Indietro
menu
le nuove opportunità

Lavoro e contratti, il panorama italiano


Contenuto Sponsorizzato
In foto: lavoro
lavoro
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 14 nov 2019 17:15 ~ ultimo agg. 15 nov 21:06
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

I tempi attuali ci offrono un mercato del lavoro molto variegato, forse anche troppo. Le possibilità di impiego sono molteplici, come molteplici sono pure le forme contrattuali, alcune delle quali forniscono più sicurezze, altre meno. Per come si sta sviluppando il mercato, a quanto pare gli italiani devono abituarsi all’idea di cambiare impiego più volte nell’arco della loro vita lavorativa. È questa una questione che spaventa molti, soprattutto nel nostro paese, abituato da sempre a contare sul famigerato e agognato “posto fisso”, spesso canzonato ironicamente anche in produzioni cinematografiche. È tuttavia importante sottolineare che questa è una forma mentis tutta italiana.

In molti paesi esteri, dalla Germania al Regno Unito, alla Polonia alla Repubblica Ceca – ma anche in paesi extraeuropei come Russia e Stati Uniti – il fatto di cambiare spesso occupazione è visto come una cosa del tutto normale, che non scandalizza o preoccupa nessuno. In molti casi, anzi, la cosa viene vissuta positivamente in quanto le persone la ritengono una forma di crescita personale, un modo per mettersi in gioco e sviluppare le proprie competenze e provare in generale una molteplicità di esperienze diverse nella vita.

Questo modo di pensare, complice forse il fatto che le nuove generazioni sono molto più influenzate dal modello europeo, sta pian piano insinuandosi anche in Italia. Ma quali sono dunque i tipi di lavoro su cui una persona può puntare?

TIPOLOGIE LAVORATIVE

Se, da un lato, abbiamo detto che a livello globale è piuttosto diffusa l’idea di cambiare diversi lavori nell’arco della vita, è anche giusto affermare che le condizioni legislative e – in conseguenza – l’intero mercato del lavoro, vivono condizioni molto più favorevoli all’estero che in Italia.

Qui da noi, complice in primo luogo una tassazione ai limiti del sopportabile (e talvolta anche ben oltre questi limiti), è piuttosto costoso assumere un lavoratore, ed è dunque per questo che si stanno diffondendo contratti brevi, che consentono alle ditte (molte delle quali riescono a stento a sopravvivere) di assumere lavoratori per specifici momenti di necessità.

Un mercato del lavoro così volatile ha dunque richiesto una regolamentazione da parte dei vari governi, al fine di distinguere e normare le principali forme contrattuali.

Andiamo dunque a vedere – senza addentrarci dunque nello specifico delle mansioni lavorative migliori da svolgere – quali sono i contratti che lo Stato Italiano prevede per i lavoratori:

  • Contratto a tempo indeterminato: il caro e vecchio posto fisso. È sempre più raro trovare aziende floride a tal punto da assumere a tempo indeterminato. Tuttavia, per chi avesse la fortuna di trovarne, ciò rappresenta la sicurezza definitiva per la vita.
  • Contratto a tempo determinato: forma che, come dicevamo, da ormai molti anni sta prendendo il sopravvento. In questo caso, esiste una durata specifica del contratto indicata chiaramente all’atto della stipula. La durata massima di tale contratto è di 36 mesi, e si possono attivare fino a 5 rinnovi, oltre i quali se una ditta volesse mantenere quel lavoratore, dovrebbe assumerlo a tempo indeterminato. Si tratta dunque di una tipologia contrattuale che non fornisce garanzie, ma che anzi espone il lavoratore al giudizio perenne da parte del datore di lavoro.
  • Contratto di somministrazione: quello che una volta veniva chiamato lavoro interinale. In questo contratto sono coinvolti tre soggetti – agenzia, lavoratore e impresa. I contratti posti in essere sono dunque due, uno stipulato tra azienda e somministratore e l’altro tra somministratore e lavoratore. Utilizzare la somministrazione di lavoro può essere un buon viatico per iniziare ad addentrarsi nei meccanismi aziendali, con l’aspettativa poi di poter formare contratti più consistenti in futuro. Sono molti i giovani che si affidano a tale metodo, ma sta diventando una forma utile anche per coloro i quali – magari più in là con l’età – hanno necessità di ricollocarsi lavorativamente.
  • Lavoro part-time: di fatto non si tratta di un tipo di contratto ma piuttosto di uno speciale regime orario di lavoro. Dato ciò, può manifestarsi con le forme contrattuali sopracitate, solo con la differenza che il lavoratore sarà impiegato per la metà delle ore (o poco più) rispetto a un contratto di lavoro a tempo pieno. Si tratta di un regime lavorativo che quindi si adatta meglio a specifiche categorie di persone, come ad esempio i genitori con figli piccoli, o chi in generale ha necessità di svolgere anche altre mansioni durante la giornata.

Queste tre sono le principali tipologie contrattuali italiane, o quantomeno le più utilizzate – con ovviamente le ultime due in cima alla classifica. Esistono poi svariate altre forme ma non sembra adeguato citarle qui per via di alcuni fattori – quali ad esempio l’eccessiva precarietà, come nel caso del contratto a chiamata – che rendono troppo temporanei per essere ritenuti contratti su cui impostare qualcosa a livello personale.