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l'inchiesta sugli appalti

Processo Tecnopolo e Acquarena, chieste 13 condanne

In foto: repertorio
repertorio
di Lamberto Abbati   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 7 feb 2023 19:30 ~ ultimo agg. 8 feb 13:32
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Si avvia verso la conclusione il processo sugli appalti di Tecnopolo e Acquarena, che vede imputate 18 persone, tra cui tre dirigenti comunali oltre a professionisti e tecnici, davanti al tribunale monocratico di Rimini. Quattordici gli anni di reclusione complessivi chiesti questa mattina (martedì) dal pubblico ministero Annadomenica Gallucci nei confronti di 13 imputati, 5 invece le assoluzioni. Due le partici civili: Comune di Rimini e Regione Emilia Romagna.

L’inchiesta della Guardia di Finanza era partita nel 2015 dalla denuncia dell’allora assessore ai Lavori Pubblici, Roberto Biagini, su alcune ombre che riguardavano gli appalti del Comune di Rimini per Acquarena e Tecnopolo. Per la mancata realizzazione della piscina in via della Fiera è stata chiesta la condanna (ad un anno e un mese di reclusione) nei confronti di quattro imputati, tra i quali figura il modenese Mirco Ragazzi, titolare di una società di consulenze, secondo gli inquirenti il cosiddetto “facilitatore” delle aziende che si erano aggiudicate l’appalto, le quali facevano capo ad Axia, società fallita a pochi mesi di distanza dall’inizio del cantiere. L’accusa è di di falso ideologico e turbativa d’asta per aver prodotto – stando a quanto ricostruito dalle Fiamme gialle – una documentazione bancaria fasulla che veniva retrodatata, così da dimostrare il coinvolgimento di istituti bancari in data anteriore alla data di scadenza della presentazione delle offerte.

La vicenda del Tecnopolo, invece, il centro di ricerca universitaria di via Dario Campana (inaugurato nel 2017), vede tra gli imputati Massimo Totti, dirigente all’epoca dell’Unità progetti speciali del Comune di Rimini (chiesta una condanna a un anno e 3 mesi). Secondo l’accusa, gli imputati avrebbero dichiarato il falso in alcuni verbali nella fase del collaudo dell’opera, per non perdere così il contributo della Regione (un milione e 350mila euro), poi regolarmente stanziato. Pene  di un anno e 3 mesi e di un anno e un mese sono state chieste rispettivamente per due dipendenti comunali: Pierpaolo Messina, direttore dei lavori del Tecnopolo, e Donata Bigazzi, architetto collaudatore. Chiesta invece l’assoluzione, perché il fatto non costituisce reato, nei confronti dei responsabili degli impianti elettrici.

Due le prossime udienze, fissate il 23 e 24 febbraio per le repliche, dopodiché ci sarà la sentenza di primo grado su quello che fu uno scossone all’interno dell’amministrazione pubblica riminese.