Distribuzione diretta dei farmaci. Federfarma contro Ausl: pronti a serrata


Secondo Federfarma (alla quale aderiscono 69 farmacie) quella riminese è un’anomalia acclarata. Il riferimento è l’accordo regionale nel quale è previsto che il volume della distribuzione diretta dei farmaci di fascia A (quelli con la ricetta rossa) torni ai livelli del 2008: l’Ausl dovrebbe prioritariamente ricorrere per la distribuzione alla rete delle farmacie.
Federfarma invece mostra dati in controtendenza: la spesa dell’Azienda Sanitaria riminese per la distribuzione mediante farmacie convenzionate è passata dai 49,7 milioni di euro del 2007 ai 46,5 del 2009 mentre la spesa per la distribuzione diretta è passata da 8,8 milioni a 12,8 milioni.
Il presidente De Luigi chiede un incontro con l’Ausl per discutere di questa situazione e se ciò non avverrà “valuteremo seriamente la possibilità di una serrata”.
“L’accordo regionale – attacca il presidente regionale di Federfarma Domenico Dal Re – non è economicamente penalizzante per l’azienda sanitaria riminese che, tra l’altro, non supera il tetto di spesa farmaceutico fissato dal ministero. Non capisco quindi perchè il ricorso così cospicuo alla gestione diretta che è anche più rischiosa visto che il passaggio dalla rete faramceutica garantisce più trasparenza.”
Ad uscire maggiormente penalizzate da questa situazione sono le farmacie rurali ed in modo particolare le 10 presenti nell’Alta Valmarecchia. “La scelta di dirottare i cittadini verso punti alternativi di distribuzione dei medicinali – spiega Daniele Raganato, titolare della farmacia di Perticara – oltre ad arrecare danno alle persone, sottrae risorse alle farmacie che, nelle zone periferiche, spesso rappresentano l’unico presidio sanitario sul territorio.”
“So che molti colleghi – prosegue Raganato – stanno pensando di chiudere.”
Nel caso della Valmarecchia (18mila abitanti e 10 farmacie) infatti a pesare è anche il passaggio di regione: le Marche riconoscevano alle farmacie rurali un sussidio che poteva arrivare fino a 12mila euro mentre l’Emilia Romagna ne riconosce uno simbolico di 400 euro all’anno.
La nota stampa di Federfarma
Va dritto al cuore del problema, senza preamboli, l’indagine promossa da Federfarma Rimini per comprendere se la scelta di ricorrere in modo abnorme alla distribuzione diretta dei farmaci – soluzione che salta letteralmente a piedi pari la farmacia territoriale – da parte dell’Azienda Usl di Rimini è gradita ai cittadini e se vi è da parte loro la consapevolezza che la possibilità di rivolgersi alla farmacia di fiducia o semplicemente più vicina rimane praticabile, anche quando si è caldamente invitati a scegliere canali alternativi.
Un mese di lavoro durante il quale sono state coinvolte tutte le 69 farmacie aderenti a Federfarma. Quattro domande semplici – 1) Ti hanno indirizzato in ospedale a ritirare i farmaci? 2) Chi te lo ha suggerito? 3) Sai che puoi ritirarli anche nella tua farmacia? 4) Vorresti ritirarli nella farmacia a te più gradita? – per comprendere se quanto da mesi va lamentando l’Associazione è fondato. Non un sondaggio, quanto piuttosto lo sforzo diretto prima di tutto a mettere in atto un’operazione “verità” per ricordare e spiegare le prerogative di un diritto, quello di ritirare i farmaci presso la farmacia preferita, che oggi appare declassato a causa di scelte, pervicacemente sostenute dall’Azienda sanitaria di Rimini.
“Il parere dei 1.800 cittadini della provincia di Rimini che hanno risposto non lascia nessuno spazio alle interpretazioni. Il 99% delle persone ascoltate afferma che, potendo scegliere, preferisce ricevere le medicine dal proprio farmacista di fiducia, evitando spostamenti inutili e perdite di tempo. Si tratta di una percentuale altissima, che a nostro parere obbliga tutti, a partire dall’Azienda Usl, sino ai politici e alla regione Emilia-Romagna ad una riflessione. Su un tema così importante come la salute il parere del cittadino non può essere una variabile di cui non tenere conto. La qualità dell’assistenza è strettamente legata anche alla modalità d’accesso. Se non si valuta adeguatamente il peso di questo parametro, alla fine si creano due categorie di cittadini, di serie A e di serie B. I primi possono rivolgersi liberamente alla farmacia territoriale, i secondi devono rinunciare a questa opportunità per scelte che di fatto sono imposte” spiega Roberto Deluigi, presidente provinciale di Federfarma Rimini.
