Indietro
menu
Il mattino non basta più

Crescono gli studenti delle superiori. Santi: agire su orari non su spazi

In foto: repertorio
repertorio
di Andrea Polazzi   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 4 feb 2021 18:19
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Nell’anno scolastico 2019/2020, in provincia di Rimini, la popolazione scolastica conta 48.408 studenti a fronte di una popolazione residente, nella fascia d’età 3-18 anni, di 50.181 unità. Sono 38 le Istituzioni scolastiche statali (a cui aggiungere un Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti) e 93 scuole non statali. 277 i plessi dall’infanzia alla secondaria di II grado con 1.887 classi e 344 sezioni di scuola d’infanzia. 62 i servizi educativi per la prima infanzia (0-3 anni).

Negli 89 plessi delle vecchie elementari si contano 15.573 studenti, il 26,8% dei quali frequentano il tempo pieno. Mediamente sono poco più di 20 gli alunni per classe. Il trend, ormai da qualche anno, è quello di un calo in linea con l’andamento delle nascite.

Nelle medie, presenti in 18 comuni su 25 della provincia, ci sono invece 9.919 studenti. Il tempo pieno riguarda solo l’1%. Gli alunni per classe sono circa 23.

Gli studenti delle scuole superiori sono invece 15.020 (quasi 300 in più in un anno) per oltre il 96% nelle 13 scuole statali. Un aumento della popolazione scolastica che fa dire al presidente della provincia Santi che non è più sufficiente agire solo sul fattore spazio ma si deve ragionare sugli orari. “I tempi scolastici – rileva –, sempre schiacciati quasi esclusivamente sulle ore del mattino, non consentono di rispondere con flessibilità alle variazioni della popolazione scolastica”

Tornando alle scelte, la percentuale più consistente di studenti continua a preferire un liceo (48,5%), con una crescita importante nell’ultimo anno di quasi 1,5 punti percentuali; quanto alla distribuzione all’interno dei singoli percorsi, si conferma come prima scelta quella del liceo scientifico (21,5%). L’indirizzo tecnico per il settore economico rappresenta la seconda opzione per iscritti (16,6%) e quello per il settore tecnologico la terza (13,1%). La prima scelta di ambito professionale fa invece riferimento ai servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera, con percentuali che si sono stabilizzate nel corso degli ultimi anni dopo essere lievitato esponenzialmente nel decennio.

Capitolo università. I dati sono relativi all’anno accademico 18/19 quando gli iscritti al campus di Rimini erano 4.693 con il 16,23% di stranieri e una netta prevalenza femminile (3.069).
I riminesi iscritti invece in qualche Ateneo italiano erano invece 7.650.

LA SCUOLA RIMINESE 2019-20

Il commento del presidente della provincia Riziero Santi

Non mi stancherò mai di sottolineare l’importanza dei dati, come queste serie storiche che evidenziano il trend e le dinamiche dell’ultimo decennio, per leggere e interpretare la realtà del nostro tempo. Voglio ringraziare in tal senso, per la loro collaborazione, l’Ufficio scolastico, gli Enti di formazione, i Comuni e le Scuole paritarie che hanno reso possibile questo report. Guardando i numeri, possiamo vedere che continua il trend di decrescita della scuola primaria, che rispecchia l’andamento demografico della popolazione scolastica e che vede i suoi primi effetti nella scuola dell’obbligo. Dopo un anno di leggera decrescita negli iscritti, riprende invece ad aumentare con forza il dato nelle Scuole secondarie di secondo grado, quasi 300 iscritti in più sull’anno scolastico precedente, per un totale di 15.020 ragazzi in termini assoluti. Questo aumento, combinato con il trend calante dei più giovani e delle nascite, proprio nell’anno della pandemia ci impone una riflessione sulla capacità che deve avere il nostro sistema scolastico di rispondere alle variazioni della popolazione scolastica. Qui vorrei essere molto chiaro: agire solo sul fattore spazio non basta più e oltre che essere particolarmente oneroso non è comunque risolutivo. Ad ogni esigenza nuova o diversa non possiamo continuare a costruire scuole per dare spazi fisici in più. Le risorse le dobbiamo mettere piuttosto nella sicurezza, nella qualificazione dell’esistente e nell’innovazione. Quindi, più che agire sull’offerta di aule, è evidente per i trend combinati che la risposta più efficace sarebbe agire sugli orari della scuola, sfruttando la variabile tempo e non solo la variabile spazio. Oggi, i tempi scolastici, sempre schiacciati quasi esclusivamente sulle ore del mattino, non consentono di rispondere con flessibilità alle variazioni della popolazione scolastica, come proprio le problematiche innescate dal COVID hanno fatto emergere. Se l’emergenza ha rappresentato una sorta di stress test, questo ha fatto emergere anche alcune rigidità del sistema e l’opportunità di ragionare sulla flessibilità oraria, tematiche sulle quali dovremmo lavorare tutti insieme.