L'industria cresce ma c'è lo spettro dell'aumento di energia e materie prime

Per le industrie del territorio romagnolo il 2022 è iniziato tra attese e incognite: da un lato la prospettiva di completo recupero dei livelli di Pil pre-Covid, dall’altro la frenata che sta subendo la produzione a causa dell’aumento dei prezzi energetici e delle materie prime. E’ quanto emerge dall’indagine congiunturale del Centro Studi di Confindustria Romagna che ha raffrontato il II semestre 2021 con quello dell’anno precedente.
A minacciare la rincorsa iniziata nella seconda parte dell’anno scorso, l’aumento del costo delle materie prime, in aumento per il 75,5% dei rispondenti: considerevoli nello specifico gli aumenti
del costo dell’energia elettrica e del gas naturale. E’ questo il motivo per il quale c’è cautela per i primi sei mesi del 2022, e le previsioni sono per la grande maggioranza di stazionarietà.
“Il caro energia – spiega il presidente di Confindustria Roberto Bozzi – pesa su tutte le materie prime e sulla capacità di spesa: con questi rincari il futuro non è roseo e lo vediamo già dal rallentamento dei mercati registrato in queste settimane. Considerando che l’approvvigionamento del gas metano è un problema prettamente europeo e segnatamente italiano, c’è forte preoccupazione soprattutto per quelle aziende che esportano e subiscono un gap di competitività all’estero. Ribadiamo quindi il nostro appello a intervenire subito per cercare di allentare la morsa energetica, sprigionando quanto prima il potenziale di gas naturale che possiamo estrarre a livello nazionale”.
La situazione riminese presenta diversi elementi incoraggianti, che potrebbero confermarsi nel 2022.
Nel secondo semestre del 2021 tutti i dati mostrano un netto miglioramento per le imprese della provincia di Rimini. Il fatturato ha registrato un aumento del 21,5%, la produzione del 24,4% rispetto allo stesso periodo del 2020. Il fatturato interno ha registrato un aumento del 29,1%, più consistente rispetto a quello estero (+3,6)%. Per quanto riguarda gli ordini nel secondo semestre il 63% degli imprenditori segnala un aumento, per il 26,1% sono stazionari e per il 10,9% in diminuzione; per gli ordini esteri un 48,9% li ha visti stazionari, un 36,2% in aumento e in diminuzione il 14,9%. Migliora il dato sull’occupazione (5,7%). Per quel che riguarda gli ordini totali, il 63% delle imprese ha segnalato un aumento, il 26,1% stazionarietà ed il 10,9% una diminuzione. Per gli ordini esteri, il 48,9% delle imprese li ha avuti stazionari, il 36,2% li ha visti in aumento mentre solo il 14,9% in diminuzione. Il dato relativo alle giacenze mostra una stazionarietà per il 70,2% del campione, un aumento per il 23,4% ed una diminuzione per il 6,4%. Il costo delle materie prime ha visto il dato in aumento per il 70,2%, una stazionarietà per il 29,8%, nessuno ha rilevato una diminuzione. Per quanto riguarda il ricorso alla CIG gli associati hanno indicato: da escludersi 53,3%, probabile ma limitata 22,2%, poco probabile 20%, probabile e consistente 4,4%. Le difficoltà di reperimento del personale risultano: nessuna 15,6%, bassa 11,1,%, media 42,2%, elevata 17,8%, molto elevata 13,3% Le previsioni, relative al primo semestre 2022, evidenziano per la maggior parte delle imprese una aspettativa diversificata. L’andamento della produzione viene previsto in aumento da un 74,5% delle imprese, stazionario da un 25,5% e nessuno degli imprenditori prevede una diminuzione. Per quanto riguarda invece le previsioni sugli ordini: il 47,9% degli imprenditori prevede una stazionarietà, il 45,8% prevede un aumento e il 6,3% una diminuzione. Con riferimento agli ordini esteri: per il 48,9% sono previsti in aumento, per il 42,6% stazionari e per l’ 8,5% in diminuzione. Per quel che riguarda le giacenze, il 55,3% delle imprese le prevede stazionarie, il 38,3% in aumento ed il 6,4% in diminuzione. Le previsioni sull’occupazione sono stazionarie per il 68% del campione, in crescita per il 27,7% ed in calo per il 4,3%.
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