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Derivati. Rimini e Cattolica sperano nel tribunale: troppo costoso chiuderli

di Redazione   
Tempo di lettura 2 min
Mer 6 Ott 2010 17:16 ~ ultimo agg. 13 Mag 23:54
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4 erano, e 4 restano. Nonostante l’allarme degli economisti, i comuni della provincia di Rimini con derivati attivi non è cambiato rispetto al 2008. Nel resto dell’Emilia Romagna, invece, 35 comuni su 60 hanno deciso di chiuderli. Lo rivela l’edizione di oggi del Sole 24 ore.

Rimini risulta così terza provincia in regione per numero di enti detentori di derivati, e addirittura seconda per importo del debito sottoposto a swap: 69milioni 633mila euro, inferiore solo ai 102 di Parma.

Tra i 4 comuni c’è anche Rimini che di swap ancora attivi ne ha due, entrambi aperti nel 2002 con l’Unicredit. In questi 8 anni, il Comune ci ha perso complessivamente 600mila euro. Ma nonostante questo, non li ha chiusi.

“Abbiamo deciso di non chiudere gli swap perchè uno è in attivo, per l’altro invece costa di più pagare la penale che tenerlo aperto – ha spiegato l’assessore al bilancio del Comune di Rimini, Antonella Beltrami, intervistata da Icaro Tv. – Inoltre attendiamo l’esito della causa contro l’Unicredit, che secondo i nostri legali non ha rispettato le clausole della gara d’appalto europea con cui le abbiamo affidato la sottoscrizione”.

Anche il comune di Cattolica, che nel 2008 era finito nell’inchiesta di Report, ha fatto causa alla Bnl per il suo swap. Quest’anno gli costerà quasi 900mila euro di interessi. Ma per chiuderlo – ci ha spiegato il sindaco Tamanti – ce ne vorrebbero 3 milioni e mezzo. Per questo, nonostante una prima sentenza sfavorevole, il Comune ha fatto ricorso in appello.

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