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I piccoli negozi ne soffrono

Black Friday: per Federmoda un gioco al massacro

In foto: Giammaria Zanzini
Giammaria Zanzini
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
gio 28 nov 2019 15:30 ~ ultimo agg. 15:37
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Si stima che un negozio indipendente per coprire i costi deve vendere a prezzo intero il 65% della merce. “In quanti sono riusciti a farlo?” si chiede Giammaria Zanzini, vicepresidente regionale e consigliere nazionale di Federmoda – Confcommercio parlando in toni molto critici del Black Friday.

Per i piccoli commercianti il Black Friday (o forse ormai sarebbe meglio parlare di Black Week o Black Month per come si sta evolvendo l’iniziativa), non è “un propulsore per le vendite”, ma “una subdola spada di Damocle””. 

Sarebbe meglio che dagli Stati Uniti importassimo fiscalità equa e burocrazia light, anziché questa iniziativa che va a vantaggio esclusivo delle catene monomarca e dei colossi del web – spiega -. A loro serve per mantenere gli alti volumi di vendite di prodotti a bassissimo prezzo e di altrettanto scarsa qualità e possono permetterselo giocando sulle quantità, mentre i piccoli commercianti sono sollecitati ad operare ribassi che di fatto azzerano i propri margini e li mettono ancora più in crisi.

Per i piccoli esercenti questo appuntamento è un gioco al massacro perché li mette in stretta concorrenza con le multinazionali e i colossi dell’e-commerce. Il recentissimo studio di Mediobanca fa sapere che le 25 principali aziende digitali, da Google ad Amazon solo per citarne alcune, nel 2018 hanno versato in Italia appena 64 milioni di tasse

Ma non è solo una questione economica – prosegue Zanzini – . “A cominciare dai costi per l’ambiente. L’industria della moda ha prodotto in un anno un sovrannumero di articoli del valore di 4,3 miliardi di dollari e molto spesso l’invenduto viene bruciato provocando emissioni di CO2 quanto carbone e gas naturale insieme. Le navi container, se fossero uno Stato, sarebbero il terzo più inquinante al mondo, per non parlare del moltiplicarsi delle consegne a domicilio e del proliferare di camion e camioncini. Ma il vero prezzo della moda a basso costo è quello umano. Dietro ogni maglietta che paghiamo poco, c’è qualcuno che sta pagando il resto con la propria vita, complici le delocalizzazioni delle produzioni nei Paesi in via di sviluppo dove il costo della manodopera è bassissimo, pari a 2 o 3 euro al giorno e migliaia di operai, per lo più donne e bambini, lavorano privi di qualsiasi tutela e in pessime condizioni igieniche e di sicurezza. Credo sia arrivato il momento di chiederci: è questo il mondo che vogliamo? Se la risposta è no, è urgente che i consumatori abbandonino il richiamo delle sirene del fast fashion per un modello di acquisto più sostenibile per tutti. La Francia si sta già muovendo per limitare questo fenomeno dilagato anche in Europa: i deputati della commissione per lo Sviluppo sostenibile dell’Assemblea nazionale francese hanno approvato un emendamento per introdurre il divieto delle campagne promozionali legate al Black Friday inserendole tra le pratiche commerciali aggressive passibili di pene fino a due anni di carcere e multe oltre i 300mila euro poiché lasciano supporre forti sconti quando invece, secondo uno studio realizzato da UFC-Que choisir, la riduzione media dei prezzi è inferiore al 2%”.