Ass. Beltrami: Finanziaria crea buco da 2,8 milioni per casse comunali


Lo ricorda l’assessore comunale al Bilancio, Antonella Beltrami, a margine di alcune considerazioni sul rapporto tra conti pubblici e amministrazioni locali.
Nel 2007 i Comuni italiani sono passati dai 3miliardi e 700 milioni di euro di debito del 2006 a un avanzo positivo di 325 milioni. La spesa corrente primaria della PA che negli ultimi dieci anni cresce del 2% medio all’anno, nei Comuni cresce dell’1,4%, nelle Province dello 4,1%, nella sanità dell’3,8%, nella previdenza del 2,4% e nelle regioni (al netto della sanità) dell’1,5%. La spesa per il personale nei comuni nel 2007 è diminuita del 6%, nelle altre amministrazioni pubbliche è incrementata del 4%. Nel 2007 i comuni che non hanno rispettato il patto di stabilità sono stati solo 267, ma i sacrifici imposti ai comuni hanno prodotto nel 2007 una contrazione degli investimenti in conto capitale del 26,84%. L’autonomia finanziaria dei comuni è passata dal 42% del 1995 al 60% del 2007. Questi dati dimostrano come i comuni contribuiscano seriamente al risanamento dei conti pubblici.
L’indennità del sindaco di una grande città va varia tra 8 e 9 mila euro mensili, e dal 2001 è stata ridotta del 10%, quella di un consigliere regionale varia dai 13 ai 15 mila euro mensili ed ha avuto diversi incrementi. Non sarebbe più equo premiare chi amministra bene e punire gli altri? Eppure sembra che, ancora un volta ai comuni, verranno applicati pesanti tagli di risorse. Sono forse i comuni il ventre molle su cui scaricare i maggiori costi di una struttura di bilancio della PA inefficiente ed immutata da dieci anni in cui il tema del riequilibrio delle risorse e della perequazione non è più eludibile?
Per rendersene conto basta osservare i dati della spesa pro-capite per cittadino che possono passare dai 1.497 euro pro capite della Valle D’Aosta (regione a statuto autonomo) ai 551 euro della Puglia e che, anche nei comuni, hanno oscillazioni sensibilissime a seconda dell’appartenenza geografica e della dimensione demografica (comuni molto grandi e piccoli spendono molto di più di quelli medi).
Occorre superare il paradosso del finanziamento basato sulla spesa storica che favorisce chi ha speso di più restituendo razionalità alla distribuzione delle risorse comparandole ai servizi ritenuti essenziali ed ad un loro costo standard definito. Oggi lo stesso servizio può avere costi che variano anche di 5 volte a seconda dell’ente che lo eroga, e non in funzione della qualità dello stesso, poiché spesso i servizi più scadenti hanno costi più elevati.
Per restituire certezza ed adeguatezza di risorse agli enti locali occorre che la riforma federalista attribuisca ai comuni una compartecipazione dinamica all’IRPEF, in modo da lasciare al territorio una parte delle tasse pagate dai propri cittadini, ma anche che sia accompagnata da una riforma delle autonomie locali che attribuisca le funzioni ritenute essenziali ai vari enti territoriali, definisca standard di costo per i servizi e garantisca le risorse adeguate e certe per erogarli.
Per i comuni nel 2008 vi è un problema di incertezza sulle risorse impegnate nei bilanci preventivi che dipende da interventi del precedente e dell’attuale governo. Mi riferisco al decreto Visco che sovrastimando alcune entrate ICI ha prodotto un ammanco per i comuni già nel 2007 di 609 milioni di euro (coperto con 500 milioni nella manovra di assestamento del mese scorso) e che vale 768 milioni per il 2008 e 818 per il 2009. A ciò si somma la riduzione di 313 milioni della finanziaria 2008 (altra sovrastima di minori spese) serviti a finanziare le regioni e l’eliminazione dell’ICI prima casa che non è coperta per 596 milioni di euro.
Il decreto che elimina l’ICI, infatti, fissa un rimborso ai comuni di 2.600 milioni a fronte di minori entrate ICI per i comuni ammonta a 3.200 milioni (dato 2006), e che essendo fisso per tre anni, non tiene conto della dinamicità del tributo che cresce mediamente del 4% all’anno.
Per restituire questa risorsa persa, basterebbe riconoscere ai comuni, come avviene in quasi tutti i paesi europei, una parte della tassazione erariale sulla casa (IRPEF; Imposta registro, Tassazione sugli affitti, ecc) che già i cittadini pagano e che rappresenta i due terzi di tutta la tassazione sugli immobili. Queste alcune delle proposte che ANCI ha fatto al governo per ovviare alla difficile situazione in cui i comuni si trovano rispetto alla tenuta del bilancio già approvato 2008, e che senza interventi del governo, si tradurrebbe ad esempio per il comune di Rimini in un buco di 2,8 milioni di euro.
Antonella Beltrami
Assessore alle Politiche Finanziarie e di Bilancio del Comune di Rimini