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Arrivano i Makers!

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
gio 12 nov 2015 14:18 ~ ultimo agg. 16 nov 08:16
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“La stampante 3d può essere una macchina rivoluzionaria che permette di saltare tutti i passaggi del marketing”. Utopici, rivoluzionari, sovversivi, eccoli i Makers, con la stampante 3d in una mano e il saldatore nell’altra, pronti a cambiare il mondo progettando e realizzando ciò di cui hanno bisogno. Rivoluzionari, sì, sovversivi, certo e anche utopici, ma a differenza di altri movimenti simili, i Makers sono anche molto, molto concreti. La loro è una rivoluzione che parte dall’idea di riappropiarsi del proprio ingegno. Ci spinge a fare invece che a comprare, a condividere invece che vendere, a diventare partecipi di un collettivo che non si ferma all’hobby, al fare per il piacere di fare (che comunque c’è), ma va oltre, crea e dà vita ad una tecnologia nuova, che può cambiare alcuni equilibri del quotidiano.

 

Penso a loro e penso ai luddisti, gli operai inglesi di oltre un secolo fa che distruggevano i macchinari industriali per sabotare la grande fabbrica. Ma i Makers sovvertono la grande produzione non sabotando, ma affiancando una nuova produzione artigianale e domestica, fatta manualmente, condividendo le idee, i progetti e sfruttando le ultimissime tecnologie, stampanti 3d in testa.

 

Forse mi sono lasciato prendere la mano, ma quando li ascolto e li sento parlare e farmi partecipe del loro progetto di conoscenza condivisa, di una progettualità che unisce tutto il mondo fuori dalle logiche del marketing e del commercio, mi sembra di assistere all’inizio di un nuovo mondo. Magari esagero. Magari no.

 

“I Makers sono quelli che fanno, che realizzano con le proprie mani e col proprio ingegno – ci spiega Luca Berardi, presidente dei Makers Rimini e tra i principali organizzatori del Rimini Beach Mini Maker Faire #RBMMF, fiera dei makers e non solo che si svolgerà a Rimini i prossimi 14 e 15 novembre – Il movimento nasce nei primi anni 2000, sulla scia della cultura Open Source. Il software e i programmi open source sono quelli che vengono distribuiti liberamente in rete, e si possono scaricare e utilizzare gratuitamente, o modificare per migliorarli, o cambiarli per nuove esigenze. La stessa filosofia sta dietro ai nostri progetti: condividere, fare qualcosa e renderlo pubblico, a disposizione degli altri. Ciò non toglie che il lavoro dei makers possa avere risvolti economici. Molte startup sono nate in questo modo e poi sono diventate piccole imprese. Ma rimane il concetto di base, quella di parlare a tutti allo stesso livello, senza pregiudizi, né blocchi, con l’idea di condividere le proprie conoscenze e la propria tecnologia, in modo che chiunque possa proseguire un lavoro cominciato da altri”.

 

Il fenomeno dei FabLab, i laboratori in cui nascono e si sviluppano le idee, prende forma i primi anni del 2000 al MIT. L’idea è quella di mettere in rete conoscenze e macchinari. Ma è con l’arrivo della stampante 3d che il mondo dei maker prende coscienza di sé, perché a quel punto i maker erano autonomi non solo nella realizzazione del software, dei programmi, e della parte elettronica, ma anche degli oggetti necessari al loro lavoro. Un piccolo mondo autarchico, in cui tutto può essere ideato e fabbricato. Certo, servono delle conoscenze. Saper programmare, ad esempio, per scrivere il codice necessario a guidare i processori; una spolverata di elettronica, per assemblare i circuiti; ma per chi desidera imparare, i Makers e le comunità open source sono in prima linea con corsi, manuali online, e tutto il necessario per acquisire le competenze necessarie. La divulgazione è da sempre alla base della comunità.

 

Come arrivano i makers a Rimini? Alla fine del 2012, alcuni ragazzi che già orbitavano attorno al mondo della decrescita felice e del Zeitgeist, decidono di avviare un progetto più concreto, e organizzano così un evento: dal Marketing ai Makers.

“A quell’evento hanno partecipato un sacco di persone. Non ci aspettavamo un riscontro del genere – continua Luca – per cui abbiamo pensato che poteva essere il momento giusto per cominciare con un’esperienza riminese dei makers. Oggi abbiamo in piedi molti progetti, alcuni anche con le istituzioni e le scuole. E siamo contenti di portare a Rimini anche una due giorni come la Maker Faire”.

