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Venerdì al Mondadori Bookstore

"Eleanor l'ultima paziente di Freud" di Tiziana Catta chiude il ciclo "A spasso con i libri"

In foto: Dettaglio della copertina
Dettaglio della copertina
di Roberto Bonfantini   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 20 mar 2019 09:31
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“Eleanor l’ultima paziente di Freud” è il titolo del libro di Tiziana Catta (Edizioni Alpes Italia 2017) che chiuderà il ciclo “A spasso con i libri”, organizzato dall’Associazione Itaca e dal Lions Club Rimini Riccione Host e condotto da Carla Amadori. Appuntamento con l’autrice venerdì 22 marzo alle ore 18:00 presso il Mondadori Bookstore (piazza Tre Martiri, 6 – Rimini).

Perché ha deciso di coinvolgere nel suo romanzo il padre della psicoanalisi?
“Sono una psicanalista di formazione classica, Freud ne è il padre e io l’ho sempre sentito come mio padre. Mi aveva colpito un suo discorso fatto nel ’39 alla BBC, l’unico che è stato possibile registrare: in quell’intervista lui dichiarava che c’era stata una vera e propria battaglia contro i detrattori della psicanalisi, che non aveva mai avuto una vita facile avendo fondato una scienza molto criticata. Diceva: “io ce l’ho messa tutta, ma mi rendo conto che non è ancora finita questa battaglia”. Allora il mio vuole essere un omaggio a Freud, che nell’ultimo anno di vita era anche malandato, ma che ha continuato a lavorare fino alla fine”.

Come nasce il personaggio di Eleanor e perché la protagonista si rivolge a Freud?
“Vedendo gli ambienti in cui visse Freud immaginai che potesse esserci una persona che magari abitava proprio lì e andava a fare un’analisi. E immaginai una donna con sintomatologia isterica fin da ragazzina. Tra l’altro i primi lavori che scrisse Freud furono proprio sull’isteria. La povera Eleanor non essendo stata curata quando era bambina si rivolse a Freud ormai trentottenne con una sintomatologia particolare: una paralisi alla mano destra tutte le volte che avrebbe dovuto o potuto toccare qualcosa di bello o di buono, in sostanza l’inibizione del desiderio. Eleanor era cresciuta con una nonna indiana e una nonna irlandese, in un contesto culturale rigido. I disturbi isterici nascondono delle forti pulsioni sessuali e possiamo immaginare come sia cresciuta con tutte queste paure la povera Eleanor in un ambiente vittoriano com’era quello dell’Inghilterra dell’epoca, anche se era da poco iniziato il periodo edoardiano. Il personaggio di Eleanor mi è stato ispirato da una paziente che ho avuto in cura diversi anni fa: era affetta da nevrosi da angoscia e passava il tempo a guardare dalla finestra le coppie che passeggiavano sotto casa. Mi è venuta in mente anche la protagonista della famosa canzone dei Beatles, che raccoglieva il riso dopo i matrimoni e guardava la vita degli altri senza riuscire a viverne una propria. Da qui la scelta del nome”.

Come avviene la rinascita della protagonista?
“Attraverso la terapia psicanalitica, quindi la possibilità di fare emergere, con grande dolore per Eleanor, i nuclei traumatici e tutto quello che inibisce il desiderio: in questo caso le istanze morali instillate dall’infanzia nella bambina dalle due nonne. L’incontro tra il pensiero e l’emozione e la possibilità di poter provare l’emozione porta alla guarigione”.

Tutto nasce da un bacio, un gesto di amore che in questo caso genera una reazione negativa, che influenza la vita della protagonista. C’è un significato nascosto dietro questa scelta?
“Il commesso aveva preso furtivamente e messo in bocca a una giovane Eleanor un pezzetto di frutta candita, che lei sapeva di non poter toccare per divieto imposto dalla nonna. E vedendo come lo mangiava era stato preso dal desiderio e l’aveva baciata. Quando lei stava per toccare la guancia del ragazzo la mano le si era bloccata per la prima volta perché l’inibizione era emersa in quella situazione. Ho scelto il bacio perché era una cosa naturale”.