Entrando nel dettaglio dei dati raccolti, emerge che ben il 64% dei cittadini afferma di avere ricevuto l’esplicito suggerimento di ritirare i farmaci di cui necessita presso un ospedale e aggiunge che nel 15% dei casi l’indicazione è arrivata dal proprio medico di medicina generale. Inoltre più di 3 cittadini su dieci non sanno che possono ritirare i medicinali in farmacia anche quando si suggerisce di andare in ospedale.
“Siamo di fronte ad un’anomalia acclarata. Non possiamo però fermarci alla semplice denuncia. Perché se si continua sistematicamente a tradire lo spirito dell’accordo regionale in materia di distribuzione diretta dei farmaci, si mette seriamente a rischio l’esistenza stessa della rete delle farmacie territoriali. Per un presunto, mai davvero dimostrato, risparmio economico si stanno letteralmente scardinando le regole che permettono di avere una rete capillare d’assistenza. Le farmacie del territorio sono un patrimonio della comunità, per la loro distribuzione, per le rigorose regole che ne disciplinano il funzionamento sulla base di una concessione pubblica, per la capacità
di fornire un servizio senza soluzione di continuità, 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Va però precisato che sino a oggi ciò è stato possibile perché sono rispettate quelle regole che ne permettono la sopravvivenza anche in quelle zone in cui criteri esclusivamente commerciali renderebbero impossibile la sopravvivenza di una farmacia”. A rincarare la dose è Domenico Dal Re, presidente regionale di Federfarma preoccupato per una deriva che si sta diffondendo in tutta la regione. “Rimini è la punta, in negativo, di un iceberg ed è quindi importante essere qui in prima linea, ma il messaggio è rivolto anche all’assessorato regionale alla sanità. Se si vuole realmente garantire l’omogeneità del servizio il nostro orizzonte d’azione deve essere quello dell’Emilia Romagna”.
E che il tema sia di grande attualità e trasversale lo ha evidenziato la presenza all’incontro con la stampa di oggi, 21 luglio, non solo dei rappresentanti di Federfarma, ma anche quella di Giulio Mignani, presidente Ordine dei Farmacisti di Rimini e Prisco Minichiello, direttore Farmacie Comunali Riccione.
IL CASO ALTA VALMARECCHIA
Un problema nel problema. Le dieci farmacie attive in Valmarecchia nei comuni di Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant’Agata Feltria, Maiolo, Casteldelci e Talamello, più di altre rischiano il collasso a causa di un equilibrio economico che sta per saltare. “La scelta di dirottare i cittadini verso punti alternativi di distribuzione dei medicinali oltre ad arrecare spesso pesanti disagi alle persone, sottrae risorse ad una farmacia che offre un servizio fondamentale in località periferiche. Nella maggior parte dei casi si tratta di farmacie rurali, veri e propri punti d’accesso ad una serie di servizi sanitari, collocati in piccoli agglomerati. Proprio per questa ragione hanno un’importante funzione sociale, in quanto rappresentano spesso l’unico presidio sanitario esistente sul territorio, dove opera un professionista laureato, a disposizione degli utenti 24 ore al giorno, 365 giorni l’anno. Il farmacista rurale, per di più, vive una situazione imprenditoriale caratterizzata da un forte impegno sotto il profilo finanziario, in quanto, le difficoltà di rifornimento impongono la necessità di dotare la farmacia di ingenti scorte di medicinali per far fronte immediatamente alle richieste dei malati” spiega Daniele Raganato, titolare dell’omonima farmacia di Novafeltria (loc. Perticara), da mesi in prima linea per vedere riconosciuti e meglio tutelati i diritti delle farmacie dell’Alta Valmarecchia, entrate a far parte dell’Azienda Usl di Rimini da gennaio 2010.