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Cronaca Newsrimini Rimini

Dubbi su morte Pantani. ANSA raccoglie commenti di PM e medico legale

di Redazione   
Tempo di lettura 4 min
Sab 27 Ott 2007 15:47
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“Non ho avuto modo di leggere quel libro e non ho alcuna intenzione di farlo”. Così Paolo
Gengarelli, pm riminese dell’inchiesta sulla morte di Marco Pantani. Il libro a cui il magistrato si riferisce è l’inchiesta, pubblicata in questi giorni in Francia e presto in uscita anche in Italia, del giornalista e scrittore parigino Philippe Brunel (‘Vie et mort de Marco Pantanì, Vita e morte di Marco Pantani – Grasset editore, 265 pagine, 18 euro), che ripercorre la vicenda giudiziaria sulla morte del campione di Cesenatico, sostenendo che non si sia indagato a fondo sull’ ipotesi dell’omicidio. La stessa famiglia del ‘Pirata’ non ha mai accettato fino in fondo l’esito delle indagini condotte dalla Procura di Rimini, tanto che la madre Tonina continua a parlare di “delitto”, riferendosi al figlio scomparso.
Secondo il giornalista francese, ci sarebbero più indizi a favore del delitto che della morte per comune overdose. E così si torna a parlare di riaprire l’inchiesta, o almeno questo sarebbe il desiderio della madre di Pantani, sconvolta da alcune affermazioni contenute nel libro, per esempio quella relativa al ‘trasbordo’ del cuore del campione dopo l’autopsia, da parte del medico legale. “Non ho niente da dire su queste ipotesi – dice Gengarelli – per me parlano gli atti dell’inchiesta. Queste che si fanno sono solo supposizioni, speculazioni e congetture.
Personalmente sono tranquillo poiché so che l’inchiesta è stata condotta nel migliore dei modi possibili e non per merito mio: io ho soltanto coordinato l’ottimo lavoro svolto a suo
tempo dagli uomini della Squadra Mobile di Rimini, che hanno dimostrato un grande acume investigativo e hanno avuto anche un pizzico di fortuna. Infine, eventuali dubbi sulla morte di
Pantani sono stati fugati dalle perizie tecniche. Mancano dunque gli appoggi pratici alla tesi dell’omicidio”.
“Ritengo – aggiunge Gengarelli – che sia già stato un grande successo aver trovato gli autori del fatto (riferendosi alla cessione di droga che ha provocato la morte del ciclista, ndr): nella situazione iniziale delle indagini, sembrava di cercare un ago nel pagliaio. Poi la Mobile ha svolto un grandissimo lavoro ed è venuta a capo della vicenda, quale si é realmente svolta”. Tre imputati hanno già patteggiato, altri due hanno invece deciso di affrontare il dibattimento; la sentenza è attesa in dicembre.
L’Ansa ha raccolto anche il commento del medico legale che curò l’autopsia.
“Nel caso di Marco Pantani fu eseguito da parte mia tutto quello che era necessario ed
autorizzato, nel massimo rispetto delle norme e in special modo di tutti coloro che hanno amato questo grande campione”. Così il professor Giuseppe Fortuni, dell’Istituto di Medicina legale dell’Università di Bologna, replica – parlando con l’Ansa – ad un passo del libro del giornalista francese Philippe Brunel in cui si afferma che “la sera dell’autopsia il medico legale si portò a casa il cuore di Pantani; era stato messo in guardia da non meglio precisati pericoli e mancava il guardiano dell’obitorio”.
“Si sta facendo una tempesta in un bicchiere d’acqua”, commenta il medico legale. “Il 16 febbraio 2004 – ricorda Fortuni – al termine della lunga autopsia eseguita a Rimini sul corpo di Marco Pantani, come richiestomi ed autorizzato dal magistrato che mi conferì l’incarico, eseguii tutti i prelievi anatomici
necessari per gli esami chimici e microscopici, al fine di stabilire le cause e le circostanze del decesso. Rientrato a tarda notte con il contenitore dei prelievi nella mia città, Bologna, visto l’impatto mediatico suscitato dall’evento e poiché durante il viaggio ero stato affiancato da alcune auto (che solo successivamente seppi essere auto di giornalisti che mi avevano riconosciuto), piuttosto che depositare i prelievi nei laboratori del mio Istituto, certamente ben protetti ma allora privi di custodia notturna, ritenni più prudente
conservarli, per le poche ore che mi dividevano dal mattino seguente, negli appositi spazi previsti (cantine) in un mio studio che è collegato con la mia abitazione. Certamente di
ciò non diedi notizia a nessuno, neppure ai miei familiari. Il giorno seguente i campioni vennero inviati negli appositi laboratori per le analisi del caso. Preciso inoltre – conclude il prof. Fortuni – che le parti dei prelievi d’organo che rimangono al termine degli esami divengono di fatto ‘corpi di reato’ che non possono essere in
alcun modo dispersi né distrutti, e che restano in custodia del Perito fino a diversa disposizione dell’autorità giudiziaria”.
(ANSA).

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