Caos Imu. L’assessore Brasini suggerisce l’accertamento convenzionale


Un principio, quest’ultimo, previsto dalla Costituzione, che dà la possibilità ai comuni di rinviare all’anno successivo le scelte sulle leve fiscali o di agire sulla spending review.
“Siamo ancora in attesa di sapere quale sarà la soluzione per risolvere il ‘pastrocchio’ della ‘mini Imu’, che pur se ‘mini’ rappresenta una grande beffa nei confronti di quei Comuni che, come il nostro, hanno fatto i salti mortali per garantire un bilancio solido e soprattutto equo, senza alzare la pressione fiscale. Ora ci troviamo davanti all’ennesima ‘magagna’ da risolvere, derivazione di un peccato originale di cui paghiamo le conseguenze: l’aver ceduto al capriccio demagogico dell’ormai ex Pdl e del suo leader Berlusconi, cancellando per tutti, senza distinzioni, l’Imu sulla prima casa, che rimodulata e in altre forme è presente in quasi tutti i Paesi europei. Il dato di fatto è che adesso il Paese è ingessato e questo stallo pesa anche e soprattutto sui Comuni.
In questi giorni, resisi conto dell’assurdità della ‘mini Imu’, si sta tentando in tutti i modi di mettere una pezza, con le più svariate proposte. L’ultima in ordine di tempo è l’emendamento Rughetti, che propone, sintetizzando, che chi ha tre o più case pagherà di più. Nulla da eccepire sul fatto che chi ha tre abitazioni possa anche permettersi di contribuire con un peso maggiore. E’ sul principio che non ci stiamo.
Parliamo chiaro: l’introduzione della ‘mini Imu’ nasce dal fatto che i principali Comuni italiani nel 2013 hanno deciso di aumentare le aliquote, rendendo impossibile allo Stato di garantire la copertura. Qui però emerge il “difetto” di fondo di questa manovra: come può l’Amministrazione comunale di Rimini chiedere ai cittadini, che hanno già pagato quanto dovuto, di aprire ancora una volta il portafoglio per pagare gli asili di Milano o gli impianti sportivi di Bologna e non per avere altri servizi sul proprio territorio? Non voglio entrare nel merito delle scelte fiscali che hanno fatto altri Comuni, ma voglio ribadire l’esatto contrario: è necessario salvaguardare l’autonomia degli enti locali in materia di tributi, autonomia che rappresenta anche una responsabilità politica. I cittadini valutano l’operato di chi amministra sulla sulla base delle scelte compiute. Noi abbiamo scelto di fare un bilancio equo, non ritoccando le aliquote al rialzo, mantenendo l’Irpef al minimo e alzando l’esenzione a chi ha un reddito al di sotto del 15mila euro. Non si possono rompere gli equilibri di bilancio per capricci demagogici o per l’operato di Comuni meno virtuosi. Per questo motivo chiediamo che il governo valuti la possibilità di seguire un principio assoluto: quei 90 Comuni che hanno ritoccato le aliquote nel 2013 facciano pagare ai loro cittadini la manovra (che è peraltro modesta rispetto alle ripercussioni che crea a livello nazionale!). Oppure lo Stato, con un emendamento, dia a quei Comuni la possibilità di procedere al cosiddetto “accertamento convenzionale”, che consente di rinviare all’anno successivo la scelta di attivare le proprie leve fiscali o di operare, come ha fatto il Comune di Rimini, attraverso la spending review. Si tratta di garantire un diritto sancito dalla Costituzione: equità fiscale ed eguaglianza dei cittadini. Tutto questo augurandoci che lo Stato tenga fede alla sua promessa di garantire ai Comuni l’invarianza del gettito 2012. L’alternativa si tradurrebbe, per circa 42.000 cittadini riminesi, nel dover saldare per conto dello Stato “debiti altrui” (mini-IMU) di 1,7 milioni di Euro con un costo medio su base annua per ciascun proprietario di prima abitazione di circa 40 Euro”.