Indagine Confindustria: per le imprese pesanti conseguenze dalla guerra

Il Centro Studi di Confindustria Romagna ha effettuato questa settimana un’indagine flash sui propri associati dalla quale emerge preoccupazione per il costo dell’energia e per le conseguenze della guerra e delle sanzioni sulla Russia. Quello dei paesi coinvolti nel conflitto è un mercato di riferimento per molte imprese: nei primi nove mesi del 2021 secondo i dati ISTAT elaborati dalle Camere di Commercio territoriali, in provincia di Forlì-Cesena le esportazioni verso la Russia e Ucraina ammontano a 76 milioni di euro mentre le importazioni raggiungono quota 12,6 milioni di euro. Nello stesso periodo, in provincia di Rimini le esportazioni verso la Russia e l’Ucraina ammontano a 85,3 milioni di euro mentre le importazioni raggiungono quota 1,8 milioni di euro. In provincia di Ravenna le esportazioni verso la Russia e l’Ucraina ammontano a 79,3 milioni di euro mentre le importazioni raggiungono quota 336,4 milioni di euro per l’attività dello scalo portuale.
Quattro aziende su dieci prevedono un calo di fatturato estero fino al 20% nei prossimi sei mesi, a causa dell’invasione militare dell’Ucraina e delle conseguenti sanzioni scattate nei confronti della Russia. Il sistema produttivo del territorio si attende anche un ulteriore rincaro dei costi energetici e di trasporto.
“Il primo pensiero è all’emergenza umanitaria, alle vittime e ai profughi di questa guerra disumana: va adottata ogni misura possibile contro il tentativo di calpestare libertà e sovranità dei popoli con la violenza – afferma il presidente Roberto Bozzi – Confindustria ha subito accolto la proposta della CISL di attivare un fondo per sostenere in modo concreto la popolazione ucraina”.
“Il sistema delle sanzioni sta generando difficoltà negli scambi e nei rapporti commerciali – continua Bozzi – e l’escalation degli eventi degli ultimi giorni impatterà pesantemente su energia e logistica”. Il 38,1% delle imprese interpellate prevede appunt0 un calo fino al 20% del fatturato da export nel medio termine. Alla domanda su quali conseguenze sono maggiormente temute per la propria attività, i rispondenti hanno indicato i rincari dei costi energetici (63,5%), i costi di trasporto (50,8%) e l’erosione dei margini di profitto (47,6%).
“Questi dati ci confermano che va radicalmente rivisto l’approccio alla politica energetica: rilanciamo quindi la necessità di arrivare a un forte aumento dell’estrazione delle riserve nazionali di gas naturale, di potenziare la quota strutturale di energia da rinnovabili riservata alle imprese, e di aumentare la quota di GNL liquido via mare, diversificandone al massimo i Paesi di provenienza”.
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