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"non si cercano soluzioni facili"

Il mito della dad e la scuola-capro espiatorio. La lettera di 18 presidi

In foto: una lezione a distanza
una lezione a distanza
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mar 25 gen 2022 12:04 ~ ultimo agg. 26 gen 12:22
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Giorni, settimane, mesi complessi per la scuola, dove studenti, professori, personale scolastico, presidi e famiglie, si trovano a vivere, sballottati tra regole che cambiano, dad, did, quarantene e green pass. E’ difficile raccontare quale sia lo sguardo più credibile sulla scuola. La realtà è complessa e come tale merita una riflessione ampia ed approfondita. Spesso abbiamo dato conto delle difficoltà delle famiglie, alle prese con le lunghe giornate dei figli costretti a casa dall’ennesimo stop, causa covid, dei professori, tenaci e stremati al contempo. Oggi riportiamo la posizione dei dirigenti scolastici riminesi, di elementari e medie. In 18 (ma il numero ci hanno spiegato è ancora più ampio) hanno sottoscritto una lettera aperta, scritta in prima persona ma che rappresenta il pensiero di tutti i firmatari.

Scrivono delle difficoltà che quotidianamente affrontano e non ci stanno alle accuse di chi pensa che non attivare la dad (in caso di alunni in parte in presenza e in parte a casa) sia “la soluzione facile“. Raccontano la complessità di tenere lezioni sincrone e di quanto pesi la mancanza di relazione personale, che permette di dare a ciascun ragazzo valore e di farlo sentire più partecipe: una battuta, la vicinanza fisica, l’andare alle cattedra, il leggere a voce alta.

“Le scuole – scrivono – stanno utilizzando da quasi due anni (e in alcuni casi da molto di più) tutte le potenzialità degli strumenti informatici, dalle attività cooperative sulla classroom di google, forse chi si appella ancora alla didattica frontale non ne sa granché, di tali strumenti. Questo tipo di lavoro non è più facile, né più sbrigativo. Impegna i docenti molto di più di una semplice lezione frontale. Però funziona e consente anche ai ragazzi di acquisire competenze digitali maggiori. E allora, forse, è ora che l’opinione pubblica si renda conto che la scuola, con questa pandemia, si è rimboccata le maniche e ha fatto finalmente un salto nel XXI secolo: chiederle di tornare alla lezione frontale, da fare addirittura contemporaneamente in presenza e a distanza, è un anacronismo davvero fastidioso, che con la didattica, quella vera, non ha proprio nulla a che fare.

 

La lettera dei dirigenti scolastici riminesi
“Dopo l’ennesimo tracciamento dell’ennesima classe, fatto di domenica mattina, dopo aver passato il sabato pomeriggio al telefono con gli operatori del Dipartimento di Salute Pubblica, cosa che avviene già dallo scorso anno quasi tutti i fine- settimana, leggo l’ennesimo articolo di giornale in cui ancora una volta si racconta a piena pagina la tesi di chi crede che la scuola, se non attiva le telecamere in classe per trasmettere le lezioni in diretta per gli alunni a casa, lo fa perché “è una soluzione facile”.
Mi piacerebbe invitare qualcuno di quelli che sostengono questa tesi a tenere una lezione, una sola (credo che sarebbe sufficiente per capire!), con un gruppo di alunni in classe e un altro gruppo a casa: spiegare un argomento tenendo sotto controllo tutti, guardare chi alza la mano fisicamente e chi invece la alza su Meet, rispondere a questi e a quelli, evitare che quelli a casa vengano visti da quelli a scuola e che quelli a scuola vengano visti da quelli a casa, proiettare sulla LIM o scrivere sulla lavagna di ardesia in maniera tale che tutti vedano, sia a casa che a scuola; evitare che a casa possano assistere alla lezione, o addirittura intervenire in diretta persone estranee (che, ricordiamolo, non sarebbero ammesse in classe in presenza), evitare che da casa qualcuno fotografi o riprenda quello che succede in classe, per poi magari utilizzarlo per costruire meme e post offensivi sui social (è già successo) e in tutto questo riuscire a tenere il filo delle argomentazioni che sta esponendo, tenendo conto del fatto che seguire una spiegazione in presenza richiede un livello e dei tempi di attenzione completamente differenti da quelli richiesti da una lezione a distanza.
E naturalmente, questo è l’esempio più facile, quello di una lezione frontale: il tipo di lezione che da molti anni cerchiamo, soprattutto nelle scuole del primo ciclo, di superare con proposte didattiche differenti e più efficaci, come il cooperative learning, il debate, la flipped classroom… (e potrei continuare).
E questo, naturalmente, mettendo da parte ogni forma possibile di personalizzazione, cioè di quella modalità didattica che tiene conto delle caratteristiche personali di ogni ragazzo e che prevede, nelle sue espressioni più banali, che l’insegnante si avvicini al banco di qualcuno, che richiami frequentemente l’attenzione di qualcun altro con domande mirate, che consenta all’alunno più vivace di fare anche qualche battuta, che faccia venire alla lavagna, che chieda di ripetere o di leggere a qualcuno che magari fa un po’ fatica a ripetere e leggere ed ha bisogno di esercitarsi (non certo in teleconferenza…).
E questo, naturalmente, lasciando da parte le mere difficoltà tecniche, perché le scuole, non essendo studi televisivi, difficilmente potrebbero permettersi varie videoconferenze contemporanee senza intasare la linea internet dell’Istituto e bloccare non solo le videoconferenze stesse, ma anche le altre attività che si avvalgono della linea, come i laboratori di informatica o le attività di segreteria.
E allora? Allora le scuole stanno utilizzando da quasi due anni (e in alcuni casi da molto di più) tutte le potenzialità degli strumenti informatici, dalle attività cooperative sulla classroom di google (avete presente Drive, i documenti condivisi che si possono scrivere a più mani, le dashboard condivise e via dicendo? Forse chi si appella ancora alla didattica frontale non ne sa granché, di tali strumenti) alla registrazione di videolezioni fruibili dagli studenti in asincrono, alla condivisione di materiale tramite i registri elettronici e via dicendo.
Questo tipo di lavoro non è più facile, né più sbrigativo. Impegna i docenti molto di più di una semplice lezione frontale. Però funziona e consente anche ai ragazzi di acquisire competenze digitali maggiori, che ormai sono indispensabili nel mondo del lavoro e nella vita quotidiana e che sono una delle competenze- chiave che la scuola è tenuta a sviluppare.
E allora, forse, è ora che l’opinione pubblica si renda conto che la scuola, con questa pandemia, si è rimboccata le maniche e ha fatto finalmente un salto nel XXI secolo: chiederle di tornare alla lezione frontale, da fare addirittura contemporaneamente in presenza e a distanza, è un anacronismo davvero fastidioso, che con la didattica, quella vera, non ha proprio nulla a che fare.