 

La rete dei makers è molto complessa e articolata. Ci sono i FabLab, i Maker space, gli hacking space. La distinzione dipende dal tipo di attività, dal livello di operatività, dalle macchine presenti, dal lavoro svolto e dal grado di divulgazione. Senza entrare nel dettaglio, però, la parte più importante e affascinante di questa enorme rete globale (le Maker Faire si svolgono in tante città del mondo), sono le connessioni presenti da un lato col mondo politico istituzionale, da un altro verso le singole persone intenzionate a partecipare, ma anche verso il mondo industriale ed economico.

 

“Non siamo contro il business – precisa Luca – però abbiamo un punto di vista diverso. Certo si deve lavorare, certo si deve guadagnare, ma si può fare business in modo più responsabile, consapevoli delle risorse limitate presenti e dell’importanza della condivisione della conoscenza. Ci sono progetti nati nei laboratori dei makers che diventano piccole aziende e realizzano e vendono prodotti, ma mantengono la filosofia open source e di divulgazione, magari non di tutti i componenti del progetto, ma della maggior parte sì”.

 

Nascono così, ad esempio, i progetti col Comune di Rimini “Là dove c’era l’erba” per rendere fruibili e attive aree urbane abbandonate, o, dall’altra parte, i lavori con le scuole (Itis e Geometri di Rimini, Forlì e Cesena) per la formazione di un grande FabLab. O ancora la produzione della Lucerna Spaziale, una piccola lucerna realizzata con stampanti 3d ispirata a quelle romane e venduta per autofinanziarsi.

A questo punto dovrebbe scattare la curiosità, magari ha assunto la forma di quella vecchhia idea che rimbalza in testa da anni, e che adesso si può davvero fare! Ma dove trovare questi maker?

 

“Sempre sul sito www.makern.it, a breve in un nuovo laboratorio e spazio per i corsi in via del Pino, 3, a Rimini; e nel prossimo fine settimana alla fiera di Rimini al Rimini Beach Mini Maker Faire, uno spazio espositivo in cui si incontreranno non solo i makers per mostrare come funziona il loro lavoro, ma anche appassionati di programmazione, artigiani di qualità, le università, le startup, i laboratori, e ancorai giochi, i cosplayer steampunk, i Mutoid. Insomma: tutto quello che fa incontrare progetti e idee e permette la loro realizzazione, ludica o seriosa che sia”.

Tanti saranno anche gli appuntamenti legati al sociale, con un approccio alla realtà più equo e ponderato. Come l’incontro legato al manifesto di Territorio Zero, su una visione del territorio lontana dall’iper consumismo attualmente in voga.

 

Maker e RBMMF sono l’occasione per diventare un po’ più sovversivi e imboccare una strada alternativa divertendosi e riscoprendo le proprie passioni. Per gli antichi filosofi la consapevolezza di sé passava anche dalla conoscenza. Cambiare se stessi per cambiare il mondo, attraverso idee, cognizioni, progetti. Perché acquistare qualcosa che posso realizzare da solo? O ancora di più, perché non creare anche un progetto, qualcosa di cui ho bisogno solo io e che quindi non trovo in commercio? Con carta e penna nasce il progetto, scambiando idee e pareri si perfeziona. Con Arduino, la piccola scheda elettronica facile da programmare, si possono creare facilmente piccoli lavori di elettronica intelligente.

E a quel punto ho riscoperto la manualità, ho dato vita a qualcosa di mio che nel contempo diventa anche pubblico, entra nella rete delle condivisioni e può aiutare altri nei propri progetti, così come io ho usfruito dei consigli altrui. Ci siamo scambiati mail, telefonate, pezzi di codice via skype, consigli dal vivo. Abbiamo ragionato su elementi del circuito, attuatori, idee nate all’improvviso. Tutti assieme, ognuno col suo apporto, ognuno con la sua tecnologia.

E’ un bel futuro, o almeno una bella alternativa a quello delle grandi corporazioni e delle multinazionali che cercano di accaparrarsi il controllo su ogni aspetto del mercato.

Sì lo so. E’ tutto molto utopico. Sembra di leggere Gibson e Sterling, i padri del cyberpunk. Ma esiste, e vale la pena tentare, anche solo per costruire qualcosa che prima non c’era.