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Dipende anche da noi

Siamo tutti sulla stessa barca

In foto: da Tecnodon
da Tecnodon
di Andrea Turchini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
sab 28 mar 2020 16:57 ~ ultimo agg. 17:01
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Nella veglia di ieri sera, proposta da papa Francesco, è stato scelto il brano della tempesta sedata (Cfr. Mc 14), che mette bene in evidenza la paura dei discepoli e la risposta della fede a cui Gesù invita (vedi anche questa riflessione) .
Il commento del Papa è stato molto bello e suggestivo e in un passaggio ha affermato:  «Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti».

Questa espressione mi ha evocato un altra immagine della Bibbia che di solito trattiamo superficialmente, quasi fosse una storiella: è il racconto del diluvio e dell’arca di Noè, riportato soprattutto nei capitoli 7-9 del libro della Genesi. Questo racconto presenta delle somiglianze con quanto accade ai nostri giorni e ci dà delle luci che possiamo cogliere per vivere questo tempo. Cito solamente alcuni passaggi, proponendomi poi di svilupparli in uno strumento più ampio.

1. Una crisi annunciata e ignorata
Nessuno ha previsto il dramma che stiamo vivendo in questo tempo.
L’epidemia ci è piombata addosso in modo pressoché improvviso, ma, a ben vedere, dei segnali c’erano e si potevano cogliere. Mi ha molto colpito quanto affermava il Papa nel suo intervento di ieri sera, perché corrisponde all’analisi di diversi studiosi:
«In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato».

Vengono in mente le parole di Gesù nel Vangelo di Luca:
Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell’uomo: mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece perire tutti. (17,26-27)

2. Un’arca per difendersi dal flagello del diluvio: uno spazio limitato per la vita
Noè costruisce un’arca, una costruzione che aiuti lui, la sua famiglia e tutta una parte della realtà vivente, a difendersi dal flagello del diluvio. Per sopravvivere devono separarsi e isolarsi dal contesto circostante. Tutto il resto della realtà vivente sarà sommerso e condannato alla morte, ma chi è dentro l’arca sopravvive.
Una permanenza isolata, in uno spazio molto limitato, mentre tutto attorno la morte domina e, nel segno dell’acqua, tutto viene travolto.
Le immagini ispirate al racconto della Scrittura ci parlano di una costruzione dalle dimensioni imponenti, ma per quanto fosse grande, lo spazio era comunque limitato.
Noè e la sua famiglia, per sopravvivere, hanno dovuto accettare questo isolamento.
Quell’arca, quello spazio limitato è però abitato da persone giuste.
Quello spazio diviene così anche il grembo di una nuova umanità, potenzialmente libera dalla violenza e dalla ribellione che aveva mosso Dio alla scelta del diluvio.

3. Un tempo lungo per ritornare alla vita
Il tempo in cui la famiglia di Noè e tutti gli esseri viventi raccolti sono rimasti nell’arca è stato un tempo lungo, superiore ad un anno.
Quel tempo però, non è tutto uguale; esso è caratterizzato da dei passaggi che vanno verso l’obiettivo del diluvio, che non era la distruzione, ma una nuova creazione.
In definitiva il diluvio dura un anno intero, scandito dal tempo della distruzione, poi del lento ritirarsi dell’acqua. Significativo il fatto che, quando già si vede la terra affiorata, Noè e la sua famiglia devono attendere ancora molto tempo per poter uscire da quello spazio limitato. Inviano diversi uccelli (corvi e colombe) per verificare la possibilità di abitare quella terra che deve assorbire l’elemento della distruzione e rinascere; ritornare abitabile.
Noi abbiamo perso il senso e il valore dell’attesa.
Per noi è tutto tempo perso, è tutto tempo che ci costa… Ma la realtà ha i suoi tempi che chiedono di esser rispettati.
Questo tempo, come già ho detto in un’altra riflessione, è il tempo della gestazione, necessario per la nuova vita che attende Noè e la sua famiglia fuori dall’arca.
La realtà che incontreranno sarà trasformata. Sarà sempre la Terra, ma ciò che l’acqua ha causato dirà di un cambiamento importante. Quel tempo non è solo il tempo della resistenza al flagello, ma anche il tempo in cui occorre pensare e sognare quella realtà nuova che si potrà abitare, una realtà che sarà trasformata.

4. Una nuova creazione, la possibilità di ripartire
L’uscita dall’arca è raccontata come una nuova creazione.
Dio desidera ripartire da capo e riconsegna la terra all’uomo, così come l’aveva consegnata alla prima coppia dei progenitori.
Questa nuova vita sulla terra inizia con una doppia benedizione:. Noè costruisce un altare e offre sacrifici a Dio per ringraziarlo del dono della vita e della terra; da parte sua Dio benedice l’uomo e tutta la creazione, impegnandosi a non distruggerla mai più.
In questa benedizione di fecondità che investe l’uomo, viene richiesto all’uomo il rispetto della vita degli altri uomini. Quella violenza che aveva caratterizzato il mondo prima del diluvio, dovrebbe essere estranea a questa nuova creazione.
Imparare il rispetto per l’essere umano e per la sua dignità: è tutto quello che Dio chiede all’uomo nel momento in cui lo benedice.

5. Una alleanza di pace con Dio
Il racconto del diluvio si conclude con un’alleanza di pace tra Dio e l’umanità. Dio si impegna a custodire la vita dell’uomo e degli esseri viventi che vivono nel mondo.
E’ un’alleanza unilaterale che Dio stipula con tutta la creazione; gli esperti parlano di un’alleanza cosmica nel nome della difesa della vita.
L’alleanza di Dio – e con Dio – non è solo un pio desiderio espresso al cielo, ma un impegno che il Signore – il Dio fedele – si prende con l’umanità E’ la sua firma sulla sua volontà di custodire la vita dell’uomo e della terra.
Il segno dell’arcobaleno rappresenta un memoriale cosmico dell’ impegno che Dio si è assunto, perché “Dio non vuole la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11).

A me sembra di cogliere molte analogie con l’esperienza che stiamo vivendo.
Lo slogan che si è diffuso a macchia d’olio – “Andrà tutto bene” – con il segno dell’arcobaleno, è un ulteriore richiamo a questa grande parabola biblica, che il racconto del diluvio e la vicenda di Noè e della sua famiglia rappresenta.
Quello che non dobbiamo dimenticare o ignorare è che questa situazione ci richiede un cambio di sguardo.
Dio non è all’origine dell’epidemia. Ma c’era qualcosa del nostro modo di vivere che andava corretto, che era inumano, che ci faceva ammalare. Ora ci siamo ammalati. Ora ci siamo fermati. Ora siamo chiusi nelle nostre case in attesa che la terra divenga nuovamente abitabile da noi esseri fragili.
Quando usciremo dalle nostre arche avremo la possibilità di vivere la realtà che ci sarà ridonata in un modo diverso. Avremo la possibilità di vivere con un maggiore rispetto per noi e per gli altri. Avremo la possibilità di ripartire con uno stile più umano (e più cristiano).
Questo tempo di isolamento nelle nostre arche può essere il tempo del sogno, del progetto, dell’ideazione di questa nuova realtà che ci troveremo a vivere.
Dio ci restituirà la nostra terra, ma dipenderà da noi come la abiteremo. Proviamo a pensare quali scelte concrete possono caratterizzare questo nuovo modo di vivere.

Dipende anche da noi!

 

dal blog Tecnodon