico e controllo del carico) sono la strategia con le migliori prove di efficacia sia per il trattamento che per la prevenzione.

1. Programmi di esercizio attivo 

Lo studio randomizzato classico di Hölmich et al. (Lancet, 1999) ha mostrato che un protocollo di esercizi progressivi mirati agli adduttori, agli addominali e al controllo motorio è superiore alla sola fisioterapia passiva in atleti con dolore adduttorio cronico, con miglioramento della guarigione e ritorno allo sport. Questo lavoro ha fondato molti protocolli clinici successivi.

2. Rafforzamento specifico degli adduttori

Programmi mirati al rinforzo isometrico prima ed eccentrico poi degli adduttori (ad esempio, esercizi tipo Copenhagen adduction exercise) riducono l’incidenza di problemi all’inguine e aumentano la forza eccentrica degli adduttori. Trial e revisioni riportano riduzioni significative di rischio quando questi esercizi sono inseriti nei programmi di allenamento stagionali. 

3. Gestione del carico e progressione graduale

Oltre agli esercizi specifici, la gestione del carico (riduzione temporanea delle attività che provocano dolore, progressione controllata verso sprint e cambi di direzione) è cruciale: il riposo assoluto prolungato è spesso controproducente, mentre un programma graduale che mantiene attiva la funzionalità in modo controllato favorisce il recupero. Linee guida cliniche recenti enfatizzano esercizio unito al controllo del carico.

4. Terapie manuali, fisiche e interventistiche

Terapie fisiche (tecar, laser, terapie manuali) vengono usate come coadiuvanti per il dolore acuto ma le evidenze sono meno solide rispetto all’esercizio terapeutico per il recupero a lungo termine. Le terapie manuali invece hanno buona evidenza di efficacia se ben condotte e soprattutto “preparano” le unità muscolari e articolari all’esercizio terapeutico. L’intervento chirurgico è riservato a casi refrattari o a lesioni strutturali specifiche (come la lesione di placca o del disco).

I programmi di cura spesso durano diversi mesi e mirano sempre a dare una progressione all’atleta durante il percorso riabilitativo: dalla prima fase che comprende la riduzione del dolore alle ultime fasi che prevedono il recupero della coordinazione e del gesto specifico.

La fase cruciale intermedia di questo processo prevede il recupero della forza dei gruppi muscolari coinvolti.

Per questo l’utilizzo di test medici specifici e obiettivi è di fondamentale importanza come il test isocinetico e il test di analisi del movimento (Test M.A.T.). Il primo permette di vedere eventuali scompensi di forza tra un arto e l’altro, il secondo permette di vedere disequilibri posturali e funzionali di movimento durante i gesti sport specifici dell’atleta. Dopo il periodo di riabilitazione in palestra l’atleta nelle ultime fasi riabilitative lavora sul campo con il terapista in maniera individuale per la gestione dei carichi tramite l’utilizzo di cardiofrequenzimetro e GPS. Tale monitoraggio altamente specifico permette di riconsegnare l’atleta al preparatore della squadra per un rientro in squadra in sicurezza.

Conclusione

La “pubalgia” adductor-related nel calcio – cioè la sindrome retto-adduttoria – è una patologia frequente ma spesso trattabile con successo se affrontata con un protocollo riabilitativo strutturato: diagnosi clinica accurata, esercizio terapeutico progressivo con rinforzo eccentrico specifico e gestione del carico costituiscono la base supportata dalle migliori evidenze disponibili. L’utilizzo di test come quello isocinetico, il Test M.A.T. (di analisi del movimento), la riabilitazione in campo con cardiofrequenzimetro e GPS sono i passaggi attuali in un centro di eccellenza che si occupa di queste problematiche. 

La gestione multidisciplinare che parte dalla visita e dalla gestione del processo di cura del medico specialista, i fisioterapisti che riabilitano in palestra, il chiropratico che effettua terapie manipolative e il preparatore atletico sul campo sono il connubio vincente riabilitativo per un ritorno allo sport completo e in sicurezza.

Dott. Jacopo Gamberini
Medico Chirurgo
Specialista in Riabilitazione ortopedica e sportiva
Isokinetic Rimini

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