Decreto Cutro. Il Tar dà ragione a due migranti che si erano visti negato il permesso per lavoro


Il TAR dell’Emilia Romagna ha accolto l’impugnazione di due cittadini stranieri verso il rigetto della conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale a permesso di lavoro subordinato. In entrambi i casi la Questura di Rimini, basandosi sul decreto Cutro, aveva respinto l’istanza tesa ad ottenere la conversione. L’intervento del tribunale regionale, di fatto dà ragione ai due ricorrenti, seguiti nel percorso legale dagli avvocati Paola Urbinati e Rosangela Altamura e condanna l’amministrazione al pagamento di una pena pecuniaria di 2mila euro per ognuna delle cause. “La modifica normativa – si legge nella sentenza – a differenza di quanto sostenuto dalla Questura di Rimini nel provvedimento gravato, non consente di ritenere che le istanze di conversione del permesso di soggiorno per protezione speciale in permesso di soggiorno per lavoro subordinato presentate dopo l’entrata in vigore del “decreto Cutro” non possano trovare accoglimento”.
Questioni tecniche, ma che aprono anche ad una valutazione politica sul tema dell’accoglienza e dell’integrazione dei migranti sul territorio. Ad analizzare la sentenza è l’assessore alla protezione sociale Kristian Gianfreda che mette in luce la farraginosità della transizione segnata dal decreto, che limiterebbe un processo di integrazione positiva: Le due recenti decisioni del TAR si riferiscono ovviamente a questioni tecniche che stanno emergendo nell’attuale fase transitoria. Non spetta certamente al TAR mettere in discussione in toto il cosiddetto ‘decreto Cutro’ del Governo Italiano. Ma certo è che le due sentenze a favore dei ricorrenti portano acqua al mulino di chi, da oltre un anno, sottolinea i limiti e le insidie di un decreto come quello che, nella sostanza, va a rendere più difficile il processo di integrazione degli stranieri in Italia. Se infatti il doppio giudizio del Tribunale amministrativo regionale accende un faro sulle farraginosità della transizione tra il prima e il dopo decreto (tante ne arriveranno, a mio parere, di sentenze come queste due), di fondo rimane una paradossale conseguenza: con il cosiddetto ‘Cutro’ gli stranieri che sono qui con il permesso di soggiorno di protezione sociale non possono ‘per decreto’ trasformarlo in permesso per motivi di lavoro, limitando tantissimo con ogni evidenza il processo di integrazione positiva. E’ un problema che chi opera nel sociale sta vedendo tutti i giorni, anche nella nostra provincia. Dovremmo smetterla di agire con l’urgenza dell’ideologia per provare a orientarci su una concretezza più logica, realistica e se mi si permette umana.
“Una situazione – precisa l’avvocato Paola Urbinati – che si è verificata in tutta Italia, non solo a Rimini, in quanto all’indomani del Decreto Cutro sono sorti dei dubbi interpretativi su un punto in particolare, e cioè se le persone che avevano ricevuto la protezione speciale con la vecchia legge avrebbero potuto trasformarla in un permesso di lavoro o meno, dato che con la vecchia legge si poteva fare, e dal Decreto in Cutro in avanti no.
“Secondo i legali che interpretavano la legge e le norme transitorie si poteva convertire perché permessi vecchi andavano con le vecchie norme, mentre invece le questure hanno avuto un atteggiamento più restrittivo, perché hanno ricevuto una circolare interpretativa del Ministero che metteva dei parametri molto stretti e che sostanzialmente indicava la linea di governo secondo cui la non si poteva convertire il permesso.
A questo punto, in tutta Italia le questure hanno cominciato a bloccare la conversione e a dire a chi aveva la protezione speciale e la voleva trasformare in lavoro, in base alla nuova legge non poteva più farlo. Di contro gli avvocati hanno cominciato a fare cause davanti al Tar. E tutti i Tar si sono pronunciati in maniera uniforme affermando che il permesso dato con la vecchia legge si poteva convertire come diceva la vecchia legge. Nonostante questo le questure hanno faticato ad adattarsi alle pronunce del Tar, continuando a negare la conversione e costringendo gli avvocati a fare nuovi ricorsi e infine al Tar a pronunciarsi ancora più duramente chiedendo alla pubblica amministrazione di pagare le spese, cosa che succede molto di rado.
Questo però ha portato alla risoluzione della querelle, perché di recente, il 29 maggio, è finalmente uscita una nuova circolare ministeriale che reinterpreta la legge e permette la conversione dei permessi”.
Anche il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad è intervenuto su facebook attraverso la storia di Lamine Yamal, rifugiato con padre marocchino e madre della Guinea arrivato in Spagna dove si è fatto conoscere come talento del calcio.
Non tutti i migranti, o i loro figli, hanno la fortuna di avere un talento innato per il pallone e di essere notati da uno dei club più blasonati al mondo. – ha scritto il sindaco – Tutti invece hanno diritto di avere un’opportunità e di essere messi nelle condizioni di costruire il proprio futuro.