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Invito al voto

Il cancro dell'astensionismo

In foto: invito al voto
invito al voto
di Andrea Turchini   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
mar 7 mag 2019 08:17 ~ ultimo agg. 08:20
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Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. (Costituzione della Repubblica Italiana, art. 48)

L’astensionismo elettorale è una grave patologia che affligge la democrazia italiana (e non solo); tanto grave che la definirei un cancro!
Ad ogni appuntamento elettorale, il numero dei cittadini e delle cittadine che scelgono di non compiere il loro dovere civico (come dice la nostra Costituzione) è sempre rilevante e, di fatto, viene a configurasi come un anonimo partito di maggioranza relativa.
Tale situazione è grave, perché tende a falsare ogni risultato elettorale, facendo risultare sproporzionate le percentuali di preferenze ottenute dai vari partiti e coalizioni (rispetto al totale degli elettori), alimentando così il senso di frustrazione di tanti che si allontanano sempre di più dall’istituto del voto. Un circolo vizioso e deprimente.
Il fenomeno, purtroppo, non è nuovo ed è stato ampiamente studiato da sociologi e politologi.
Durante uno degli incontri vissuti quest’inverno alla Collegiata, nel percorso su “Bene comune e pace sociale in Evangelii gaudium“, abbiamo avuto l’occasione di confrontarci anche su questo aspetto, mettendolo in connessione con l’altra grande piaga del sistema democratico italiano, rappresentato dall’evasione fiscale.
Vorrei riprendere brevemente questa riflessione in prossimità delle prossime consultazioni amministrative ed europee, nella speranza di aiutare qualcuno a scegliere diversamente.

Rispetto alle tante motivazioni che possono essere addotte per scegliere l’astensione dal voto elettorale, desidero confrontarmi con le due che trovo particolarmente diffuse tra le persone che conosco e che incontro.

La prima motivazione è quella di alcune persone che stimo molto per quello che fanno, ma che definirei idealiste.
Sono persone che vivono gli ideali e non si accontentano di proclamarli: sono impegnate a livello ecclesiale o nei corpi intermedi del terzo settore e del volontariato; persone abituate a spendersi con generosità in prima persona. Alcune di loro si astengono dal voto perché non trovano una corrispondenza tra gli ideali e i valori  che professano e le concretizzazioni che i vari partiti propongono e mettono in atto; oppure si ritrovano in alcuni dei valori che alcuni partiti sostengono, ma sono assolutamente distanti da altre posizioni presenti negli stessi partiti. Tale tensione viene considerata inconciliabile.
Queste persone preferiscono permanere nella loro “purezza tipica” piuttosto che “sporcarsi” (chiedo scusa ma non trovo un’altra parola) con una realtà politica che domanda delle mediazioni e dei compromessi; tali mediazioni vengono considerate dei tradimenti inaccettabili; pertanto si sceglie l’astensione come l’unica possibilità per dichiarare il proprio dissenso rispetto ad una realtà politica dalla quale non ci si sente rappresentati perfettamente. Si pensa che valga di più continuare a portare avanti l’impegno sul campo; che conti l’impegno concreto nelle situazioni, piuttosto che il voto politico.
A queste amiche e amici vorrei ricordare che, per definizione, ogni realtà politica (come ogni realtà umana) è caratterizzata da mediazioni necessarie alla realtà, e che difficilmente una realtà politica, essendo una realtà collettiva, potrà rappresentarmi in modo speculare. Sarà invece necessario procedere per approssimazione, riconoscendo nelle singole persone (quando è possibile) o in un partito o movimento politico, la maggiore prossimità a ciò che mi sta a cuore o a ciò per cui – in questo determinato contesto sociale – mi sembra prioritario impegnarsi. Tale approssimazione non la considererei un tradimento, ma semplicemente la scelta che mi è possibile fare tra le proposte che mi vengono rivolte. Ogni scelta adulta ha queste caratteristiche; la vita politica non sfugge a questa necessità. A tutte queste persone chiederei di avere il coraggio di compiere una scelta possibile, anche se non perfetta.

La seconda motivazione è quella delle persone deluse e amareggiate che consapevolmente e dolorosamente (non per superficialità o qualunquismo) hanno scelto di rinunciare al proprio diritto/dovere di voto.
La cronaca politica degli ultimi trent’anni, comprese le notizie degli ultimi giorni, certamente non incoraggia i cittadini e le cittadine ad andare a votare. La corruzione e le mafie sembrano aver pervaso e infettato ogni istituzione; i cosiddetti “poteri forti” sembrano avere la meglio su processi democratici che patiscono lentezza e incertezza; l’insicurezza rispetto alla legge e il senso di precarietà hanno fatto perdere fiducia rispetto ad un sistema che dovrebbe sostenere e difendere. Perché, allora, andare a votare e sostenere questo sistema? Perché andare a votare contribuendo alla sopravvivenza di una realtà che risalta più per la sua iniquità che per l’onorabilità? Meglio stare a casa: “facciano quello che vogliono, ma senza il mio contributo!”.
Questa posizione purtroppo è abbastanza diffusa, almeno tanto quanto quella di coloro che, per gli stessi motivi, decidono di votare esprimendo la propria rabbia.
Senza cadere nel moralismo, a coloro che hanno creduto nella democrazia e che ora sono amareggiati e delusi, desidero dire che non esiste un’alternativa sensata al voto democratico per poter cambiare le cose. Pur con tutti i suoi limiti e le sue difficoltà, questo sistema è ancora l’unico che può garantire il rispetto del bene comune e i diritti fondamentali di ogni persona. Rinunciare alla partecipazione democratica significa consegnare il nostro Paese alla dittatura dei poteri forti e delle mafie, già molto attive e presenti dentro e fuori le istituzioni. Solo attraverso una partecipazione ampia, che sostenga le persone più onorevoli (non solo per il titolo), possiamo garantire il rispetto di quanto la nostra Costituzione prevede e richiede.
Tale partecipazione, però, non si potrà risolvere nell’atto del voto, ma dovrà essere ricuperata attraverso la consapevolezza che, compiendo il mio dovere lì dove mi trovo ad operare quotidianamente e impegnandomi per la difesa dei diritti di tutti, io potrò fare la mia parte per cambiare le cose insieme a coloro che vengono eletti per rappresentare il popolo nei vari organismi di partecipazione.

Mi piacerebbe che – risvegliandomi – il prossimo 27 maggio, almeno nella mia città, ma auspico in ogni città del nostro Paese, qualunque sia l’esito delle votazioni, i dati di partecipazione al voto mi dicessero che la quasi totalità degli aventi diritto ha compiuto il suo dovere.
Allora sarei tranquillo, perché saprei che la democrazia gode di buona salute e che il cancro dell’astensionismo è – finalmente – in fase recessiva.
In tal caso avremmo buone speranze!

dal blog tecnodon